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    “LA POLEMICA TRA ME E SAVIANO? NON C'È MAI STATA. EPPURE PROVANO SEMPRE A DIRE CHE LUI HA AVUTO PIÙ SUCCESSO E IO MENO” - ROSARIA CAPACCHIONE, EX GIORNALISTA DEL "MATTINO" E GIA’ SENATRICE DEM, CONTINUA A VIVERE SOTTO SCORTA. UNA SENTENZA HA STABILITO CHE LE MINACCE DEI CASALESI A LEI E SAVIANO ERANO VERE - "ROBERTO HA 20 ANNI MENO DI ME, ERA IL COLLEGA GIOVANISSIMO CHE MI CHIEDEVA MATERIALE SUI CASALESI, E IO UNA GIORNALISTA AFFERMATA - ANCOR PIÙ DEI CASALESI TEMO LA NOIA. A SALVARMI È OSCAR WILDE" – LA PASSIONE PER LE BORSE FIRMATISSIME


     
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    Fabio Sasso per “il Venerdì di Repubblica”

     

    capacchione saviano capacchione saviano

    Dopo essere stati anni nel mirino dei clan, averne scritto vita e morte e aver cambiato lavoro, tornare a una esistenza "normale" non avviene in seguito a uno schioccar di dita. Da tre anni e mezzo Rosaria Capacchione, ex giornalista del Mattino - che è stata senatrice del Pd e ha fatto parte della Commissione Antimafia - è tornata a casa. Studia, legge, mette da parte documentazione per il futuro.

     

    E, a sorpresa, confessa, «mi annoio mortalmente». Ha varie passioni, tra cui le borse anche firmatissime, «ma sempre di budget contenuto, senza schiaffi alla miseria altrui». Il suo bagaglio pieno di cose brutte e belle, non l'ha mollato perché ad animarla è sempre la curiosità. Pochi giorni fa, una piaga si è riaperta: dopo aver letto la motivazione della sentenza di maggio con cui il boss dei casalesi Francesco Bidognetti e un avvocato, Michele Santonastaso, sono stati condannati per minacce lette in aula a lei e a Roberto Saviano, Rosaria ha ricordato quel giorno del 2008.

     

    FRANCESCO BIDOGNETTI FRANCESCO BIDOGNETTI

    «Facevo il mio lavoro tranquilla nella redazione del Mattino di Caserta, quando cominciarono ad arrivarmi decine di telefonate di colleghi dell'avvocato che aveva letto in aula un messaggio terribile diretto a me. Il presidente aveva tentato di fermarlo, ma lui era andato avanti lo stesso. Rimasi sbalordita: c'erano riferimenti non espliciti ma si diceva che era colpa mia se il giudice che avrebbe dovuto firmare la sentenza di appello del processo Spartacus contro i casalesi era stato rimosso».

     

    Come cambia l'ascolto del linguaggio e la comunicazione per chi deve tradurre per i lettori la "grammatica" dei boss?

    «Capii che dovevo fare riferimento a Cosa Nostra, non alla camorra. Molti erano fermi a dinamiche e linguaggi dello scontro tra Nuova Famiglia e Cutolo. Ma a un certo punto non era stato più così, per capire gli interessi dei casalesi dai canoni di Scampia dovevo spostarmi a quelli di Palermo.

     

    Le modalità mafiose non sono di vera e propria minaccia, ma sguardi, sussurri, piccole calunnie fatte circolare in certi ambienti. È la differenza che passa tra chi ti dice "vengo lì e ti sparo" e chi diffonde veleno. Non mi impressiono facilmente, ma un parente di un boss che venne a trovarmi e mi baciò in fronte, lo ricordo con raccapriccio».

     

    Vive ancora sotto scorta?

    «La mia e quella di Saviano sono state decise con lo stesso provvedimento, interrompere la scorta a lui assumerebbe un significato politico».

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    Un giornalista è libero (anche di spostarsi) per definizione. Che cosa ha significato per lei non poterlo più fare?

    «Ho 61 anni, ma nella mia testa ne ho ancora 48, sono ferma a quando non avevo la scorta. Ero abituata a tornare tardi, a volte sparivo per lavoro e non dicevo dove mi trovavo. Da un giorno all'altro, per la prima volta, ho dovuto rendere conto, cosa che non facevo neppure con mio padre e mia madre. Fino a poco fa avevo una scorta napoletana, ora dev' essermi assegnata quella di Caserta e sto vivendo il cambio con molta ansia.

     

    C'è chi considera la scorta come degli autisti, ma il mio spirito non è quello. Se potessi camminerei a piedi, mi siederei su una panchina a pensare ai fatti miei. Cose come le vacanze al mare non si possono fare: mi è capitato poche volte, e solo all'estero. Di alcuni degli agenti sono diventata amica personale».

     

    FRANCESCO BIDOGNETTI FRANCESCO BIDOGNETTI

    Alcuni giornalisti pianificano la propria carriera, scelgono il luogo, il settore, altri no. Lei?

    «Cominciai giovanissima nel 1985 al Mattino Estate. Venni spedita a Fondi, in provincia di Latina, a seguire dei dibattiti culturali e intervistai Alberto Moravia. Poi però scoppiò un incendio in cui morirono due bambini e passai alla cronaca nera.

     

    Mi trasferii nella redazione di Caserta, dove la cultura non c'era, ma in compenso erano continui gli scontri tra Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia. Sono curiosa, cominciai a studiarmi l'argomento, mi feci mostrare le foto segnaletiche che incollavo su un quadernone come figurine. Le foto erano un pretesto, volevo conoscere le storie».

     

    A casa sua condivisero?

    «Nessuno mi ha mai sconsigliato. E non è cambiato niente nemmeno con la scorta. Abito in un parco con 64 famiglie, e una sola persona ha avuto da ridire. Ho risposto "Non c'è problema, compratemi un'altra casa e io me ne vado". Tutti gli altri condomini sono miei amici e ancora di più lo sono della scorta a cui offrono spesso il caffè».

     

    Che cosa legge?

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    «Molti sudamericani e francesi. Ma chi mi ha aiutato nei momenti brutti è stato Oscar Wilde, perché riesce a strapparmi una risata. Il fantasma di Canterville l'avrò letto 150 volte a scopo terapeutico, anche se non ha un lieto fine».

     

    Lei non si è più voluta candidare. Come vive ora?

    «Collaboro con Fanpage. La mia idea era anche lavorare in un settimanale, perché le 70 righe a un certo punto non bastano più. Al Mattino mi hanno prepensionato e l'esperienza parlamentare mi è servita anche a diluire il trauma. Quando accettai la candidatura si andava in pensione a 60 anni, quindi sapevo di essere a fine carriera, ma non ho sopportato che me l'accorciassero ancora».

     

    È stato peggio andar via dal giornale che subìre minacce?

    «Quarant' anni di giornale non sono pochi. Mi manca molto di più la quotidianità del mio lavoro che la libertà. Ho cominciato che avevo 20 anni, al Diario. Un sogno impossibile che si realizzava, non venendo io da una famiglia di giornalisti e vivendo a Caserta.

    FRANCESCO BIDOGNETTI FRANCESCO BIDOGNETTI

     

    A 15 anni andai a bussare alla redazione del Tempo. Domandai come fare per entrare in redazione. Risposero "studia, ci vediamo tra una decina d'anni", era come voler fare l'astronauta. Non mi sono mai abituata al miracolo di avere un foglio bianco davanti e di andare poi a casa con la copia stampata: per me sarà sempre una cosa meravigliosa».

     

    Un'emozione condivisa dai colleghi più giovani?

    «Non credo. Manca la curiosità, la voglia di una notizia che gli altri non hanno. Una volta scrissi che un boss delle ecomafie era stato arrestato mentre usciva da casa per comprare una Coca Cola. Gli altri avevano scritto "una bibita". Sembrano niente, ma i dettagli compongono le storie. Ora i ragazzi non scrivono mai l'età di un arrestato. Sarà perché le forze dell'ordine danno l'anno di nascita e loro forse non sanno fare i conti».

     

    La sua famiglia, la sua città, qual è il racconto di Rosaria su di loro?

    «Mia nonna paterna era pugliese, papà si era trasferito a Roma da ragazzo. Ha lavorato come dirigente delle coop bianche tra Napoli e Caserta e lì conobbe mia madre casertana con cui ebbe sei figli, 4 femmine e due maschi, nessun giornalista a parte me, la primogenita.

     

    Rosaria Capacchione 22 Rosaria Capacchione 22

    A casa mia, tutti "tosti": mamma ha fatto 6 figli pur lavorando all'Inps. All'epoca Caserta era meglio di adesso. Era la città dove Toni Servillo faceva teatro, dove nacque il nucleo storico della Nuova Compagnia di Canto Popolare.

     

    Ora quasi tutti gli ingressi della Reggia sono chiusi, noi invece la vivevamo a pieno: il primo filone a scuola, il primo bacio. Era una città provinciale, ma molto più viva. Sono andata via, e quando sono tornata ho trovato questo. È rimasto il peggio: l'invidia».

     

    In che senso?

     «Prenda la polemica tra me e Saviano: non c'è mai stata. Eppure provano sempre a dire che lui ha avuto più successo e io meno. Io avrei comunque seguito una strada diversa. Roberto ha 20 anni meno di me, era il collega giovanissimo che mi chiedeva materiale sui casalesi, e io una giornalista affermata».

    Rosar a Capacchione SANDRO RUOTOLO Rosar a Capacchione SANDRO RUOTOLO

     

    Non sposarsi e avere figli è stata una scelta?

     «Molte bambine sognano il matrimonio, io mai e neanche i figli. Ho sette nipoti, le femmine fanno la corte alle mie borse: ho una vera mania ma non le presto. Non devono essere troppo grandi, sennò la roba si perde nella vastità».

     

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    Se tornasse a nascere?

    «Farei la genetista».

     

    Come si immagina in futuro?

    «Ripenso al passato: a quando ero in redazione, al tempo delle minacce, e se avevo una notizia, mi dicevano "tu devi fare altro" perché ero un brand. Il Parlamento è stata una fuga: conosci tante persone, però è una noia per chi viene da un quotidiano.

     

    EPIFANI CAPACCHIONE LETTA FOTO LAPRESSE EPIFANI CAPACCHIONE LETTA FOTO LAPRESSE

    Ogni seduta a cui partecipavo, in Senato, in Commissione Antimafia, mi vedeva impegnata per pochi minuti, poi se ne riparlava dopo 8 giorni. Si poteva studiare, ma solo la notte. Per chi è abituato ai ritmi del giornale è tutto stressante e spesso incomprensibile.

     

    Il futuro come lo immagino?

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    «Non lo immagino».

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