Luca Ferrua per “la Stampa”
nicola lagioia salone del libro
Nel giorno del trionfo del Salone del Libro di Torino arriva l’attacco frontale. A chiedere la testa del direttore Nicola Lagioia è Fabrizio Ricca, segretario della Lega a Torino e in corsa per un posto in Regione: «Deve dimettersi e deve fare lo stesso il suo direttivo. Non è francamente accettabile che il direttore di un evento importante come il Salone del Libro, in crescita e con una credibilità democratica internazionale da difendere, faccia partire un boicottaggio contro lo stesso evento che organizza».
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Il tema sul tavolo è ancora la cacciata della casa editrice vicina a CasaPound, ma le parole del trentratreenne consigliere comunale a Torino non giungono a caso perché il suo comunicato appare su WhatsApp pochi minuti dopo un incontro - in una delle stanze di Palazzo Chiablese, sede della Soprintendenza torinese - con la sottosegretaria del Mibac Lucia Borgonzoni con il candidato del centrodestra alla Regione Alberto Cirio. Lo stesso Cirio che più tardi interverrà sull’argomento: «Certo è che, se saremo noi alla guida della Regione, il Salone dovrà essere un luogo in cui la libertà di espressione viene garantita a tutti. Non accetteremo un’impostazione
salone del libro di torino
che miri a piegarlo alle sensibilità politiche di turno».
Il fuoco incrociato fa alzare in pochi minuti gli scudi della sindaca Appendino e del presidente della Regione Chiamparino a difesa di Lagioia e della scelta del Salone – ma presa dalla politica - di cacciare l’editore AltaForte. La sindaca Cinquestelle ha i toni più forti: «Non permetteremo alla Lega di distruggere il lavoro di tre anni col quale abbiamo faticosamente salvato il Salone. Nicola Lagioia, direttore della rinascita del Salone, non si tocca, è patrimonio della città. Se la Lega vuole prendersela con qualcuno se la prenda con chi si è assunto la responsabilità politica della scelta, ovvero la sottoscritta». Il direttore del Salone diventa il vessillo intorno al quale Città e Regione, Pd e Cinquestelle, si compattano e anche Chiamparino rincara la dose: «Lagioia non si tocca, ha saputo raccogliere l’eredità del Salone, rilanciarla, rafforzarla. È il direttore ideale in questo momento e per i prossimi anni. Ci sono i risultati a dimostrarlo».
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Fronte compatto come lo è stato in questi giorni tutto il Salone nel nome dell’antifascismo. Un fronte subito pronto a ricordare che per cambiare il direttore ci vogliono i voti di tutto il comitato di indirizzo e che la Regione ne ha solo uno su otto.
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Se il fronte Pd-Cinquestelle fa quadrato intorno a Lagioia la Lega non lascia solo il giovane Ricca e nel tardo pomeriggio scende in campo anche la sottosegretaria del Mibac Lucia Borgonzoni che sposta il mirino dalla vicenda CasaPound: «Tutta questa storia è cominciata quando Christian Raimo, consulente di Lagioia, ha fatto su Facebook la sua lista di proscrizione. Ha puntato il dito su Buttafuoco, Giuli, Borgonovo, Francesco Giubilei e altri. Una lista talmente antidemocratica che chi non si indigna non ha capito cos’è la democrazia». «Raimo - aggiunge la sottosegretaria - si è dimesso e posso dire che non me ne importa nulla, ma il Salone non ha mai chiesto scusa né preso le distanze da uno dei componenti dello staff del suo direttore. Lagioia è ancora in tempo per scusarsi: ci sono persone che dopo quella lista sono state minacciate di morte o hanno vissuto il Salone sorvegliate dalla Digos. Mi stupisco che Chiamparino e soprattutto Appendino non si siano resi conto della gravità di quel gesto. La polemica è cominciata tutta lì. Non valuto il Salone bello o brutto, un successo o un insuccesso. Valuto antidemocratica quella lista».
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La sensazione è che la polemica non sia finita anche perché dalle parole di Appendino il Comune Cinquestelle, che ha lavorato in operosa armonia con la giunta piemontese a guida Pd, prepara le trincee nel caso a guidare la Regione arrivi il centrodestra: «La Lega la smetta di strumentalizzare patrimoni del territorio come il Salone per instillare polemiche di bassissimo livello che non servono a nessuno».
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