i tweet strafottenti dell ambasciata russa di londra
DAGONOTA - L’ambasciata russa a Londra prende per il culo i leader occidentali con due sondaggi. Il primo chiede: “Se dobbiamo fidarci della dichiarazione di Boris Johnson (che cancella la visita a Mosca e promette di liberare la Siria da Assad, ndr), Rex Tillerson consegnerà un ultimatum da parte del G7 alle autorità russe durante la sua visita la prossima settimana. Quali sono i risultati probabili? a) una guerra di pagliacci; b) una guerra di muse; c) una guerra convenzionale; d) un mix di queste”.
Il secondo va giù ancora più pesante: “Se un ultimatum del G7 alla Russia ci porta a una vera guerra, qual è il vostro grado di fiducia in Trump come Presidente in tempo di guerra e in Boris Johnson come suo vice? a) pienamente fiducioso; b) fiducioso; c) più o meno fiducioso; d) sconfortato”.
i tweet strafottenti dell ambasciata russa di londra
Ieri, a due giorni dall’attacco statunitense contro la base dell’aviazione siriana di Shayrat, i paesi alleati del governo di Damasco hanno emesso un comunicato congiunto: “L’aggressione contro la Siria supera tutte le linee rosse – si legge nella nota di Russia, Iran e Hezbollah – Reagiremo fermamente ad ogni aggressione contro la Siria e ad ogni violazione delle linee rosse, chiunque le compia. Gli Stati Uniti conoscono molto bene la nostra capacità di reazione”.
Nel comunicato Mosca, Teheran e il movimento sciita libanese accusano Washington di aver agito unilateralmente prima che un’inchiesta chiarisse quanto accaduto una settimana fa a Khan Sheikun e senza attendere l’approvazione delle Nazioni Unite. E minacciano la Casa Bianca: aumenteremo, dicono, il nostro sostegno militare a Damasco.
vladimir putin con hassan rohani
Da New York risponde Nikki Haley, ambasciatrice Usa all’Onu, e volto dell’aggressione statunitense: è a lei che Trump ha affidato la prima minaccia di attacco alla Siria. Alla Cnn, ieri, Haley ha paventato l’assenza di una soluzione pacifica fino a quando Assad resterà presidente. Un capovolgimento totale rispetto alle posizioni espresse due settimane fa, di apertura all’attuale presidente siriano: “Non c’è alcuna possibilità che una soluzione politica si realizzi con Assad alla testa del regime. Il cambiamento di regime è qualcosa che pensiamo avverrà”.
donald trump sull air force one con il generale hr mcmaster
Molto più morbido il segretario di Stato Tillerson, figura al momento piuttosto evanescente che ieri insisteva nell’indicare nella lotta all’Isis la priorità degli Usa: “È importante mantenere le nostre priorità – ha detto – Una volta che la minaccia dell’Isis sarà ridotta o eliminata, penso che potremo volgere l’attenzione alla stabilizzazione della situazione siriana”.
Una differenza di visioni, almeno nell’immediato, che svela le fratture interne all’amministrazione Usa in politica estera e la volatilità delle reazioni del presidente Trump. Soprattutto a seguito di un attacco, quello di Khan Sheikun, su cui nessuno aveva ancora indagato. Una politica da vendicatore solitario che annulla il ruolo della comunità internazionale. A poco, dunque, serve un Tillerson pompiere che – in vista della visita di domani a Mosca – insiste nel dire che “i russi non erano target di questo particolare raid”.
donald trump elicottero
Chi esce rinvigorito dall’intervento di Trump, ma solo in apparenza, è il presidente turco Erdogan che dopo mesi di melina torna verso Washington. Ankara ha presto abbandonato la posizione – chiaramente poco sincera – che l’ha condotta a riavvicinarsi alla Russia dopo un anno di gelo, ovvero l’accettazione della permanenza di Assad al potere almeno nel primo periodo di transizione.
Ma Erdogan cerca di mantenersi neutrale, nonostante le dichiarazioni pesanti a sostegno del raid espresse nei giorni scosi: ieri il suo ministro degli Esteri Cavusoglu ha tentato un difficile equilibrio, contradditorio: “Abbiamo accolto con favore il raid Usa contro il regime di Bashar al Assad, ma allo stesso tempo siamo interessati a proseguire i negoziati per arrivare ad un cessate il fuoco nell’ambito di quanto pattuito nei colloqui di Astana. Non c’è nessuna contraddizione”. E invece c’è, visto il sostegno che Mosca e Teheran, sponsor insieme ai turchi di Astana, garantiscono al presidente siriano e visto che naturale partner di quel cessate il fuoco è proprio Assad.
libano Hezbollah