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    “ANDIAMO A COMANDARE? AI DISCOGRAFICI NON PIACEVA. TUTTI O QUASI MI RISPONDEVANO: ‘MA CHE È STO SCHIFO?’” – ROVAZZI E "L’ANTITORMENTONE" ESTIVO CON ORIETTA BERTI AMBIENTATO NELLE BALERE. “QUANDO ERAVAMO A SANREMO, ORIETTA MI HA CHIESTO: ‘INVENTATI QUALCOSA PER ME’. E IO…” - NEL VIDEO ALDO, GIOVANNI E GIACOMO E C’E’ ANCHE DILETTA LEOTTA IN DOLCE ATTESA – VIDEO


     
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    Estratto dell'articolo di Paolo Giordano per il Giornale

     

    ORIETTA BERTI FABIO ROVAZZi 33 ORIETTA BERTI FABIO ROVAZZi 33

    Più che un tormentone, è l’anti-tormentone. Nella Discoteca italiana di Rovazzi e Orietta Berti ci sono più fisarmoniche che elettronica, più vintage che modernità a tutti i costi, più trattoria e meno sushi, insomma è un brano controtendenza e per questo funzionerà. «Quando eravamo a Sanremo, Orietta mi ha chiesto: “Inventati qualcosa per me”», dice lui. «Vero - risponde lei- mentre cantavamo Parole parole tutti hanno notato che le nostre due voci stavano bene insieme».

    E così è stato.

     

    La discoteca italiana è da oggi su tutte le piattaforme digitali pronto a giocarsi il posto tra i brani dell’estate grazie a un ritornello lento che prima o poi si appiccica alla memoria e grazie a un «concept», a un’idea che è «Rovazzi style», ossia monumentale, complicata ma in fondo semplicissima. In questo caso, la riscoperta del mondo delle balere, forse la realtà più snobbata della musica popolare italiana ma anche una delle più uniche e socialmente formative del nostro Dopoguerra.

     

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    «Io sono nato nel 1994 e quindi per mia ignoranza associavo la balera a un target di anziani e basta», spiega Fabio Rovazzi seduto in mezzo a laptop, mixer e schermi digitali. «Ma no risponde Orietta Berti al telefono da un treno vicino a Firenze - nelle discoteche ci vanno i giovani nelle balere incontri anche trentenni o quarantenni. Io nella mia carriera ne ho fatte tante, tantissime, ricordo sempre quella di Madame Sisi, l’Art di Desenzano del Garda, dove l’anno scorso mi hanno celebrato tante drag queen vestite con i miei abiti di Sanremo.

     

    Che effetto vedere tutti quegli uomini altissimi, molto più alti di me ma vestiti come me. Lo conosce vero Madame Sisi, che tutti i giorni si chiama Carlo e sembra un tipico industriale del bresciano ma poi alla sera si trasforma? Un specie di Dustin Hoffman che si traveste e diventa un altro». Tra Orietta Berti e Rovazzi ci sono 51 anni di differenza: lui ne ha 29, lei 80 appena compiuti ma «in realtà sono 60 di carriera e solo 20 di età perché io mi sento una ventenne», e in effetti chi ferma più. «La discoteca è una medicina, e ballare fa pure bene alla salute».

    ORIETTA BERTI FABIO ROVAZZI ORIETTA BERTI FABIO ROVAZZI

     

    Di certo questo brano diventerà un caso perché è «altro», esce dal tipico coro estivo ed è accompagnato da un minifilm nel quale spuntano Aldo Giovanni e Giacomo come manager discografici (Giovanni è idealmente nel ruolo di Alessandro Massara, presidente della Universal) che immaginano per lui un brano con Orietta Berti e un tour in giro per sagre, fiere di paese, cerimonie, ristoranti, battesimi, «baby shower» e «gender reveal» partenopei.

     

    Da lì parte un improbabile tour che passa anche da Crazy Pizza di Flavio Briatore, da una balera piena di anziani che ballano sotto il palco dell’Orchestra Casadei e finisce che il «gender reveal» di Diletta Leotta davanti a Rovazzi e Berti travestiti da neonati.

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    «Una cosa talmente kitsch che diventa persino chic» dice Orietta mentre Rovazzi racconta di come ha convinto Diletta Leotta, che è in attesa di un figlio, a partecipare al video: «Ti prego, lo so che è super trash, ma tu saresti perfetta». Alla fine dell’esibizione, la manager del duo (che è in realtà la conosciutissima ufficio stampa Elisabetta Soldati) fa i conti degli spiccioli raccolti con la serata. «E mai una volta che ci chiamano a Ibiza, sempre alla Balera dell’Ortica» recita un verso del brano.

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    La Balera dell’Ortica esiste davvero, è in zona Lambrate a Milano e, come spiega Rovazzi, «ci vanno tanti personaggi conosciuti e io ci voglio tornare». Insomma, il brano è una storia, anzi un copione, ed è stato scritto da Gabry Ponte: «Quando me lo ha fatto ascoltare, non ero molto convinto. Poi mi sono accorto che, quando andavo a dormire, quel ritornello mi risuonava sempre nella mente e allora ho detto ”wow“».

     

    Forse è all’apparenza meno radiofonico di altri, ma potrebbe diventarlo proprio seguendo l’esempio del primo vero successo di Rovazzi, Andiamo a comandare del 2016: «Quando lo facevo sentire per la prima volta ai discografici, tutti o quasi mi rispondevano: “Ma che è sto schifo? È fuori linea”. Dopo qualche tempo lo cantavano tutti». Magari accadrà anche con La discoteca italiana, basta aspettare qualche settimana.

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