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    ROSSO FERRARI? ROSSO NEL PORTAFOGLI! - IL 2013 È STATO L’ANNO NERO PER MONTEZEMOLO E I SUOI SOCI: NTV E IL FONDO CHARME HANNO CHIUSO IN PERDITA - IL CAVALLINO HA VINTO 6 GARE IN 4 ANNI: UN COSTO DI 200 MILIONI PER OGNI PRIMO POSTO!


     
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    1.DA NTV ALLA FERRARI, L’ANNO NERO DI MONTEZEMOLO

    Nino Sunseri per "Libero Quotidiano

     

    MONTEZEMOLO LASCIA LA PISTA DEL BAHRAIN IN ANTICIPO MONTEZEMOLO LASCIA LA PISTA DEL BAHRAIN IN ANTICIPO

    Essere soci di Luca Cordero di Montezemolo negli ultimi anni non è stato proprio un grandissimo affare. Lo sanno bene gli azionisti del Fondo Charme e di Ntv, la società ferroviaria che gestisce Italo. Due iniziative che hanno avuto come anima imprenditoriale il presidente della Ferrari, ma non si può dire che siano anche state baciate dalla fortuna.

     

    Oggi i soci di Luca si trovano a piangere lacrime non meno amare dei tifosi del Cavallino (a proposito l’addio dalla Rossa sembra sempre più vicino), ma sicuramente molto più costose. Sia Charme sia Italo hanno chiuso il 2013 con bilanci in rosso così com’era successo l’anno prima. A soffrirne soprattutto il gruppo di amici storici presenti in entrambe le iniziative. Per esempio l’inseparabile Diego Della Valle che figura in posizione di rilievo tanto nel libro soci di Italo sia in quello di Charme.

    MATTEO CORDERO DI MONTEZEMOLO MATTEO CORDERO DI MONTEZEMOLO

     

    Altrettanto Isabella Seragnoli la ricchissima, quanto schiva, imprenditrice bolognese le cui macchine impacchettatrici confezionano sigarette per tutte le multinazionali del tabacco. Poi Giovanni Punzo, proprietario dell’Interporto di Nola. A questo nocciolo duro di amici che hanno sempre fatto cordata con Luca si aggiungono altri compagni occasionali. Su Italo spicca Sncf, la società che gestisce le ferrovie francesi, azioniste al 33% che, da quanto si può capire, vorrebbero utilizzare il super-treno colorato di rosso per far saltare il monopolio delle Fs sui binari italiani.

    Gianni Punzo Gianni Punzo

     

    Tranne ovviamente, resistere in tutte le maniere a ogni tentativo di rompere il loro di monopolio sulla rete domestica. Altri soci importanti di Italo sono Generali, il patron della Brembo, Alberto Bombassei e Banca Intesa che, oltre ad essere azionista, è anche grande creditore. Sicuramente il gruppo oggi guidato da Carlo Messina farà bene a ripensare in profondità alla partecipazione al mondo dei trasporti: quello che ha perso su Alitalia e su Italo basta e avanza.

     

    Ma se il super-treno rappresenta comunque un sogno coraggioso e visionario che ha rotto l’egemonia delle Fs a tutto beneficio dei consumatori non altrettanto può dirsi del Fondo Charme di cui sono soci anche Unicredit e Banca Intermobiliare, Giovanni Cacace, la famiglia Marsiaj, il re del fitness Nerio Alessandri. Charme (di cui si occupa il figlio Matteo) voleva essere il punto di aggregazione del Made in Italy di qualità ma si è arenato sul «cachemire a losanghe» della Ballantyne.

    Diego della Valle Montezemolo Italo Diego della Valle Montezemolo Italo

     

    Per rimediare è stato necessario vendere Poltrona Frau cui facevano capo altre due griffe dell’arredamento di marca come Cassina e Cappellini. Un’operazione che ha segnato la definitiva capitolazione di Montezemolo sulla barricata del Made in Italy. Aveva più volte ripetuto che era sua intenzione creare un polo di eccellenza del lusso italiano. Un sistema, tanto per capirci, costruito sul modello francese di Lvmh o del gruppo Pinault.

     

    Un esperimento naufragato subito a conferma che in Italia il paradigma parigino non è ripetibile. Ci aveva provato nella seconda metà degli anni ’90 la famiglia Romiti con la soluzione decisamente pasticciata di Hdp che metteva insieme Fila, Valentino e Gft sotto la protezione di Rcs-Corriere della Sera. Era durata poco. L’esperienza di Charme ancora meno. Le perdite sono salite a oltre 52 milioni a fine 2013 rispetto al rosso accumulato di 43,5 milioni dell’anno precedente.

    isabella seragnoli isabella seragnoli

     

    A provocare il disastro è stata Ballantyne finita in liquidazione. Per salvare il marchio, Montezemolo ha costituito in Lussemburgo il veicolo Milex International affidato a Diego Bolzonello ex ad di Geox e a Fabio Gatto, un agente di moda molto attivo nel Triveneto. Ora sperano nel rilancio per non lasciare quel che resta del polo del lusso impiccato ad una corda, benché di cachemire.

     

     

    2. ROSSA DI SPESE E DI SCONFITTE

    Matteo Spaziante per "Libero Quotidiano"

     

    Una scuderia Ferrari in stile Massimo Moratti. Come l’ex patron dell’Inter nei primi anni duemila, infatti, la squadra di Maranello in Formula 1 sta investendo cifre elevate senza riuscire a portare a casa nulla. Nonostante spesso abbia avuto il budget più alto dell’intero circus, il titolo manca in Italia addirittura dal 2008 (quello piloti dal 2007) e nelle ultime stagioni la competitività è andata sempre di più in calando.

     

    NERIO ALESSANDRI PRESIDENTE TECHNOGYM NERIO ALESSANDRI PRESIDENTE TECHNOGYM

    I numeri parlano chiaro: dal 2011 ad oggi sono state solamente sei le vittorie di una rossa, tutte targate Fernando Alonso, l’ultima delle quali più di un anno fa (a Barcellona nel maggio 2013). Trionfi in singole gare decisamente costosi, se rapportati agli ingenti investimenti. Il budget della squadra infatti in queste stagioni ha superato il miliardo di euro, fermandosi poco sopra la cifra tonda.

     

    Andando in ordine, la Ferrari ha stanziato circa 200 milioni per il 2011, 300 milioni annui per il 2012 e il 2013, infine oltre 400 per la stagione attualmente in corso. Il totale parla di 1,2 miliardi utilizzati per la gestione sportiva, una cifra ovviamente non sperperata ma totalmente coperta con sponsor, premi e altro ancora. Nonostante questo, però, il fallimento è evidente: a Maranello sono stati spesi 200 milioni per ogni singola vittoria, poco meno di un milione per ogni punto conquistato (ad oggi 1291) dai vari Raikkonen, Massa o Alonso.

     

    Fernando Alonso Disperazione Fernando Alonso Disperazione

    E pure lo stipendio dell’asturiano inizia a far storcere il naso, visto che porta a casa circa 22 milioni annui senza riuscire a far cambiare rotta alla scuderia (pure Schumi guadagnava molto, ma con le sue indicazioni trasformarono il “cancello” di metà anni ’90 in una vettura dominatrice). I soldi per i piloti (o almeno il primo pilota) restano comunque abbastanza ben utilizzati.

     

    Al contrario ad esempio quelli per la galleria del vento di Maranello, spesso causa delle difficoltà della vettura in pista, tanto che la Ferrari si è dovuta recare più di una volta a Colonia per utilizzare quella della Toyota. In questo desolante quadro, reso ancora più amaro dal secco “no” di Alonso alla domanda «la Ferrari potrà vincere un gp nell’ultima parte di stagione?», la scuderia comunque è tornata al lavoro ieri.

    kimi raikkonen FERRARI kimi raikkonen FERRARI

     

    Raikkonen ha lavorato al simulatore sul circuito di Sochi, sede della gara del 12 ottobre, mentre si prosegue nel tentativo di sviluppo della disastrosa F14T per recuperare il gap sugli avversari. Impresa impossibile, verrebbe da dire. Anche spendendo un miliardo di euro.

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