Estratto dell'articolo di Silvia Bombino per www.vanityfair.it
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Sabrina Ferilli è persona precisa. Prima, fa filtrare che non ama parlare né di politica né di vita privata – «una frase può essere estrapolata dal contesto e scatta la polemica», dice. Replico, come sempre: farò tutte le domande, sceglierà lei se preferisce rispondere o meno. Il risultato è questa intervista, in cui non tace nulla, perché ama anche discutere, ragionare «sopra ogni cosa», come dirà.
Siamo in una pausa delle registrazioni del programma di Canale 5 Tú sí que vales [...] l’attrice arriva anche da due mesi passati a Ventotene, sul set di Un altro ferragosto, il seguito di Ferie d’agosto di Paolo Virzì. «Un regalo», e la voce si emoziona. È in effetti un grande flashback all’inizio della sua carriera, lunga, fatta di esperienze molto diverse, e che ha in Virzì uno spartiacque. Prima di lui, il debutto a 23 anni nel cinema in Caramelle da uno sconosciuto di Franco Ferrini, e piccole parti in film di Monicelli, Corbucci, D’Alatri, Squitieri, Bava dove si colloca anche un tappeto rosso al Festival di Berlino con Marco Ferreri e un inedito Gerry Calà drammatico. Poi il primo ruolo da protagonista in La bella vita dell’esordiente Paolo Virzì e la notorietà, entrambi trentenni.
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Seguono, in ordine sparso: le fiction Rai di enorme successo popolare come Commesse, l’avventura dell’Oscar con La grande bellezza di Paolo Sorrentino, cinepanettoni, spot, 15 anni al Teatro Sistina, sei nastri d’argento, sei ciak d’oro, un David speciale (con Sergio Mattarella che la definisce: «simpatica, trascinante, irresistibile»). Un premio, la Sacher di Nanni Moretti, ha tentato anche di mangiarselo: ma era di cartongesso, hanno dovuto rimandarglielo.
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C’è mai stato un ruolo che, mentre lo interpretava, le ha fatto dire: ma chi me lo ha fatto fare?
«Quando ho iniziato e avevo piccoli ruoli, non stavo a guardare tanto che parte facevo, perché dovevo lavorare, farmi le ossa, fare esperienza. Quindi ho lavorato per tre, quattro anni con la tv pubblica tedesca, la Zdf, e facevo un telefilm che si chiamava Inka Connection, in cui interpretavo un’investigatrice privata. Tantissime scene d’azione, in cui correvo, mi cimentavo in inseguimenti con la macchina, ma se c’è una cosa che odio è correre, e anche guidare. Poi con la mia fisicità… Mi vedete?».
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Anni dopo è arrivato Virzì, che rapporto ha con lui? Lui ha detto: «Sei come una sorella, anzi sei me con le tette».
Ride. «E per me è un fratello. C’è un rapporto importante, entrambi ci riconosciamo l’essere stati fondamentali in un momento chiave della nostra storia artistica, quel film, La bella vita, ci ha lanciato entrambi. Poi c’è stato subito dopo Ferie d’agosto».
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Suo padre Giuliano era un dirigente del Partito Comunista. È vero che fino a 20 anni è stata obbligata da lui ad andare a vendere L’Unità?
«Sì, siamo stati tutti coinvolti nell’attivismo di famiglia».
Si è definita donna di sinistra, ora politicamente dove sta?
«Eh eh». Ride. Sospira. «Ora è un problema».
È un grande dibattito?
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«Sì, perché oggi la sinistra si occupa di alcuni temi assolutamente importanti, come le discriminazioni, ma dovrebbe insistere anche su quelli più trasversali, come il lavoro, la sicurezza, la scuola».
Il Pd di Elly Schlein non le piace?
«È troppo radicale e fa fatica a convogliare l’interesse di tutti. Faccio l’esempio della scuola: l’Italia ha livelli di analfabetismo e di abbandono scolastico preoccupanti, non è stato fatto nulla e la sinistra è stata al governo per tanti anni. Se non coltivi le nuove generazioni, la cultura, come fai a far crescere il Paese? Ma mi viene in mente anche il diritto all’aborto: la sinistra, pur potendo, non ha mai affrontato il problema degli obiettori di coscienza, che di fatto rendono inapplicabile la legge 194. Poi c’è il tema del salario minimo, sacrosanto, una battaglia che solo ora è stata sollevata, un po’ in ritardo…».
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Ci sono state voci secondo cui il Movimento 5 Stelle voleva candidarla alla Regione Lazio.
«Non era vero, smentisco categoricamente».
Quando è stata eletta Giorgia Meloni ha scritto sui social, ironica: «Il treno viaggia in orario, nuova era». Dopo quasi un anno che ne pensa?
«È un capo di un governo di destra, e quello è, quello fa. Io sto a sinistra e su tanti temi sono molto distante. Dicono: è preparata. Ma che fosse preparata lo sapevo anche prima. L’errore della sinistra sotto elezioni e stato quello di dire: non votatela perché è fascista, invece di proporre alternative. I sondaggi la danno ancora ben salda, evidentemente la gente è soddisfatta. Ma faccio anche la tara di chi sono io…».
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Che cosa intende?
«Mi sono sempre ritrovata a sinistra anche quando non ero d’accordo per una montagna di miei pensieri che continuo a credere validi: una nazione che non è solo patria, l’accoglienza che non può essere razzista, il diritto di cittadinanza che deve essere dato a chi nasce e cresce qui.
Sono temi tuttavia che non sono interesse di tutti, perché a noi non ci manca di arrivare a fine mese, non ci mancano i soldi per farci curare dal medico privato o per mandare un nipote a una scuola privata. Faccio parte di una fascia, più piccola, di persone privilegiate: non perché lo sono non posso parlare, anzi, però le mie preoccupazioni “pesano meno” di quelle della maggioranza che vive le difficoltà tutti i giorni».
Nel 2005 aveva partecipato alla campagna per il referendum che chiedeva di togliere le limitazioni alla fecondazione assistita, ma non si raggiunse il quorum.
«Anche lì la sinistra ha sbagliato a non aver fatto capire, negli ambienti meno agiati, che erano problemi loro, non miei. [...] Perché queste campagne, quando falliscono, falliscono solo per chi non ha i soldi. Conosco persone che vanno all’estero e aggirano il problema, con decine di migliaia di euro fanno la fecondazione assistita, quelli che non ce li hanno restano a casa e un figlio non lo fanno».
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Parlando di lei, a Vanity Fair nel 2005 disse che un figlio era «la cosa a cui pensava di più», ultimamente invece dice che diventare madre non l’ha mai interessata. Come si è evoluto il suo pensiero sulla maternità?
«C’è un periodo, per una donna, in Italia, in cui pensi che il matrimonio, i figli, siano un’idea di completezza. Io crescendo ho pensato che non fosse del tutto la mia strada, e così è rimasto. Anche perché poi non era più il tempo di farlo. Ma non ne ho fatto mai mistero, non mi ha mai procurato dolore, non sono una che pensa a “quello che poteva essere”, la vita va come deve andare. Ho investito molto sul mio lavoro e il riscontro c’è stato, sono sana, ho degli amici che mi porto dietro da una vita e che sono famiglia, una cortina di affetto e affidabilità».
Ha detto anche di avere cercato di adottare un bambino, prima nel 2005, e poi anni dopo, prima di sposare Flavio Cattaneo.
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«Sì, ho provato una prima volta, ma poi mi sono separata. E avrei voluto anche dopo, da single, ma questo è un Paese strano, tutti possono fare tutto, ma per fare le cose più normali ci sono mille paletti, adottare è difficilissimo. Non solo devi essere sposato, devi anche attraversare tutta una serie di passaggi burocratici, una selezione psichiatrica, gli assistenti sociali, avere soldi… Tutte cose che non fa chi decide di fare dei figli, che non viene esaminato. Le regole vanno rispettate, ma devono essere fatte per il bene, se sono fatte per il male, in questo caso dei bambini, non va bene».
Sui social gira un video in cui raccomanda di circondarsi di persone più intelligenti di noi. Lei lo ha fatto?
«Per me è stato fondamentale. Me lo hanno insegnato i miei genitori, che mi dicevano di stare accanto a chi poteva insegnarmi qualcosa, e io ho eseguito in maniera assidua. Tenendo presente che quando lo fai, cade ogni invidia: ambisci a raggiungere quella persona. Se invece rimani sempre co’ quattro pecorari vicino, magari ti si nota di più, ma non vai da nessuna parte».
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Quanto si prende sul serio?
«Per niente. L’ironia è fondamentale, perché è anche la capacità di accettare quello che succede, di avere un distacco, sennò come fai? Da giovane i telefoni squillano per dare solo belle notizie, ho trovato un lavoro, mi sono laureato, mi sono fidanzato, mi sposo, eccetera, alla mia età è dura, squillano per dirti che quello è malato, l’altro non c’è più, uno si è separato, uno ha perso il posto…».
Quanto la preoccupa invecchiare?
«Non piace a nessuno, il nostro lavoro è legato all’immagine. Però che dobbiamo fare? Se questo dovesse precludermi il lavoro, farò altro».
Per esempio?
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«Mi iscriverei a Giurisprudenza. Ho fatto il classico e dei corsi parauniversitari di logopedia, ma vorrei la laurea».
A proposito di laurea, da 18 anni sta con Flavio Cattaneo da Rho, provincia di Milano, laureato in Architettura al Politecnico e specialista in finanza alla Bocconi. Che cosa ha in comune con lui una romana come lei?
«Io sono nata a Roma ma ho vissuto poi a Fiano Romano. Forse proprio arrivare dalla provincia ci ha unito, abbiamo valori e passioni simili».
Quali?
«Flavio è una persona intelligentissima e di cuore, abbiamo 850 interessi che ci legano, la lettura, la politica, il cinema, insomma le cose importanti che fanno la coppia».
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Flavio ha compiuto 60 anni: che cosa gli ha regalato?
«Un bellissimo viaggio – spero in Africa, un safari – che mi deve pagare lui. È una fortuna avermi vicino, quindi gli ho detto: facciamo un viaggio che stiamo appiccicati dal mattino alla sera per un bel po’ di giorni. Sono un genio, o no?».
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