Fabrizio Roncone per “il Corriere della Sera”
fabrizio roncone
Arriva l'ultimo video di Vincenzo De Luca e, stavolta, non fa ridere. Lui, reo confesso, insiste: «Il somaro si meritava tutto e molto altro». Ecco: il somaro. Cioè Matteo Salvini. Ma andiamo con ordine. Perché come gli altri video di De Luca, anche questo è diventato subito virale. Il presidente della Campania ha ormai quella sua maschera, quello sguardo vitreo, quella voce tremante e tagliente; Maurizio Crozza, che pure lo imitava benissimo, ha dovuto desistere: l'originale ha addirittura maggior impatto mediatico.
MAURIZIO CROZZA IMITA VINCENZO DE LUCA
La sensazione è che però ormai De Luca sia prigioniero del suo personaggio. Eccessivo e visionario. Bieco e intimidatorio. Sempre dentro un situazionismo magnetico che, lentamente, è diventato stucchevole. E inaccettabile. Ecco cosa ha detto De Luca venerdì pomeriggio nella sua tradizionale diretta su Facebook (da cui poi vengono estrapolati i video cult), rispondendo a Salvini, dopo le polemiche scatenate dai festeggiamenti dei tifosi del Napoli, in una bolgia di abbracci ed allegria, per la conquista della Coppa Italia. « Dobbiamo dedicare qualche nostro pensiero a un somaro politico che ha ripreso a ragliare siccome l'episodio è capitato a Napoli, il cafone ha ritenuto di fare dei commenti. Bene, io credo che quel cafone politico abbia dimostrato di essere tre volte somaro.
vincenzo de luca
Se il 2 giugno infatti organizza a Roma una manifestazione insieme alla Vispa Teresa - così De Luca chiama Giorgia Meloni - una manifestazione in totale violazione di tutte le norme anti-assembramento, e ad organizzarla non è un giovane tifoso, ma il segretario di un partito e poi si permette di aprire bocca».
Finale: «vuol dire che questo esponente politico ha la faccia come il suo fondoschiena per altro usurato ». Ha detto proprio così: « per altro usurato». No, non fa ridere. Spazzando via ogni ipocrisia: nelle prime tremende settimane del lockdown, De Luca fu tra i più veloci ad intuire come il Paese fosse finito dentro una brutta storia e i suoi messaggi, ad un certo punto, pur come sempre allucinati, sembrarono possedere una loro forza persuasiva. «Mi arrivano notizie che qualcuno starebbe organizzando feste di laurea Beh, sappiate che manderò i carabinieri. Ma con il lanciafiamme» .
VINCENZO DE LUCA
Chiusi in casa, sui balconi a cantare l'Inno di Mameli per darci coraggio, mentre a Bergamo le bare venivano caricate sopra i camion militari: a molti sembrò che De Luca, sulla scena apocalittica del Coronavirus, facesse il suo lavoro, sdrammatizzando. Può darsi fosse la percezione giusta, ma magari no, eravamo tutti così travolti dallo stupore e dalla paura e non è facile, adesso, valutare e guardarci indietro, servirà del tempo, e poi non è nemmeno certo che sia del tutto finita.
vincenzo de luca
Certo, invece, è che il De Luca parlante nell'ultimo video è però molto simile al De Luca spavaldo e arrogante raccontato dai reportage scritti negli ultimi venticinque anni: la Campania gestita e attraversata come fosse un Granducato, mischiando il dialetto a Cicerone, pittoresco e ruvido, ferocemente sempre in carriera, il grigio dirigente comunista che inizia la scalata al potere riuscendo a prendersi Salerno per quattro volte, sindaco con effetti speciali, i manganelli ai vigili urbani - «il manganello è un commovente oggetto di persuasione» - e le fontane d'acqua nelle piazze: e poi sempre un ghigno di purissimo scherno per ogni inchiesta giudiziaria, per ogni soprannome, lo chiamano Fidel, Sceriffo, O' Faraone, e lui gode, conta le tessere, insulta gli avversari. Li ha sempre insultati, o minacciati.
stefano caldoro vincenzo de luca
Un vizio antico. Stefano Caldoro (di nuovo prossimo avversario): «Un pastorello di San Gregorio armeno». Luigi Cesaro (all'epoca, presidente della Provincia di Napoli): «È un oltraggio alla biologia, una polpetta». Marco Travaglio, direttore del Fatto: «È uno sfessato. Spero di incontrarlo di notte per strada». Vittorio Feltri, direttore di Libero: «Noi meridionali inferiori? Dipende da quello che decidiamo di misurare».
Michele Santoro: «Me lo ricordo quando, candidato alle Europee, mi chiamava perché gli serviva una mano. Cialtroni, gentaglia, personaggetti». Rosy Bindi (ospite su La7 di Lilli Gruber): «Impresentabile sotto tutti i punti di vista». Miguel Gotor (storico e, all'epoca, senatore del Pd): «È un ballerino di flamenco». Roberto Fico: «Il chierichetto». Luigi De Magistris: «Questo sindachetto chiamato Giggino». Poi va da Fabio Fazio, lo definisce «fratacchione» e allora tutti a ridere di gusto, come quando giura d'essere un «gobettiano liberale». Il trucco di essere divertente, ogni tanto, gli riesce ancora.
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Astuto, spregiudicato, mai sazio. «Faccio tutto per la mia gente», ma poi ha messo su un asse dinastico da autentico satrapo: un figlio, Piero, deputato del Pd, e l'altro, Roberto, assessore fino a due anni fa. Ammette. «Anni di politica, di comizi, insegnano: devi parlare semplice, come la gente. E siccome poi la gente vuole anche sorridere, se ci metti dentro un po' di ironia, è meglio».
Così, per essere ancora più ironico, De Luca aggiunge: «Salvini? Quello porta "seccia", lavora perché torni l'epidemia». In questi casi, di solito, poi interviene un familiare: calmati, frena, cambia i toni. Ci sarebbe anche il segretario del partito di riferimento, Nicola Zingaretti. Ma Zingaretti vuole vincere le elezioni regionali pure in Campania, e non telefonerà a «Big Enzo», come lo chiama su Instagram - entusiasta - Naomi Campbell.
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