Ilario Lombardo per “La Stampa”
mario draghi sergio mattarella
A ogni discorso, analisi, previsione sul Quirinale di queste ore vanno fatte due premesse. La prima: al momento non c'è un'alternativa a Mario Draghi che possa mettere d'accordo tutti i partiti o quasi. Ed è un dato di fatto che per primo Draghi conosce. La seconda: nessuna decisione avrà un valore prima del dieci gennaio. E, anche in questo caso, il premier è perfettamente consapevole della premessa.
Per quella data i leader del centrodestra si dovranno rivedere attorno al tavolo con Silvio Berlusconi. Andrà presa una decisione: se sostenere il presidente di Forza Italia nel suo sogno di salire al Colle, oppure se convincerlo a desistere e a portare i voti in dote a Draghi. In un attimo Berlusconi si trasformerebbe nel king maker dell'elezione dell'attuale premier a presidente della Repubblica.
mattarella draghi
In quegli stessi giorni, il segretario del Pd Enrico Letta si ritroverà con il partito per dare una risposta altrettanto importante, e altrettanto attesa a Palazzo Chigi. Letta riunirà la segreteria e poi il 13 gennaio la direzione del Pd in seduta congiunta con i gruppi parlamentari. Un'assemblea che misurerà i rapporti di forza tra la componente che arrivò in Parlamento nel 2018 al seguito dell'allora segretario Matteo Renzi, più spaventata dal rischio che Draghi al Colle possa significare il voto anticipato, e l'organismo che risponde alla nuova leadership.
FRANCESCHINI ENRICO LETTA 4
A triangolare i rapporti con gli ambasciatori di Palazzo Chigi è ancora una volta Gianni Letta, consigliere molto ascoltato di Berlusconi, e zio di Enrico. I leader di Fi e Pd sono i due da cui, più che dagli altri, Draghi attende una risposta. Innanzitutto, perché la candidatura dell'ex premier rappresenta un problema non da poco, e senza un suo via libera l'ex banchiere centrale potrebbe non voler buttare il suo nome nella roulette del Parlamento.
Il premier - che domani rivedrà la sua maggioranza in un Cdm straordinario - sa poi benissimo che il gruppo più numeroso di Camera e Senato, il M5S, è anche il meno controllabile. Giuseppe Conte è prigioniero dei parlamentari, ostaggio del loro terrore delle elezioni.
sergio mattarella e mario draghi
Prova ne è il fatto che l'avvocato sta passando come l'unico a non volere Draghi al Quirinale, quando invece in tanti colloqui dentro il M5S e con Letta ha sostenuto che è complicatissimo trovare un nome diverso che accomuni tutti. Certo non aiuta la confusione che regna in casa 5 Stelle. Quando Conte ha incontrato Letta e il leader di Leu Roberto Speranza per approntare una strategia comune da opporre al centrodestra, è spuntata l'idea di candidare una donna, l'ex ministra Anna Finocchiaro, nome da spendere nel caso in cui gli avversari dovessero insistere su Berlusconi.
giuseppe conte luigi di maio foto di bacco (1)
Una scelta contraddetta nemmeno 48 ore dopo da Michele Gubitosa, uno dei cinque vicepresidenti di Conte, quando, per escludere il Cavaliere, ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di alto profilo anche di centrodestra. L'inaffidabilità dei grillini è un problema per tutti e potrebbe essere risolto solo con un solido accordo sul governo che succederà a Draghi per portare a termine la legislatura.
meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi
Ed è curioso che tre giorni dopo il vertice di centrodestra sia proprio un esponente di quell'area, Osvaldo Napoli, deputato ex Fi, oggi in Coraggio Italia con Giovanni Toti, a proporre questa strada. «L'eventuale elezione di Draghi non ha altra fonte che non sia il Parlamento». Il passaggio precedente, però, dice Napoli, deve essere «un accordo politico, perché una presidenza Draghi non può intestarsi la nomina del suo successore a palazzo Chigi». È una chiamata di responsabilità che, implicitamente, ha già rivolto a tutti Draghi, durante la conferenza stampa pre-natalizia.
A cui dovrà rispondere, prima di chiunque altro, Matteo Salvini che ieri ha inviato un messaggio al premier per parlare di bollette e prezzi dei tamponi, e che avrebbe già risentito Letta e Conte sul Quirinale. Il capo della Lega resta ancora tentato dall'opposizione, bramoso di capitalizzare i consensi in competizione con l'alleata di Fdi Giorgia Meloni. Ma senza quella risposta alla chiamata di Draghi è prevedibile che si arriverà allo stallo. Lo scenario preferito da chi tifa per il Mattarella bis.
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