Paolo Condò per repubblica.it
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Due errori tecnici di gravità rara, quelli di Karsdorp e Rui Patricio, sono l'innesco di una serata disastrosa per la Roma, che oltre a prima partita e primato perde a Udine l'aura di squadra solida che s'era costruita in agosto. Mourinho subisce altri tradimenti, oltre a quelli già citati: se Abraham sta giocando male da inizio stagione, è mancato in pieno anche Pellegrini. Il solo Dybala non poteva bastare contro l'Udinese, che resta la squadra fisicamente più forte del torneo, ma pure a tecnica non se la passa male. Una lezione per la Roma - quasi un altro Bodø - che conferma la tesi della mancanza di una squadra-faro in questa semi-stagione fino al Mondiale.
Oggi prova a issarsi in testa da sola l'Atalanta, che a Monza ha una grande occasione: delle battistrada è l'unica già certa di aver superato il numero delle reti segnate l'anno scorso a questo punto.
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In un campionato che sta razionando pesantemente i gol (dopo il quarto turno ne mancavano all'appello 34: una produzione di 94 reti appena, contro le 128 della scorsa stagione), l'influenza dei grandi realizzatori è destinata ad aumentare. Sabato Leao ha rovesciato il derby con giocate inarrivabili per chiunque in Serie A, e agendo in squadra con i vari Maignan e Tonali - le altre eccellenze di giornata - ha ribadito che nel Milan esiste un nucleo di giovani talenti in costante crescita cui può bastare un'aggiunta a stagione (il mercato corollario a De Ketelaere va ancora scoperto) per aumentare in competitività.
Diventa molto interessante il girone di Champions, per capire se la somma tra l'esperienza dell'anno scorso, la crescita già menzionata e un girone meno proibitivo produrrà una nuova ambizione: quella di vincere il girone, tornando nel tabellone dell'eliminazione diretta con la faccia feroce. Si parte da Salisburgo, si può arrivare più lontano di quanto si pensi.
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Il Milan di febbraio vinse un derby fondamentale grazie a due giocate nei momenti chiave del match, ma la Coppa Italia dimostrò poco dopo che l'Inter era tutt'altro che inferiore. Sette mesi dopo la partita di sabato ha raccontato un'altra storia, quella di una nuova generazione pronta a prendere il potere a San Siro. E questo malgrado il lavoro sia ancora in progress: di fronte alla veemente reazione dell'Inter dopo il 3-1, si è avvertita per la prima volta la perdita di Kessié, l'equilibratore davanti alla difesa.
Il rovescio della medaglia è che il duo Tonali-Bennacer costituisce una mediana dove in due pensano e in due corrono; in due anche coprono, ma per ora meno del loro antico compagno. L'Inter non è riuscita ad approfittarne perché quello di Perisic è stato un addio ancora più doloroso: Inzaghi non riesce a venir fuori dal rebus della fascia sinistra, e l'eclissi di De Vrij ha mandato in tilt l'assetto difensivo.
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Il gol di Giroud, a reparto schierato, grida vendetta come quello di Felipe Anderson. Senza ripetere le storie arcinote della proprietà cinese in crisi e del management italiano che cerca di arginarne gli effetti, l'Inter quest'anno si è presentata con un piano d'azione preciso: Romelu Lukaku. È il suo ritorno l'arma per attraversare questo periodo storico. Il Bayern era uscito dai blocchi esplosivo, ma le ultime due gare sono stati due pallidi 1-1. È una grande rivale, ma anche un'occasione per rimontare la depressione.
Delle altre due squadre in Champions, la battuta di Allegri dopo la magra figura di Firenze - "andiamo a Parigi ma la partita da vincere è quella successiva col Benfica" - ha un senso pratico ma non andava fatta, perché sottintende una subalternità della Juve che i giocatori dovrebbero essere sollecitati a ribaltare, non ad accettare. Al Napoli, infine, è riuscito in casa della Lazio un significativo rimbalzo dalla delusione col Lecce. La terza L consecutiva in arrivo - il Liverpool - è uno squadrone con qualche mal di pancia: l'avversario ideale per un gruppo di outsider, da Osimhen a Kvara, a caccia di un nuovo status.
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