RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Daniele Banfi per “la Stampa”
Le vacanze - per chi se le può permettere - stanno arrivando. E ora, con l'ossessione per le regole anti-coronavirus, i dubbi di chi ha figli piccoli sono costanti: quanto aspettare prima di fare il bagno in mare? Si può portare il proprio bambino in montagna? E, se sì, qual è la migliore altitudine? Ecco i suggerimenti-base - in mare o in montagna - per chi vuole godersi un po' di relax in sicurezza. Acqua e buonsenso. L'eterno dilemma su quando immergersi dopo aver mangiato riguarda tutti.
Eppure, dati alla mano, non c'è ancora una risposta univoca sulle ore che devono trascorrere tra il pasto e l'agognato bagno. E' credenza comune che, dopo un pranzo, mentre al «distretto addominale» arriva più sangue, in altre aree del corpo come i muscoli potrebbe arrivarne un po' meno. Ed è in questi casi che, a causa di disturbi circolatori, crampi addominali, nausea e vomito, si possa verificare l'irreparabile e si anneghi. A supporto di questa tesi, però, mancando dati univoci. Secondo l'International Lifes Saving Federation, l'organizzazione mondiale per la sicurezza in acqua, «benché il fatto di aver mangiato possa essere associato a nausea, vomito e dolore addominale una volta che si è in acqua, non è mai stata dimostrata una relazione di causa-effetto tra questi fenomeni e il rischio di annegamento».
Sempre secondo quanto dichiara l'ente, gli studi che smentirebbero questa relazione sono pochi e datati. In assenza di dati chiari, dunque, la prudenza è d'obbligo. Limitarsi a consumare un pasto leggero, preferendo carboidrati e limitando proteine e grassi che sono più lunghi e complessi da digerire, è il primo consiglio degli esperti. Più il pasto è leggero e meno tempo occorre per digerirlo. Ecco perché in questi casi anche una sola ora di attesa può bastare. Ore che diventano tre in caso di pasto abbondante e completo.
Attenzione costante.
Se si è sempre pensato all'alimentazione quale fattore scatenante per i problemi in acqua, è invece utile ricordare che la prima causa di annegamento, in particolare in età pediatrica, è la mancata o distratta sorveglianza. Andando poi a scorrere l'elenco delle cause più frequenti di annegamento, al secondo posto troviamo l'incapacità di nuotare. Ecco perché una persona non in grado di stare a galla autonomamente dovrebbe munirsi di presidi per il galleggiamento anche in prossimità della spiaggia.
Mal di montagna.
Passando ai monti, il pericolo associato all'altitudine - soprattutto nei più piccoli - è il mal di montagna. Tipicamente, si manifesta entro 12 ore dall'arrivo in quota con sintomi spesso generici, come mal di testa e nausea, irritabilità e difficoltà nel dormire. Sintomi del tutto passeggeri - fatta eccezione per il mal di montagna tipico degli alpinisti - che si risolvono nel giro di poche ore. Ma al di sotto dei 3 anni di età qualsiasi viaggio in un ambiente nuovo può provocare alterazioni del sonno, dell'appetito, dell'attività e, di conseguenza, dell'umore.
Ecco perché può essere difficile distinguere cambiamenti del comportamento causati dal solo viaggio rispetto a quelli causati dalla quota.
Le altezze per età.
In linea generale - secondo la Società Italiana di Medicina di Montagna - neonati e bambini fino ai 5 anni di età possono soggiornare, anche per periodi medio-lunghi, fino a 1500-2 mila metri. Entro tale limite il problema si pone soprattutto in termini di velocità di salita o di discesa: sono le variazioni brusche di quota che possono dare problemi di compensazione della pressione tra l'orecchio medio e l'esterno, con conseguente trauma sul timpano e dolore.
Per soggiorni oltre i 2500-3 mila metri vale la stessa regola degli adulti: una salita di 300 metri al giorno ed il riposo di un giorno ogni 1000 metri sono raccomandati.
Il bimbo nella pancia.
Nessuna particolare restrizione anche in gravidanza. E' consigliabile, però, bere adeguatamente, poiché l'altitudine e la gravidanza aumentano l'iperventilazione. Sul fronte dei farmaci occorre sottolineare che contro il mal di montagna le molecole a base di sulfamidici sono controindicate nel primo trimestre e anche alla fine della gestazione. Non solo: nei casi di minaccia di aborto spontaneo, di pre-eclampsia, placenta previa o con feti a rischio di bassa crescita bisognerebbe evitare quote oltre i 2500 metri.
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