Igor Pellicciari
Igor Pellicciari, Università di Urbino, Università MGIMO Mosca per Dagospia
Il RussiaGate è oramai pietra filosofale delle cronache internazionali in Occidente.
Quando la situazione diventa inspiegabile perché le narrazioni si incrociano e contraddicono – ecco che viene evocato il RG-factor come un postulato ermeneutico finale.
Una sorta di scia chimica delle relazioni internazionali che chiude la discussione e pazienza che a furia di ripeterlo è passato in secondo piano se le premesse che lo hanno generato siano se non vere – almeno credibili.
hillary clinton donald trump il town hall
Siccome nel provincialismo italiano i trend internazionali (a parte quelli della moda e della cultura, dove vi è un innegabile primato) vengono importati con un certo ritardo – ecco che adesso tocca a Roma districarsi in una trama intitolata alla Russia ma i cui Attori principali sono tutti (ma proprio tutti) Occidentali.
donald trump alla casa bianca con sergei lavrov e sergei kislyak
Ad oggi si è convinti che il Russiagate sia stata una azione di interferenza Russa nelle ultime elezioni presidenziali americane con lo scopo di facilitare una vittoria di Trump, preferito a Mosca rispetto alla Clinton.
Per chi segue le dinamiche interne al Cremlino, già questa premessa è poco credibile.
vladimir putin donald trump
Da alcuni anni a Mosca al centro dell’azione di governo vi è l’èlite diplomatica, vera punta di diamante della funzione pubblica. Passati attraverso una lunga e rigorosa formazione interna, i Diplomatici russi lasciano poco spazio all’improvvisazione e seguono quasi meccanicamente alcune regole di base – tra cui quella di preferire il “Devil-you-know” (il Diavolo che conosci) all’”Un-guided-missile” (il missile imprevedibile).
HILLARY PUTIN
Data ovunque all’epoca per scontata la vittoria della Clinton – la Diplomazia Russa ha iniziato a prepararsi minuziosamente all’ipotesi di una Presidenza di Hillary, di cui (probabilmente anche con un uso dell’intelligence – iniziato però da molto prima, da Bill Clinton) conosceva molto bene i punti deboli, raccogliendo sembra un dossier consistente sui suoi punti oscuri e conflitti di interesse.
HILLARY TRUMP PUTIN
Per la Russia sarebbe stata auspicabile una Presidenza Clinton in modalità lame duck (anatra-zoppa) minata da numerosi scandali (politici, professionali, familiari) a rilascio progressivo, indebolita dal sospetto di una vittoria scippata a Sanders prima e a Trump poi. Questa prospettiva lasciava intendere una Clinton condizionabile, con un rapporto con la Russia duro di facciata ma con ampissimi spazi di negoziazione dietro le quinte e potenziali concessioni al Cremlino in Siria ed Ucraina.
vincenzo scotti frattini mifsud
Di Trump piacevano ovviamente le prese di distanza dalla Russofobia ai limiti dell’isteria Occidentale (anche se questa alla fine fa il gioco facile del mainstream russo nel compattare la propria opinione pubblica interna) – ma per il resto il tycoon americano e soprattutto il suo team di politica estera erano considerati come delle variabili imprevedibili, totalmente sconosciute e quindi rischiose.
mifsud frattini ayad
Se azione di intelligence vi è stata, questa non è stata per favorire una vittoria di Trump ma per indebolire e rendere condizionabile una Clinton la cui vittoria era data per scontata e, tutto sommato, gestibile da parte russa.
Non si spiegherebbe altrimenti perché dopo lo shock del risultato presidenziale il Ministero degli Affari Esteri Russo, preso in contropiede, cercò precipitosamente nell’accademia Russa analisti esperti di Trump, di cui era totalmente sprovvisto al proprio interno, a fronte di decine di esperti di Hillary – oramai inutili.
joseph mifsud vincenzo scotti
L’altro aspetto poco credibile di questo copione che spesso sconfina in veri e propri spy movies non è tanto la trama – quanto i suoi Attori.
Da Savoini a Mifsud emergono in questi mesi con maggiore frequenza alle cronache una serie di personaggi che più che Agenti professionali dei servizi, sembrano dei lobbisti freelance animati da un ingenuo quanto sorprendente protagonismo, cui ad un certo punto (per dirla alla Dagospia) scappa la frizione e che cadono (o peggio - vengono catapultati) in un gioco più grande di loro, da cui vorrebbero uscire ma non sanno come, perché non ne hanno l’esperienza necessaria.
franco frattini con joseph mifsud
Senza volere rischiare di azzardare previsioni oggi che lo scoop di domani potrebbe smentire – ci limitiamo a dire che è altamente improbabile che sia reclutato come Agente del Cremlino chi non parla nemmeno una parola di Russo – a maggior ragione se ha anche un passaporto britannico e dirige a Londra una (simil) accademia di Studi diplomatici.
salvini savoini
Di certo Mifsud a Mosca è stato ospite del Valdai, prestigioso think thank filo-governativo ma con una totale vocazione di apertura verso ospiti internazionali. Più di frequente si è recato a visitare o tenere seminari presso la Facoltà di Processi Globali della Università Statale di Mosca sotto l’egida del grande Yuri Sayamov, che per inciso è anche la principale controparte in Russia della Link University. Si tratta di rispettabilissime istituzioni universitarie russe ma troppo visibili, accessibili da studenti non russi e quindi – tradizionalmente - tutt’altro che luogo di contatto discreto\sicuro di intelligence internazionale via canali accademici. Soprattutto per un sistema di intelligence Russo che ancora fa della ritualità istituzionale e della invisibilità nell’azione - un tradizionale marchio di fabbrica.
mifsud vincenzo scotti gennaro migliore
Ne’ deve stupire la facilità con cui questi ed altri interlocutori occidentali moderati (leggasi, non russofobici) vengono di questi tempi ripetutamente invitati come merce rara a Mosca in conferenze internazionali che altrimenti verrebbero disertate dall’Occidente in periodo di sanzioni economiche, ma con dolorose ricadute culturali.
joseph mifsud vincenzo scotti
Da questo a dire che costoro – per quanto spesso si rechino a Mosca - siano degli Agenti della Russia, ce ne passa.
Nel caso di Mifsud, sembra più probabile che si tratti di un lobbista freelance in una prima fase lusingato dal prestigio di essere al centro di incontri e “rivelazioni” - e poi usato come utile ed ignaro capro espiatorio di un complesso gioco degli specchi di un azione di spionaggio o – meglio- di controspionaggio.
vladimir putin brinda con giuseppe conte e salvini con savoini sullo sfondo
Al massimo, dunque, si tratta dell’ennesima Spia senza (preparazione di) intelligence.