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    SAIPEM IN ROSSO DI 2 MILIARDI E FRANCESCO CAIO VIENE COMMISSARIATO! - IL CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE DEL GRUPPO HA NOMINATO DUE NUOVI DIRETTORI GENERALI CHE DI FATTO METTERANNO SOTTO TUTELA CAIO: SONO ALESSANDRO PULITI CHE ARRIVA DA ENI E PAOLO CALCAGNINI PROVENIENTE DA CDP - OGGI CHI RISCHIA DI PIÙ OLTRE AGLI AZIONISTI GRANDI E PICCOLI (CDP HA PERSO 1 MILIARDI IN CINQUE ANNI PER AVER INVESTITO NEL 12,5%) SONO I RISPARMIATORI CHE HANNO COMPRATO LE OBBLIGAZIONI SAIPEM A CEDOLA FISSA…


     
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    Andrea Giacobino per “il Tempo”

     

    FRANCESCO CAIO FRANCESCO CAIO

    Si può perdere quasi un miliardo di euro in poco più di cinque anni? Basta chiamarsi Cassa Depositi e Prestiti e aver investito nel 12,5% di Saipem, la società di cui Eni ha il 30,5%, operante nel settore della prestazione di servizi per il settore dell'energia e delle infrastrutture presente in 62 paesi del mondo e impiega 32.000 dipendenti. Saipem, guidata dal 2021 dall'amministratore delegato Francesco Caio nominato dal governo di Mario Draghi, dopo esserne stato presidente per i precedenti tre anni, è dallo scorso 31 gennaio al centro di una tempesta perfetta quando ha annunciato che le previsioni economico-finanziarie dei suoi risultati fatte lo scorso 28 ottobre scorso non valevano più e che anzi il bilancio civilistico 2021 chiuderà con perdite superiori al terzo del capitale sociale (si ipotizza un rosso di 2 miliardi di euro), quindi sarà necessaria una ricapitalizzazione.

    ALESSANDRO PULITI ALESSANDRO PULITI

     

    Qualcuno ha pensato bene di indicare come possibile «cavaliere bianco» Fabrizio Di Amato che ha costruito il gioiello dell'engineering e impiantistica Maire Tecnimont, ma l'imprenditore ha cortesemente rifiutato. Nel frattempo dal valore massimo borsistico di 5,4 euro raggiunto a inizio ottobre del lontano 2018, il titolo è ovviamente sprofondato: -37,6% nell'ultimo anno, -53,6% negli ultimi 3 anni e -75% nell'ultimo quinquennio.

     

    E i due soci principali si leccano le ferite e cercano di correre ai ripari prima di dover mettere mano al portafoglio mentre le banche saranno chiamate a rinegoziare i crediti pari a un miliardo. Così ieri il consiglio d'amministrazione di Saipem ha nominato due nuovi direttori generali che di fatto «commissarieranno» Caio: sono Alessandro Puliti che arriva da Eni e Paolo Calcagnini proveniente da Cdp.

     

    PAOLO CALCAGNINI PAOLO CALCAGNINI

    La nuova organizzazione prevede anzitutto la costituzione di una nuova direzione generale con ampie deleghe operative e gestionali, guidata da Puliti, poi ci sarà una unità finalizzata a rafforzare l'attività di pianificazione e controllo finanziario delle commesse e pari appunto al 12,5% per 463 milioni di euro (cioè 8,39 euro per ogni titolo) e subito dopo sottoscrive pro-quota l'aumento di capitale di ben 3,5 miliardi della stessa azienda portando il conto totale dell'operazione pro-Eni a oltre 900 milioni. Passano i governi ma la passione della Cassa per Saipem rimane.

     

    francesco caio foto di bacco francesco caio foto di bacco

    Nel 2019, infatti, sotto l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte l'allora amministratore delegato di Cdp Fabrizio Palermo decide di far nascere la nuova controllata Cdp Industria permettere ordine tra le partecipazioni della Cassa e la prima quota che entra nella subholding è appunto Saipem al valore contabile di 592,6 milioni. Ma il bilancio 2020 proprio di Cdp Industria si chiude in perdita per 84 milioni perché la quota Saipem viene svalutata di 86 milioni. Ai valori di borsa, quella partecipazione che nel 2015 costò 900 milioni oggi vale solo 67 milioni. Ma da dove arriva il disastro Saipem?

     

    A fine dello scorso gennaio Caio ha motivato che tutte le previsioni erano saltate per la riduzione del margine lordo consolidato e la contrazione dei ricavi (di circa 1 miliardo di euro in entrambi i casi) a causa dell'incremento dei costi per i materiali e della logistica come effetti della pandemia. Insomma, un combinato disposto che ha fatto rallentare l'avanzamento di alcune commesse, registrando «un significativo deterioramento dei margini economici a vita intera di alcuni progetti relativi all'E&C Onshore e all'Offshore wind».

    PAOLO CALCAGNINI PAOLO CALCAGNINI

     

    Eppure, solo lo scorso ottobre, lo stesso manager, nel presentare il piano strategico quadriennale al 2025 che avrebbe dovuto portare a una «nuova Saipem», parlava di investimenti per 1,5 miliardi di euro e dell'azienda come di un «abilitatore tecnologico di strategie low-carbon». Secondo alcuni analisti l'autodifesa di Caio sarebbe quella di incolpare la precedente gestione dell'amministratore delegato Stefano Cao, quando però il capoazienda attuale era presidente.

     

    francesco caio (2) francesco caio (2)

    C'è da osservare che se Cao era un manager petrolifero «puro» con trascorsi proprio in Saipem e poi in Eni (tranne una breve esperienza dal 2009 al 2012 in una holding dei Benetton), Caio s' è occupato prevalentemente di telecomunicazioni e in seconda battuta di servizi finanziari. È stato consulente per l'agenda digitale di due governi (Berlusconi nel 2009 e Letta nel 2013) dopo essere stato nella grande società di consulenza McKinsey, poi in Olivetti dove ha contribuito al fortunato lancio con successo dell'operatore mobile Omnitel, per approdare alla guida del gruppo di elettrodomestici Merloni, in seguito da Netscalibur a Cable&Wireless, passando successivamente al timone prima di Avio e poi di Poste Italiane dove ha guidato la grande offerta pubblica di azioni del 2015.

     

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    Nel 2020 il governo Conte gli affida la presidenza di Ita (alla quale poi Draghi ha insediato Alfredo Altavilla) e un anno dopo il nuovo inquilino di Palazzo Chigi lo nomina appunto capoazienda di Saipem, col determinante appoggio di Claudio Descalzi, numero uno dell'Eni. Caio rischia il posto? È presto per dirlo.

     

    Oggi certamente chi rischia di più oltre agli azionisti grandi e piccoli sono i risparmiatori che hanno comprato le obbligazioni Saipem a cedola fissa del 2,75% emesse nel 2018 per un controvalore di 500 milioni, in scadenza il prossimo 5 aprile. Perché alla luce delle recenti stime sulla perdita 2021 la liquidità disponibile di 700 milioni in un quadro poco chiaro, potrebbe non essere sufficiente a ripagare l'obbligazione in scadenza ad aprile, e a far fronte all'aumento dell'indebitamento netto nel corso di quest' anno. L'ultima ciliegina su una torta avvelenata.

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