putin erdogan rouhani
Giordano Stabile per “la Stampa”
Il più veloce è stato il presidente azero Haydar Aliyev, quando ancora il conteggio preliminare era in corso e Recep Tayyip Erdogan non si era ancora affacciato dal tetto del suo pullman elettorale parcheggiato sul Bosforo. Il primo fra gli europei, nella tarda serata di domenica, è stato invece il premier ungherese Viktor Orban. E ieri mattina sono arrivate le congratulazioni dei presidenti di Russia e Iran, Vladimir Putin e Hassan Rohani.
Una mappa delle alleanze del neoeletto «iper-presidente» turco può essere tracciata anche dalla prontezza con cui i leader mondiali si sono complimentati. Ed è una mappa che tiene insieme «uomini forti» europei, il nuovo triangolo Ankara-Mosca-Teheran, e i dirigenti dei Paesi arabi e musulmani che più puntano sul ritrovato dinamismo della Turchia in Medio Oriente, primi fra tutti i palestinesi.
PUTIN ERDOGAN SAN PIETROBURGO
LINEE COMUNI
Nella lunga notte elettorale, man mano che le contestazioni dell'opposizione si smorzavano finché il candidato rivale Muharrem Ince concedeva la vittoria, i messaggi dei capi di Stato hanno accompagnato Erdogan nella sua spola fra Istanbul e Ankara, un tour de force di comizi per ribadire la sua leadership prima ancora che arrivassero i risultati definitivi e ufficiali.
PUTIN ERDOGAN
Fra gli «alleati» spicca certo l'Ungheria di Orban, campione dell' Europa «cristiana» e nemico di ogni forma di immigrazione. I due leader però sono accomunati da una ricetta politica molto simile, che unisce conservatorismo a sfondo religioso al liberalismo spinto in economia, e accentramento dei poteri nell' esecutivo. Orban è tra i più duri oppositori dell' ingresso di Ankara nella Ue ma certo apprezza il «muro» eretto da Erdogan che ha bloccato, dietro lauto compenso, il flusso dei rifugiati siriani verso il Vecchio Continente.
GLI AMICI DI SEMPRE
PUTIN ERDOGAN
A parte i Paesi dell' Est, compresa la Bosnia con il presidente musulmano Bakir Izetbegovic, pochi altri in Europa hanno mostrato giubilo per la rielezione del reiss mentre la telefonata di Vladimir Putin era scontata. Lo Zar si è congratulato per «la grande autorità politica» ribadita dal risultato elettorale e dal «consenso di massa» e ha auspicato di «mantenere una stretta cooperazione» sulla Siria.
Il dossier siriano è il più difficile sul fronte mediorientale, e anche il mondo islamico è spaccato in due di fronte alla rielezione del leader turco. I Paesi turcofoni, con il presidente azero e quello uzbeko Shavkat Mirziyoyev fra i primi a congratularsi, hanno legami storici e culturali che si sono rafforzati dopo il crollo dell' Urss.
il presidente iraniano rohani si gode l iran ai mondiali
LA LINEA ROSSA
Fra i leader arabi i più rapidi a farsi vivi sono stati l' emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani e il presidente palestinese Abu Mazen, seguito più tardi dal leader di Hamas Ismail Haniyeh. Da quando Erdogan ha dichiarato Gerusalemme «la linea rossa» per tutti i musulmani i ritratti del reiss sono comparsi sempre più spesso fra i dimostranti palestinesi, di tutti gli schieramenti. Il presidente turco ha invitato per due volte i leader dell' Organizzazione per la cooperazione islamica a Istanbul e ha guidato il fronte più acceso contro il trasferimento dell' ambasciata americana nella Città santa.
I rapporti con Israele sono peggiorati quasi al livello del 2010, dopo l' incidente della Mavi Marmara ma Erdogan non ha voluto, come chiedevano nazionalisti e repubblicani, tagliare i rapporti economici con la Stato ebraico. Non c'è solo la geopolitica nella testa del leader turco. Più urgente è la crisi economica, con la lira turca che ieri si è ripresa appena un po' e l'inflazione che comincia a mordere i redditi della nuova classe media.
ABU MAZEN
Per questo le congratulazioni forse più gradite sono state quelle della premier britannica Theresa May. Con la Brexit alle porte Londra conta di stringere legami economici e militari sempre più stretti con la Turchia, un mercato alternativo. May ed Erdogan hanno appena firmato una accordo per sviluppare assieme un futuro cacciabombardiere «invisibile».
Fra Washington e Mosca si potrebbe inserire a sorpresa il vecchio impero britannico.