Angelo Allegri per “il Giornale”
In principio era Merkozy, crasi giornalistica per indicare la coppia Merkel-Sarkozy. Poi, cambiato l' inquilino dell' Eliseo, l' idillio è continuato: François (Hollande) e Angela hanno filato per anni d' amore e d' accordo.
hollande merkel
E ieri l' asse franco-tedesco, motore primo della Ue in generale e delle misure anticrisi in particolare, ha vissuto una giornata particolare, con i francesi impegnati in un cambio della guardia simbolico in diretta da Berlino: Hollande nella capitale tedesca per celebrare la fine della seconda guerra mondiale e poi in serata ospite della cancelliera per un incontro d' addio; lo staff di Macron che annuncia il primo viaggio internazionale del neo presidente. Da Angela, ça va sans dire.
Kohl Mitterrand
È la storia dell' Europa fatta relazione personale: Adenauer-Schumann, Giscard-Schmidt, Kohl-Mitterrand. E il problema non è il direttorio tra le rive opposte del Reno. Anzi. Il problema è che negli ultimi anni il tandem ha combinato poco e quel poco pure sbagliando.
Dal punto di vista tedesco l' ostacolo è stata la paralisi in cui Hollande, leader dimezzato da livelli storici di impopolarità, ha precipitato il suo Paese. Travolto da una débâcle dopo l' altra sul piano interno, evidentemente incapace di rivitalizzare l' economia, al presidente francese non è rimasta altra scelta che sedersi sulla poltrona del passeggero e lasciare il volante europeo nelle mani della Merkel.
MACRON MERKEL
I rapporti di forza non hanno pregiudicato quelli personali e a testimoniarlo è lo stesso presidente uscente: nel libro pubblicato in autunno, in cui ha parlato male dell' universo mondo, seppellendo definitivamente le residue speranze di ricandidatura, le uniche parole dolci le ha riservate alla Cancelliera: «Seria, intelligente, sempre attenta alla ricerca dell' equilibrio, mai autoritaria».
La simpatia personale, però, non basta. Ora si volta pagina e la novità rappresentata da Macron potrebbe rappresentare una svolta. Anche se qualche punto di frizione potenziale è in realtà già emerso. In campagna elettorale il neo-presidente ha spesso definito «non più sostenibile» il surplus della bilancia commerciale tedesca, invitando i politici di Berlino a una politica di maggiori investimenti per contribuire al rilancio dell' economia continentale.
juncker merkel
Le sue parole d' ordine pro-europee, che presuppongono un rafforzamento dei poteri fiscali dell' Unione, si scontrano con le esigenze del governo tedesco, che almeno fino a settembre deve cercare di non scoprire il fianco agli slogan sovranisti di Alternative für Deutschland. E a sottolineare la distanza tra le politiche economiche dei due Paesi è stato lo stesso presidente della Comissione Ue Juncker, sempre attento alle preoccupazioni di bilancio tedesche: «I francesi spendono troppo e per la ragioni sbagliate», ha detto ieri in un' intervista.
Il rischio è che l' asse continui a essere sbilanciato come negli ultimi anni. E il pensiero corre alla madre di tutti gli «sfondoni» dell' Europa impegnata nella lotta alla grande recessione, quello concepito durante la passeggiata solitaria della Merkel e di Sarkozy sulla spiaggia di Deauville. Era l' ottobre del 2010 e in quel tête à tête immortalato in lontananza dai fotografi, il direttorio franco-tedesco prese la decisione destinata a spalancare le porte ad anni di turbolenze.
Sarkozy e Merkel sul lungomare di Deauville
In una fase in cui la crisi sembrava ancora gestibile, la Merkel, preoccupata di dover intervenire a salvare qualche partner europeo, proclamò il principio del «coinvolgimento del settore privato». In pratica: nessuna solidarietà. Chi aveva comprato bond di un Paese in difficoltà doveva pagarne le conseguenze. Sarkozy cercò di opporsi poi, come al solito, cedette.
MARIO DRAGHI E ANGELA MERKEL
Mario Draghi, presidente della Bce, ha definito quel momento «la Lehman Brothers europea». Come il fallimento della banca d' affari Usa aveva dimostrato la vulnerabilità del sistema finanziario d' Oltreoceano, così la dichiarazione di Deauville mise nero su bianco che uno Stato poteva fallire e che le sue banche non sarebbero state aiutate. Gli spread esplosero, i capitali internazionali abbandonarono i Paesi periferici, la recessione infierì. I cerotti li portiamo ancora addosso.