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Estratto del libro “Il cibo buono” di Antonella Viola e Daniele Nucci per “la Stampa”
L'ambiente in cui viviamo è ricco di forme di vita che possono mettere in pericolo la nostra salute: virus, batteri, funghi e parassiti sono da sempre una minaccia per il nostro corpo, che si difende grazie a una serie di molecole, cellule e tessuti. Il sistema immunitario ha appunto lo scopo di individuare la presenza di microbi pericolosi e di reagire per eliminarli. In realtà, oltre a riconoscere potenziali nemici, sorveglia il nostro corpo e si attiva anche in risposta a un danno o alla perdita di quell'equilibrio che normalmente gli consente di ignorare ciò che non è pericoloso e di rispondere prontamente a una minaccia.
Il legame tra immunità e alimentazione è molto complesso. Da molto tempo sappiamo che una carenza di calorie e nutrienti, come accade nelle persone denutrite, causa un forte indebolimento del sistema immunitario, che non riesce quindi a combattere infezioni anche banali. D'altro canto, anche una dieta squilibrata o troppo ricca di calorie altera il sistema immunitario. Nell'obesità, per esempio, le cellule dei depositi adiposi producono molecole, le adipochine, in grado di modificare l'attività del sistema immunitario. Come conseguenza si avrà un calo delle difese contro le infezioni e un aumento dell'infiammazione a carico di tutto il corpo.
sistema immunitario e dieta 1 8
Quando si verifica un danno in qualche parte del nostro corpo, si liberano delle molecole che attivano un cambiamento a livello dei vasi sanguigni del microcircolo (i piccoli vasi che uniscono le arterie alle vene, il luogo dove avvengono gli scambi di gas, nutrienti, ormoni e altri soluti). Lo scopo di questo cambiamento è far arrivare nel tessuto danneggiato le molecole e le cellule dell'immunità, per eliminare la causa del danno e iniziare il processo di guarigione.
L'infiammazione è quindi una normale risposta del nostro corpo e ha una funzione protettiva. Tuttavia, quando è intensa o protratta nel tempo, essa stessa diventa causa di danno ai nostri organi. L'infiammazione acuta ed eccessiva può impedire lo svolgimento delle normali funzioni, come accade per esempio nei polmoni dei pazienti affetti da Covid-19 severo, mentre quella silente e cronica favorisce lo sviluppo di malattie metaboliche o di tumori.
Il cibo ha un ruolo essenziale nel proteggerci dall'infiammazione o, al contrario, nel favorirla. Mangiare bene è quindi la prima forma di prevenzione: serve a tutelare il buon funzionamento del sistema immunitario. Nel nostro intestino vivono trilioni di microrganismi. In realtà i microbi sono presenti in varie parti del nostro corpo, come sulla pelle o nei polmoni, ma la popolazione microbica dell'intestino, detta anche microbiota intestinale, è non solo la più studiata in relazione al sistema immunitario e al nostro stato di salute, ma anche quella che è direttamente legata alla nostra alimentazione.
Il legame è bidirezionale. I batteri presenti nell'intestino svolgono delle funzioni fondamentali tra cui la produzione di vitamine, la stimolazione della digestione e dell'assorbimento degli alimenti, la regolazione della permeabilità della barriera intestinale (quella barriera costituita da cellule epiteliali che riveste l'intestino e permette di separare l'ambiente esterno, dove transita il cibo, da quello interno, dove viene assorbito ciò che è utile). Inoltre, come vedremo con maggiore dettaglio, i microbi stimolano il sistema immunitario, allenandolo nel modo giusto, inibendolo o, al contrario, eccitandolo eccessivamente.
D'altro canto, però, è anche vero che i microbi si nutrono di ciò che noi mangiamo, in una relazione di dipendenza e utilità reciproca. Sarà il tipo di cibo con cui li (e ci) nutriamo che determinerà il prevalere di un tipo di microrganismi su un altro. Se mangeremo molte fibre, nutriremo e faremo moltiplicare i batteri che si nutrono di fibre. Al contrario, se mangiamo molti zuccheri semplici, selezioneremo un microbiota affamato di zucchero, che ce ne chiederà sempre di più.
Il nostro microbioma è diverso da quello di ogni altra persona. Esso prende forma durante i primi anni della nostra vita e cambia continuamente a seconda del nostro stile di vita, dell'ambiente in cui viviamo, dei farmaci che assumiamo e di ciò che mangiamo.
La maggior parte degli scienziati ritiene che la prima esposizione ai microbi si verifichi durante il parto e subito dopo la nascita, e che sia principalmente plasmata dal microbiota materno. La modalità del parto è il primo evento che plasma la composizione del microbiota del neonato. I bambini nati tramite taglio cesareo sono colonizzati più frequentemente da specie batteriche quali Klebsiella, Enterobacter e Clostridium e meno da Bifidobacterium e Bacteroides rispetto a quelli nati per via vaginale.
Le prime interazioni che si instaurano in questo periodo tra i microbi e le mucose intestinali del bambino sono determinanti per lo sviluppo completo e corretto del suo sistema immunitario e alcuni ricercatori pensano che le differenze nella colonizzazione possano spiegare l'aumento del rischio di asma e malattie allergiche nei bambini nati con il cesareo. Ma la vera colonizzazione arriva con l'ingestione del latte, soprattutto se il neonato è allattato al seno materno.
L'allattamento, insieme ai nutrienti essenziali per la crescita del bambino, fornisce anche microbi e sostanze che stimolano il microbiota del neonato. Ogni millilitro di latte materno contiene migliaia (da 102 a 104) di microbi vivi. Lactobacillus, Staphylococcus, Enterococcus e Bifidobacterium vengono infatti direttamente trasferiti con l'allattamento. Inoltre, gli oligosaccaridi presenti nel latte materno sono dei fenomenali prebiotici che nutrono i microrganismi dell'intestino. I bambini allattati al seno hanno infatti una composizione microbica diversa rispetto a quelli nutriti con latte artificiale. È quindi sin dal primo pasto che iniziamo a plasmare il nostro microbiota e il nostro sistema immunitario.
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