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Estratto dell’articolo di Daniela Mattalia per “Panorama”, pubblicato da “La Verità”
Ogni giorno, in quella meravigliosa forma di intelligenza collettiva che è il nostro corpo, qualche cellula decide di fare per conto proprio. Ignorando disciplina, ordine, senso del sacrificio e amor patrio, inizia a riprodursi in maniera anarchica e incontrollata, pronta a dichiarare un colpo di Stato in qualche organo o tessuto.
E, ogni giorno, il sistema immunitario la stronca sul nascere. Riconosce, nella sua complessa sinfonia biologica, la «nota stonata» e la elimina. Quasi sempre. A volte, invece, la cellula individualista riesce a eludere la sorveglianza e inizia la sua corsa a diventare tumore. Lunga, articolata, piena di ostacoli. Ma da quel momento le cose, per il sistema immunitario, si fanno complicate.
E quando il colpo di Stato alla fine riesce pienamente, il cancro è lì. Estirparlo, e ripristinare l'armonia iniziale, sarà una sfida dall'esito incerto.
Nell'arsenale terapeutico con cui assicurarsi, nella migliore delle ipotesi, la vittoria finale - o una tregua più duratura possibile dalla malattia - oggi c'è parecchio: oltre alla chemioterapia (talvolta evitabile), alla radioterapia, all'ormonoterapia, alla target therapy, uno spazio sempre maggiore lo sta prendendo l'immunoterapia: la strategia con cui, anziché bersagliare le cellule cancerose, si fa in modo che il sistema immunitario sia in grado di funzionare nel migliore dei modi; sia cioè capace di aggirare tutti i trucchi che il tumore mette in atto per sfuggire alle difese del corpo ed espandersi sempre più.
Una tecnica, quella dell'immunoterapia, potenzialmente applicabile a ogni tipo di neoplasia, proprio perché si basa su quei meccanismi che cancro e sistema immunitario mettono in atto nella loro estenuante partita a scacchi.
Ma che in alcuni tumori, in particolare, sta mostrando risultati evidenti e per certi versi straordinari. Per esempio nel melanoma e nel tumore al polmone e, in modo più parziale, in quello alla mammella.
[]Pier Paolo Di Fiore, professore ordinario del Dipartimento di oncologia ed emato-oncologia all'Università di Milano e oncologo allo Ieo []: «Se il sistema immune è deputato a sorvegliare tutto ciò che è estraneo al nostro organismo [], dal momento che le cellule tumorali hanno mutazioni non presenti in genere nel nostro Dna, anch' esse potrebbero essere riconosciute e distrutte dalle difese immunitarie []».
Un esempio semplice che fa capire bene: passata una qualsiasi infezione, il sistema immunitario ha una sorta di «freno a mano» (in linguaggio scientifico, i «check-point») con cui disattiva la produzione di linfociti. Spento l'incendio, non c'è più bisogno di mandare pompieri. Il cancro sfrutta esattamente questo meccanismo: come in un atto di sabotaggio, blocca le difese immunitarie nel momento in cui colpisce.
È in questo duello che agisce l'immunoterapia. I vari farmaci che utilizza, somministrati per via endovenosa, si chiamano per l'appunto «inibitori dei check point»: molecole che riattivano il sistema immunitario in modo che possa riconoscere e uccidere il tumore. All'atto pratico, tolgono la corazza con cui il tumore si proteggeva e lo rendono di nuovo vulnerabile.
«Nel tumore al polmone e nel melanoma l'immunoterapia ha cambiato la storia della malattia» afferma Filippo De Braud, professore ordinario all'Università di Milano e direttore del Dipartimento e della divisione di oncologia medica dell'Istituto nazionale dei tumori. [] «Due malattie che erano mortali nell'arco di pochi mesi sono diventate guaribili» precisa De Braud.
Grazie ai farmaci immunoterapici (anticorpi monoclonali con nomi che finiscono in «mab», come ipilimumab per il melanoma, nivolumab o durvalumab per il cancro polmonare), oggi la percentuale di chi ce la fa è salita al 30 per cento in entrambi i tumori.
«Ogni settimana vediamo pazienti che mostrano una remissione parziale o completa del cancro» dice l'oncologo. «A due-tre-quattro anni dall'inizio della terapia, la malattia non si vede più, loro stanno bene e noi pensiamo siano guariti. Fino a qualche anno fa sapevamo che, dopo pochi mesi, il tumore sarebbe ripartito».I risultati della cura si vedono a distanza di poche settimane, quando il tumore comincia a regredire. [] Oggi tutti i pazienti con cancro possono beneficiare dell'immunoterapia? No, non tutti.
«Nei tumori a polmone, seno e melanoma è già pratica clinica, rimborsata dal Ssn, ma siccome sono farmaci ad alto costo, i pazienti devono rientrare in categorie precise, in base alle indicazioni dell'Aifa» risponde Giusy Fallica, medico oncologo responsabile del Servizio day hospital dell'unità operativa di oncologia medica di Humanitas, a Catania. «Il melanoma, che crea metastasi in tempi molto veloci perché raggiunge subito le vie ematiche, è stato il primo a beneficiarne e spesso con risultati clinici spettacolari.
Ma l'immunoterapia è trasversale; dal momento che agisce «disarmando» i meccanismi delle cellule cancerose, potrebbe essere applicata ad altri tumori. Almeno potenzialmente []».Senza contare che parlare di «vittoria», quando si scrive di cancro, è semplicistico, in una malattia tra le più complicate che esistano. «Volendo continuare a definirla «guerra», diciamo che abbiamo armi sempre più raffinate per combatterla» puntualizza Fallica. []
Se il futuro della medicina oncologica è aiutare il sistema immunitario a fare bene il suo mestiere, anche quando la cellula maligna lo inganna con mille trucchi, possiamo farlo anche noi, con strumenti a portata di mano come l'alimentazione, l'esercizio fisico, lo stile di vita? «È un discorso assai complesso» risponde Di Fiore. «Non ci sono evidenze definitive che le terapie "complementari", ossia messe in moto dal paziente e non dal medico, accelerino la guarigione. Al tempo stesso dobbiamo stare attenti a non confondere l'assenza di evidenza con l'evidenza di un'assenza. [...]».
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