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    “ERO UN PERDIGIORNO SIMPATICO MA MAI AVREI PENSATO DI FARE L'ATTORE” – ROCCO PAPALEO E L’INIZIO DELLA CARRIERA: “ERO A UNA FESTA SU UNA TERRAZZA E STAVO SUONANDO LA MIA CANZONCINA ‘TORNA A CASA FOCA’ QUANDO GIOVANNI VERONESI MI NOTÒ. MI COMBINÒ UN APPUNTAMENTO CON LUI AL RESIDENCE PRATI, DOVE LEONARDO PIERACCIONI ABITAVA. APPENA ENTRO, MI ALLUNGA UNA SCENEGGIATURA E MI DICE: ‘VAI A CASA A LEGGERLA E DAMMI UNA RISPOSTA’. IO REPLICO: ‘NON È CHE HO TUTTI QUESTI COPIONI CHE MI ASPETTANO. QUESTO HO E QUESTO FACCIO’. ERA ‘I LAUREATI’. NON GLI SARÒ MAI ABBASTANZA GRATO…” - VIDEO


     
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    Fabrizio Accatino per “la Stampa”

     

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    Rocco Papaleo la sua terra non l'ha mai davvero lasciata. Si è trasferito a Roma per studiare e lavorare, per un quinquennio è vissuto a Torino, ma dalla Basilicata il suo cuore non se n'è mai andato. Quando il festival potentino Visioni Verticali l'ha chiamato come ospite, lui ha detto sì e mentre c'era ha anche inaugurato il Centro Sperimentale delle Arti Mediterranee, la prima scuola di recitazione della Basilicata, diretta da Marcello Foti. «È ciò di cui questa regione aveva bisogno - commenta -. All'epoca me ne andai via perché di occasioni non ce n'erano, ora spero che questa scuola regali ai ragazzi la possibilità di fermarsi qui più a lungo».

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    Lei ha un figlio di 24 anni. Parla per esperienza?

    «Nicola fa lo scenografo e penso spesso al mondo che troverà lui e spero sarà migliore, ecologico, senza guerre. Per me ormai è fatta, non ho più grandissime ambizioni. A marzo ho in uscita il mio nuovo film, Scordato, in cui sarò un accordatore di pianoforti. Ci sarà la musica, senza non ci so stare».

     

    È vero che Veronesi la scoprì mentre cantava?

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    «Sì, ero a una festa su una terrazza e stavo suonando la mia canzoncina Torna a casa foca quando Giovanni Veronesi mi notò. Mi combinò un appuntamento con lui al residence Prati, dove Leonardo Pieraccioni abitava. Appena entro, mi allunga una sceneggiatura e mi dice: "Vai a casa a leggerla e dammi una risposta". Io replico: "Non è che ho tutti questi copioni che mi aspettano. Questo ho e questo faccio". Era I laureati. Non gli sarò mai abbastanza grato».

     

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    Lei era già divertente a scuola?

    «Ero un perdigiorno ma simpatico, quello che faceva ridere tutti. All'università, se il professore di Fisica 2 sentiva che l'attenzione generale calava, mi faceva una domanda. Era una sorta di convenzione tra noi. Sapeva che avrei detto una cazzata, alleggerendo la noia ».

     

    Quindi la recitazione era nel suo destino?

    «In realtà mai avrei pensato di fare l'attore. Ci sono arrivato grazie a numerosi colpi di fortuna, il primo nell'84. Una mia amica fraterna mi iscrisse a una scuola di recitazione senza dirmelo. La retta mensile costava 100 mila lire, insostenibile per me. Ebbi però la fortuna di essere arruolato dalla direttrice nel suo spettacolo, il che mi dava il diritto di frequentare gratis. Così riuscii a finirla».

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    Del suo esordio cinematografico, «Il male oscuro» di Monicelli, che cosa ricorda?

    «Che lui non lo vidi mai. Venni preso dall'aiuto regista per la parte di uno che gridava nella tromba delle scale, solo che la scena era girata in casa. Dentro c'erano Monicelli e Giancarlo Giannini ma io nemmeno salii. Arrivai sotto, cacciai un urlo e me ne andai».

     

    Cosa rappresenta per lei la Lucania?

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    «Mia madre, che se n'è andata quattro anni fa. Le ero molto legato. Quand'era viva era l'anello di congiunzione tra me e la mia terra, era le mie origini. Da quando non c'è più tutto qui mi parla di lei, tornarci è come rincontrarla».

     

    Per questo ha scelto di ambientarci la sua prima regia, Basilicata Coast to Coast?

    «Sì, ma a quel film ci sono arrivato per vie tortuose. Nel 2000 avevo diretto un corto per Cecchi Gori, che poi mi scritturò per girare la mia opera prima. Purtroppo ebbe l'indelicatezza di fallire. Lo reputai un segno del destino e per dieci anni tornai a fare solo l'attore. Furono le mie amiche Betta Olmi e Giovanna Mezzogiorno a insistere perché ci riprovassi. Scrissi la storia di quattro Don Chisciotte che attraversano la regione a piedi, un soggetto che non interessava a nessuno. Finché la Eagle si impietosì e decise di produrlo, insieme a Ipotesi Cinema e Paco».

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    Quando si rese conto che era diventato un successo?

    «Subito. All'epoca non sapevo che in base al risultato del primo giorno i distributori sono in grado di calcolare l'incasso finale con una precisione del 90%. Quel 9 aprile 2010 pioveva e le sale si riempirono. Il responsabile della Eagle mi chiamò: "Possiamo brindare"».

     

    Ha mai visto il remake sudcoreano del suo film?

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    «L'hanno fatto? Manco lo sapevo».

     

    Per Si vive una volta sola Verdone disse che aveva scelto lei perché è un poeta. Lusingato?

    «Lo ringrazio. Carlo è sempre stato un mio idolo, lo trovo irresistibile. Gli volevo bene prima ancora di conoscerlo. Nelle scene con lui ho dovuto fare sforzi enormi per non ridere. È rarissimo che un mattatore assegni a un altro il ruolo più divertente del film, lui invece l'ha fatto. L'ho trovato un gesto di grande generosità».

     

    Guarda le serie in streaming?

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    «Sì, ma trovo le piattaforme confusionarie. Finisco per passare le serate a guardare pezzettini di questo e di quello, anziché qualcosa di compiuto».

     

    Che ne pensa del governo?

    «L'altra sera alla trasmissione di Maria Latella ho detto che Giorgia Meloni un po' mi piace. E parlo da granitico elettore di sinistra. Su molte cose la pensa diversamente da me, ma mi sembra una persona fondamentalmente onesta. Non credo sia lei il problema, quanto le persone intorno che deve accontentare».

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