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Marco Giusti per Dagospia
Niente da fare. Se ambienti un film a Stromboli, qualcosa di Rossellini e della Bergman te lo trascini sempre dietro, anche se non vuoi, anche se non ci pensi. Ma come fai a non pensare a Rossellini e a Stromboli? Come fai a fare cinema e non pensare a Rossellini, o a Viaggio in Italia, si sarebbe detto una volta.
Atteso dal mondo dell’arte come un vero e proprio evento, meno dal mondo del cinema romano, “Arsa” dei Masbedo, duo artistico formato dagli ormai cinquantenni (io pensavo che fossero più giovani, accidenti… il tempo che passa) Niccolò Massazza e Iacopo Bedogni, che lo hanno ideato, diretto e scritto con la collaborazione di Giorgio Viaro, è il loro primo vero e proprio film di finzione dopo una serie di prove più artisticoide-documentaristiche (“Tralalà”, “The Lack”, “Welcome Palermo”).
E magari la loro idea di finzione, un po’ come in “Viaggio in Italia” o in “Stromboli” è solo sfiorare la natura o le grandi statue classiche nascoste a Pompei o nelle profondità del mare. Prodotto dalla Eolo Film di Beatrice Bulgari e coprodotto da Rai Cinema, e fotografato preziosamente dal Gherardo Gossi di “Diaz” e “Le sorelle Macaluso”, è un film dedicato a Stromboli, ai suoi tesori e alla bellezza di una ragazza, l’inedita Gala Zohar Martinucci, che ci vive come una orfana scontrosa e selvaggia alla ricerca di quel che lasciano i turisti e chi passa di lì.
Ma anche dei segreti che può nascondere il mare. Malgrado vi abbia detto che è un film di finzione e malgrado la sceneggiatura sia firmata a tre, non è che ci siano grandi storie da raccontare e grandi battute. Seguiamo Arsa, così si chiama la ragazza, che vive a Stromboli a stretto contatto con la natura e ha pochi contatti con i turisti che arrivano sull’isola.
Ogni tanto recupera dall’isola qualche tesoro che rivende o che rielabora artisticamente. E ogni tanti partono i flashback con una Arsa ragazzina che vive col padre artista, Lino Musella, che viene massacrato dal suo committente, un immancabile Tommaso Ragno senza baffi, che non vuole vendere arte bella, vuole arte brutta. Quella che piace ai suoi compratori.
Quando sull’isola arrivano tre giovani vacanzieri, uno di loro, lo Jacopo Olmo Antinori che esordì come protagonista di “Io non ho paura”, ultimo film di Bernardo Bertolucci, cerca di stabilire un contatto con la ragazza. E scopre il suo segreto. E’ l’unica vera storia che i Masbedo ci raccontano. Curiosamente sembra un film di qualche giovane esordiente. Non è così.
Ma è evidente che i Masbedo siano interessati più che alla storia al costruire un racconto visivo riprendendo nell’isola questa bellissima Gala Zohar Martinucci che si tuffa, si rituffa nel mare, gira per l’isola tra le capre, si nasconde, si mostra, si muove nel letto, si spoglia, si riveste. Per gli artisti, soprattutto per artisti già affermati, fare un film a soggetto, non è facilissimo. Lo sappiamo.
Non si capisce mai dove sono i limiti tra arte e cinema. Questo “Arsa” è visivamente uno splendore, ma funziona solo se vi lasciate prendere dalle immagini e dal percorso che i suoi autori vi stanno segnalando. Non è un film tradizionale. Conta più accarezzare una statua, un giocattolo rotto, che raccontare chissà cosa.
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