1- S'INCASINA ANCOR DI PIÙ LA RIFFA PER IL NUOVO PRESIDENTE DI UNICREDIT - "FURBIZIO" PALENZONA SI INVENTA PACIERE TRA I DUELLANTI NAGEL E PERISSINOTTO
È bello vedere un banchiere che sorride radioso quando annuncia che i conti 2011 del suo istituto si sono chiusi con un buco di 9,2 miliardi. È bello perché manda a gambe all'aria il luogo comune secondo il quale quando un qualsiasi imprenditore sconfina nella linea di credito e chiude il suo bilancio con una piccola perdita, perde letteralmente il sonno, picchia la moglie, dimentica l'amante, chiude i bambini nel frigorifero e cerca una corda per impiccarsi.
La finanza creativa e distruttiva ci ha insegnato che non bisogna perdere la calma e che con l'aiuto dei giornali compiacenti e dei comunicatori strapagati, quello che agli sciocchi sembra un disastro può apparire il segno di una resurrezione.
È questa la riflessione che facevano ieri gli uscieri di Unicredit a piazza Cordusio quando Federico Ghizzoni, il 57enne manager piacentino ha presentato i risultati dell'ultimo esercizio. Lo ha fatto con il volto disteso e sorridente che a dire il vero si porta sempre addosso, e con la coscienza di aver usato la scopa per una pulizia che riguarda il passato dove protagonista era quell'Alessandro Profumo che sta per salire sulla plancia di comando di MontePaschi.
Sede UnicreditI primi segni della resurrezione danno comunque ragione a Ghizzoni che dopo l'aumento di capitale di 7,5 miliardi ha già registrato nel quarto trimestre un utile di 114 milioni superiore alle attese del mercato. Da qui la soddisfazione che trasudava ieri durante la presentazione dei risultati, mentre più mesta era l'aria dei top manager che gli stavano accanto. A renderli meno gaudenti è stato forse l'annuncio che il board della banca ha deciso che non ci sarà alcun premio di fine anno per i primi otto alti dirigenti, e anche se Ghizzoni non l'ha detto è probabile che qualcuno di loro (si parla con insistenza di Paolo Fiorentino) verrà sollevato dal suo incarico.
Adesso l'attenzione è interamente concentrata sulla battaglia per la presidenza dell'Istituto che il tedesco Dieter Rampl ha lasciato pur conservando lo strapuntino nel consiglio di amministrazione di Mediobanca. La partita non è affatto chiusa e ogni giorno che passa allunga il rosario dei candidati che potrebbero sostituirlo. Gli uscieri di piazza Cordusio sono piuttosto allibiti per la metodologia che il buon Ghizzoni e i consiglieri di Unicredit hanno innescato per scegliere un uomo che alla luce degli ultimi movimenti nell'azionariato, avrà comunque un ruolo di rappresentanza.
DIETER RAMPLLa decisione di affidare ai cacciatori di teste il compito di individuare la magnifica preda per la poltrona più alta, è apparsa bizzarra sin dall'inizio, ma adesso sta diventando un problema ancor più complesso. Sembra infatti che al di là dell'elenco dei candidati ideali (sui quali quel sito disgraziato di Dagospia ha piazzato per primo e già da tempo il nome di Gian Maria Gros Pietro, caro al cuore di Palenzona, quindi non apprezzato dalla minoranza), sia scoppiata una grana tra Spencer Stuart ed Egon Zehnder, le due società di headhunter che senza badare a spese Unicredit ha scatenato per trovare l'alternativa al tedesco Rampl.
Scrive il quotidiano "MF" che Spencer Stuart abbia inviato una lettera ai consiglieri di amministrazione di Unicredit per denunciare il conflitto di interessi del colosso internazionale Egon Zehnder. La ragione andrebbe cercata nel fatto che oltre ad aver ricevuto un mandato esplorativo da Unicredit, Egon Zehnder è stata attivata da Assogestioni per selezionare i candidati da inserire nella lista di minoranza in vista dell'Assemblea che Unicredit terrà ai primi di maggio per rinnovare l'intero board.
GIAN MARIA GROSS PIETRO - copyright pizziForse qualche manina (lo dice anche "MF") ha sollevato questo problema per incasinare ancora di più una procedura già di per sé piuttosto anomala, ma ispirata comunque dalla voglia di "liberare" la banca dalle pressioni della politica e delle fondazioni.
E qui il pensiero degli uscieri va subito al ruolo del massiccio vicepresidente Fabrizio Pallenzona e alle sue ambizioni di aggiungere alla collezione delle cariche anche quella della presidenza di Unicredit. In realtà arrivano segnali precisi che l'ex-camionista di Novi Ligure ha spostato definitivamente il tiro su un altro obiettivo: le Generali di Trieste dove tra un anno potrebbe prendere il posto del conte sabaudo e perennemente abbronzato Gabriele Galateri di Genola.
Nel suo sogno di piazzarsi al centro del palcoscenico finanziario come il nuovo Geronzi, il buon Pallenzona sta tessendo una fitta tela di rapporti sull'asse che va da Mediobanca alle Generali. Per quanto si sforzi di muoversi con la leggerezza di una ballerina i suoi movimenti tra il pallido Alberto Nagel e Perissinotto (per gli amici Perissirotto) stanno lasciando tracce visibili.
In questa fase Pallenzona da vecchia volpe democristiana lavora affinché i due personaggi mettano fine a quella che ormai appare una contrapposizione frontale tra i due galli: il bocconiano Nagel e il "polizzaro" Perissinotto che ieri ha annunciato di aver guadagnato nel 2011 la miserabile cifra di 2,35 milioni rispetto ai 3,41 dell'anno precedente.
GABRIELE GALATERIOrmai è cosa nota che per la presidenza al posto di Galateri, il pallido Nagel, dotato di una moglie bella e querula (amica di Jonella Ligresti), ha in serbo la carta coperta di Mario Greco, il 52enne manager ex-McKinsey che dall'ottobre 2007 guida la compagnia di assicurazione Zurich. Ma sulla testa di Nagel pencola l'attuale bordello della famiglia Ligresti, tra conti off-shore e voli in elicottero per fare shopping, oltre al fagtto che la Procura di Milano ha sempre stimato Renato Pagliaro, il vero erede di Maranghi.
Agli uscieri di Unicredit questa battaglia personale di Pallenzona interessa fino a un certo punto. Per loro il problema principale rimane quello della presidenza di piazza Cordusio che si dovrà risolvere entro e non oltre il 16 aprile in modo da arrivare all'Assemblea della banca dei primi di maggio. Al di là delle schermaglie tra i cacciatori di teste si tratta di capire se gli azionisti vecchi e nuovi riusciranno a mettersi d'accordo senza indulgere a un totonomine che rischia di compromettere l'immagine dell'istituto.
L'ultimo rumor arriva ancora dal quotidiano "MF" che aggiunge ai nomi di Gros Pietro, Tantazzi, Vita e Siniscalco, quello di Paoletto Scaroni, l'amministratore delegato dell'Eni che sembra desideroso di fare una nuova esperienza.
2- È INIZIATA L'ORA DELLE PULIZIE IN FINMECCANICA. SI TRATTA DI VEDERE SE IL MANICO DELLA SCOPA RESTERÀ NELLE MANI DI ORSI
Anche Giuseppe Orsi, l'attuale comandante supremo di Finmeccanica, aveva l'aria distesa e sorridente quando ieri sera dopo le 19 ha annunciato che il suo gruppo nel 2011 ha perso 2,306 miliardi di euro.
È inutile a questo punto porsi la domanda altamente filosofica: "che cazzo ti ridi quando la tua azienda è riuscita nell'arco di un anno a creare una voragine di queste dimensioni?". Per avere la risposta non c'è bisogno di leggere le 21 pagine del comunicato diffuso ieri sera dal mite capo ufficio stampa Marco Forlani e dalla folta pattuglia dei comunicatori, perché Orsi, sempre sorridente, ha detto che le perdite sono da attribuire a "fenomeni eccezionali e oneri non ricorrenti". Poi ha aggiunto alla stregua di quanto aveva fatto poche ore prima il roseo Ghizzoni in Unicredit, che questo bilancio è un "punto di partenza".
Gli stessi concetti saranno ripetuti oggi nell'incontro con gli analisti ai quali Orsi si guarderà bene di ricordare che la perdita di 2,306 miliardi era stata annunciata con esattezza assoluta oltre un mese fa da quel sito disgraziato di Dagospia.
ALBERTO NAGEL - copyright PizziLa Pasqua si avvicina e l'uovo di Finmeccanica non è di cioccolato soltanto amaro, ma anche di prospettive interessanti. Il portafoglio ordini supera i 46 miliardi, l'indebitamento finanziario è di 3,4 miliardi e la strategia industriale (sulla quale manca ancora un vero piano) tende a circoscrivere il perimetro d'azione di Finmeccanica ad alcuni settori (aeronautica, elicotteri e elettronica per la difesa) inaugurando una stagione fruttuosa con la cessione, parziale o totale, di alcuni asset. Tra questi dovrebbero avere precedenza assoluta Ansaldo Breda e Ansaldo Energia, che fanno gola rispettivamente ai giapponesi di Hitachi e alla tedesca Siemens.
Forse i commissari della Consob dovrebbero accendere un piccolo faro sul rimbalzo del 10% di ieri mattina del titolo Finmeccanica quando si è diffusa la voce di un interesse dei giapponesi per Ansaldo Breda, perché nelle parole pronunciate ieri sera da Orsi ("no comment") e nei flash di agenzie importanti come la Reuters, sembra che questo interesse del Sol Levante sia legato soltanto a colloqui che per adesso non hanno avuto alcun riscontro nel Paese dove Mario Monti è in visita.
Resta il fatto che anche oggi la Borsa, di fronte al disastro di un bilancio in profondo rosso, sembra premiare la voglia di resurrezione del cattolico che con eleganza e molta opportunità ha evitato di scaricare sulla coppia Guarguaglini-Grossi la causa delle perdite miliardarie.
Anche a piazza Monte Grappa come a piazza Cordusio è iniziata l'ora delle pulizie. Si tratta di vedere se il manico della scopa resterà nelle sue mani e in quelle degli amici della Lega e di Comunione&Liberazione che sono rimasti il suo ultimo puntello politico.
3- "L'AUTOCRITICA" DI ROCCO SABELLI
Le hostess dell'Alitalia si sono divise in due grandi categorie.
Le più carine stanno facendo un tifo sfrenato per Andrea Ragnetti, il 52enne manager perugino che ha preso in mano la cloche della Compagnia. Ormai lo definiscono il "George Clooney della Magliana" e non smettono di ricordare alle loro colleghe che quando ha lavorato alla Philips di Amsterdam con un compenso di 1,1 milioni ha avuto la straordinaria idea di lanciare sul mercato 3 vibratori con il celebre marchio olandese.
Le più anziane e meno carine si sono inumidite per la lettera davvero commovente con cui Rocco Sabelli ha salutato i dipendenti prima di lasciare la sua poltrona.
Quando un top manager lascia una grande società si tiene conto del modo con cui abbandona il timone. C'è chi lo fa in modo arrogante sbattendo la porta con una paccata di milioni (Alessandro Profumo) e c'è invece chi affida agli avvocati il compito di trattare l'uscita alle condizioni migliori (Cesarone Geronzi).
1 mario greco lapresseÈ raro che qualcuno si lasci alle spalle un messaggio affettuoso nei confronti del personale, e ancora più rara è l'autocritica. Rocco Sabelli, l'ingegnere di Agnone, ha dato invece una dimostrazione di grande stile e lo ha fatto ieri con un'email in cui esprime un grande rammarico per le cose "che non sono riuscito a fare". Tra queste in primo luogo il superamento dei pregiudizi di una parte dell'opinione pubblica sull'operazione Fenice concepita dalla mente fertile di Corradino Passera, che avrebbe dovuto essere più convincente per guadagnare simpatia nei momenti di difficoltà.
RENATO PAGLIAROA questo rimpianto si aggiunge l'ammissione di aver mancato il pareggio operativo, "seppur di poco e nonostante gli sforzi", e di non aver concretizzato l'operazione di merger societario con Air France-Klm. Le hostess meno carine spargono lacrime e vorrebbero abbracciare quest'uomo dalla testa calva ma di forte contenuto erotico che un totonomine un po' folle candida alla guida della Rai. A consolarle è lo stesso Sabelli che dice: "spero, comunque, di potermi sentire sempre a casa mia ogni volta che in futuro volerò con Alitalia".
Grazie Rocco!, grazie per quello che hai fatto non per colpa tua ma per quel genio da statista di Corradino Passera che ha scaricato nelle tasche degli italiani il costo pazzesco di un salvataggio che si poteva evitare.
4- MASSIMO TONONI SALE: DA BORSA ITALIANA AL CONFLITTO DI INTERESSI (PRYSMIAN)
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che tra pochi giorni Massimo Tononi, il 48enne manager allevato all'Iri da Romano Prodi aggiungerà alla sua carica di presidente di Borsa Italiana un'altra medaglietta ben remunerata. Sembra infatti che la società Prysmian, colosso mondiale dei cavi di cui Tononi è già consigliere indipendente, stia per chiamarlo a coprire la carica di presidente al posto di Paolo Zannoni, uomo forte di Goldman Sachs in Italia.
Anche Tononi sa tutto della merchant bank più grande del mondo dove ha lavorato dopo la laurea alla Bocconi e dove è ritornato nel '96 come partner dopo la caduta del governo Prodi in cui ricopriva l'incarico di sottosegretario all'Economia. Negli ambienti della finanza e di Borsa Italiana conoscono il suo carattere ambizioso e sono convinti che non si sia posto minimamente il problema del palese conflitto di interessi nel momento in cui diventa presidente di una società quotata come Prysmian al listino di Piazza Affari".