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    “QUALCUNO AVVERTA PURE IL TIPO CON IL CIUFFO COLOR MOGANO, SCAPPATO A RIEMPIRSI IL PORTAFOGLI DI BIGLIETTONI ARABI, CHE CE L’ABBIAMO FATTA LO STESSO, A QUALIFICARCI” – RONCONE SVELENA SU MANCINI E ESALTA SPALLETTI: “CI PORTA ALL’EUROPEO (E NON ERA SCONTATO). È CHIARO CHE NON ABBIAMO UNO DA ZAMPATA IN AREA. È MORTIFICANTE RIMPIANGERE NON GIGI RIVA, MA PURE IL FANTASMA DI LUCA TONI…”


     
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    Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera - Estratti

     

    spalletti mancini spalletti mancini

    Andiamo agli Europei: è una notizia bella, forte, non scontata, entusiasmante. È faticoso trovare le parole giuste. L’avete vista, la partita: complicata, piena di suggestioni. Cominciamo bene, dominiamo, ma poi ci afflosciamo, rischiamo e arriviamo con botte di vero panico a questo momento, con gli azzurri che laggiù, sul prato, si abbracciano stremati e felici.

     

    Dove sei, Luciano?

    Era solo per dirti grazie.

    Sei venuto a mettere sulla panchina azzurra tutto il tuo mestiere immenso, e la saggezza, e quel tuo strepitoso tormento calcistico, pieno di genio tattico e pignoleria prossima all’ossessione. Lo sai? Ci piace da pazzi quella brace che hai negli occhi, quel tuo scandire le sillabe — in conferenza stampa — come se le battessi sul ferro. Hai ragione: «È adesso che viene il bello».

     

    Adesso però qualcuno avverta pure il tipo con il ciuffo color mogano, scappato a riempirsi il portafogli di bigliettoni arabi, che ce l’abbiamo fatta lo stesso, a qualificarci.

    Pensieri sparsi. Calma. 

     

    (...)

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    Spalletti s’alza dalla panchina, s’ingobbisce e inizia a urlare. I suoi li vuole subito corti, compatti. Il piano — ormai un piccolo classico per questa Nazionale — è: in fase offensiva, Dimarco lascia la fascia sinistra, taglia in mezzo e diventa, di fatto, un trequartista. Zaniolo e Chiesa partono larghi per poi buttarsi, anche loro, dentro l’area. Raspadori, invece, tende a lasciarla, a portare fuori i difensori, per creare corridoi. Il giochino ci riesce a tratti, sono solo lampi. Il guaio è che gli ucraini, quando ripartono, dimostrano di essere abili nella nostra vecchia specialità, quella in cui eravamo maestri prima dell’avvento di Arrigo Sacchi: il contropiede. Buongiorno si becca un’ammonizione. Segue qualche altro spavento. Una gran parata di Donnarumma. Ma poi iniziamo a fare la partita.

     

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    Sensazione netta: sembriamo aver capito che non conviene fare i soliti calcoli meschini. Ci basta il pareggio, va bene. Però è meglio vincere. Ci proviamo. Siamo confusi, e comunque arrembanti. Altra sensazione: è chiaro che non abbiamo uno da zampata in area. È mortificante rimpiangere non Gigi Riva, ma pure il fantasma di Luca Toni.

     

    Quindi? Nell’intervallo Spalletti toglie Raspadori e dice a Scamacca che tocca a lui. Scamacca del vero centravanti ha almeno il fisico. In area inizia a farsi sentire. Spallate, gomiti alti. Dobbiamo farcelo bastare. Questi siamo, e con questi dobbiamo cercare di andare agli Europei. Certo lo scorrere dei minuti aumenta la percezione del rischio imminente.

     

     

    Cosa puoi inventarti, Luciano?

    Luciano, e se provassimo a dare un po’ di qualità con Bonaventura?

    Viene da pensare: ma i vertici del calcio italiano, le vedono queste partite? Si accorgono che i nostri vivai non sfornano un talento puro dal secolo scorso? Lo sanno che Bonaventura, quello che potrebbe darci un po’ di luce, ha 34 anni suonati? Vabbè: ora però c’è Chiesa, qui sotto, attacchiamo da destra verso sinistra e lui si ritrova sul piede un bel pallone pulito. Picchia di mezzo collo, è il suo dessert preferito, l’incrocio dei pali dall’altra parte. Ma il tiro va fuori.

     

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    Okay. Quanto manca? Ancora mezz’ora, porca miseria. Un’eternità.

    Il cittì, a gesti, verso Dimarco: fai il bravo, adesso stattene buono a fare il terzino. Il cittì annusa l’aria. Paratona di Donnarumma. Calma, ragazzi. Calma. Perché iniziamo ad essere visibilmente stanchi. E perché ormai siamo dentro quel territorio del destino dove, se segna l’Ucraina, ci manda giù nel pozzo nero.

     

    Fuori Zaniolo e Jorginho, dentro Politano e Cristante. Noi che guardiamo l’orologio. I tifosi ucraini che tirano fuori i cellulari e illuminano lo stadio tipo fiaccolata (una volta si faceva bruciando i giornali). Distrarsi. Pensare ad altro. Ansia. Tremenda. A otto minuti dalla fine, s’è chiusa la Moleskine, e buonanotte.

    spalletti spalletti

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