Testo di Roberto Boninsegna per “la Stampa”
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Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Gianni Rivera anche se siamo stati avversari di tanti derby milanesi. Anzi, ricordo che capitava di scherzare prima dell'inizio delle sfide tra Inter e Milan quando eravamo insieme nel tunnel degli spogliatoi o nell'androne dove ci riscaldavamo. «Mi raccomando, fai il bravo oggi», gli dicevo. «Guarda che ti facciamo marcare da due cagnacci, stai attento», diceva lui. Abbiamo anche fatto il militare insieme a Orvieto, anche se lui all'epoca giocava già in Serie A. Era già Gianni Rivera.
In campo non ho mai avuto modo di apprezzare la sua classe, perché nei derby avevo sempre addosso due marcatori che non mi davano tregua. Però in Nazionale abbiamo vissuto tante avventure insieme: su tutte il Mondiale del 1970 in Messico. Gli ho regalato l'assist per il gol del 4-3 nella leggendaria semifinale con la Germania Ovest. E dire che non l'avevo neanche visto bene in area. Sul lancio di Facchetti avrei voluto tirare, ma poi mi sono allargato troppo.
gianni rivera
A quel punto vedevo pochissimo specchio di porta, ero troppo vicino alla linea di fondo e avevo lo stopper tedesco alle calcagna. Allora l'ho messa in mezzo indietro un po' alla cieca, perché mi hanno sempre insegnato fin da piccolo che da quella posizione è meglio passarla indietro al centro dell'area sperando che arrivi qualche compagno, piuttosto che indirizzarla in diagonale in profondità. E Gianni è arrivato puntuale. Chissà cosa sarebbe successo in finale col Brasile se Rivera avesse giocato almeno un tempo facendo la staffetta con Mazzola come sempre successo in quel Mondiale, anziché entrare in campo solo negli ultimi sei famosissimi minuti.
ROBERTO BONINSEGNA
Ogni tanto me lo chiedo ancora adesso. Pelé fece una battuta su quella scelta prima del via: «Devono essere davvero forti se tengono in panchina Rivera. Chissà gli altri che fenomeni sono se non gioca dall'inizio il Pallone d'Oro». Rivera è stato un signore anche in quell'occasione: accettò la decisione del Ct Valcareggi senza fare la minima polemica. Anche dopo la finale persa. Il soprannome di Golden Boy se l'è meritato davvero. È stata una delle mezzali più forti di sempre. Anche se in campo potevo vederlo poco. Avevo sempre addosso due cagnacci, come li chiamava lui per ridere.
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