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    ROMANZO FUNERALE - L’ADDIO A EMMANUEL E LA DISPERAZIONE DELLA COMPAGNA CHINYERY, CHE NON REGGE L’EMOZIONE E SVIENE. PRESENTI BOSCHI E BOLDRINI - L’ARCIVESCOVO: “I VERI DISPERATI SIAMO NOI” - FERMO DIVISA: MANCINI E’ COLPEVOLE O INNOCENTE?


     
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    Giuliano Foschini per “la Repubblica

     

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    Il Duomo, ricco e imponente, pieno zeppo. Un gruppo di nigeriani sull’altare, tanti, grandi, grossi, eppure così piccoli. Un canto, When the saints go marching in. Tutta la chiesa che batte le mani, settecento, ottocento forse, il vescovo, la presidente della Camera, Laura Boldrini, il ministro Maria Elena Boschi, don Vinicio, suor Filomena, i fermani e i neri, la bambina bionda con il vestitino fucsia e Princess che ha tre anni e le trecce di tutti i colori.

     

    Tutti insieme, tutti a tenere uno stesso tempo davanti alla bara di Emmanuel. Erano passate da poco le 19,30 quando a Fermo hanno scoperto l’antidoto contro ogni razzismo, la pozione contro populismi e divisioni che, pure, per tutta la giornata e chissà per quanto tempo ancora, scorreranno in questa città e per il resto d’Italia.

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    Perché l’omicidio di Emmanuel, tolta la grande commozione e partecipazione iniziale, comincia a dividere: bianchi contro neri. Su twitter era nato l’hashtag #iostoconamedeo, su Facebook si moltiplicavano i gruppi a sostegno di Amedeo Mancini, l’assassino reo confesso.

     

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    La tragedia assomiglia a una partita di calcio, tifosi contro tifosi: colpevole o innocente? Come se non fosse tutto già abbastanza chiaro. Si discute di dinamica («ma se la mazza l’ha presa prima il nero, perché Amedeo è in carcere?» diceva Luigi Santini, al bar della piazza del Comune) e anche le persone di maggior senno, qui a Fermo, vengono tentate a rifugiarsi nell’odioso «non siamo razzisti ma…».

     

    Tanto forte era il clima che il pomeriggio è trascorso strano, con il sagrato del Duomo vuoto, popolato soltanto dagli amici di Emmanuel e dagli invitati a un matrimonio in una vicina villa. E invece, alle 18, all’improvviso, la Chiesa si è riempita, la polizia è stata costretta a fare servizio d’ordine, insomma si è capito subito che le cose si stavano mettendo a posto.

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    Una sensazione subito confermata dalle parole. Ha cominciato l’arcivescovo, Luigi Conti: «Mi dà fastidio — ha detto — quando i media definiscono i migranti disperati. Ma quando mai? Noi lo siamo, non loro. Noi rischiamo di uccidere la loro speranza. È la divisione che uccide, non questo o quel fratello della comunità. Noi fermani siamo ospitali. Chiedo a tutti un supplemento di fraternità».

     

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    Chinyery è vestita di bianco, in prima fila. Ha voluto che la bara di Emmanuel fosse portata in Nigeria e così sarà. Non regge l’emozione, sviene. La soccorre la presidente Boldrini. Sull’altare sale un ragazzo nigeriano: «Nessuno di noi vive per se stesso. Nessuno di noi muore per se stesso. Dio ci ha creato di colori differenti ma abbiamo lo stesso sangue. Emmanuel sarebbe potuto morire nel Mediterraneo ma invece è morto qui. Prendetelo come un segnale: per favore, quando vedete una persona di colore che soffre, non siate indifferenti».

     

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    È quando salgono i ragazzi della comunità che la Chiesa comincia a colorarsi e una morte così assurda e triste comincia a diventare così «piena di speranza: se è accaduto questo oggi, possono succedere tante cose belle» dice Marco Cristino, un cittadino. Arriva don Vinicio: «Mi hanno criticato, lo so, per essermi esposto».

     

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    Chinyery è tornata, su una sedia a rotelle. È sull’altare, le sue grida assomigliano sempre a un pianto. «Mi sono esposto — continua don Vinicio — perché c’è un rispetto della dignità su cui non medio. Il tono non l’abbasso. Io non ce l’ho con quel ragazzo, Amedeo è un ragazzo come tanti. È vittima anche lui. Ce l’ho con chi però invece di aiutarlo a contenere la sua impulsività, lo ha aizzato, se qualcuno lo avesse aiutato a crescere ora non saremmo qui».

     

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    In prima fila c’è anche l’ex ministro Cecyle Kyenge che ha scritto una lettera a Chinyery: «C’è chi cavalca l’odio razziale per i voti» le ha scritto. Amedeo è in carcere. È entrato con uno smanicato con il logo di Forza Nuova ma dice di essere distrutto, anzi «profondamente pentito. Se il padre eterno non mi avesse fatto questa mano così grande — ha detto, piangendo, durante la visita medico legale — ora non saremmo qui». Amedeo piange. Il duomo canta. Le istituzioni battono le mani. Chinyery non ce la fa, è troppo. Dall’altare una suora nigeriana dice che il colore della pelle non è diversità. Piuttosto fantasia.

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