covid geni di neanderthal giuseppe remuzzi

“I NOSTRI ANTENATI FANNO L’AMORE CON I NEANDERTHAL 50 MILA ANNI FA E QUESTO PUÒ FAR MORIRE NOI ADESSO” – GIUSEPPE REMUZZI, DIRETTORE DELL’“ISTITUTO MARIO NEGRI”, PARLA DELLO STUDIO CHE DIMOSTRA L'INFLUENZA DEI GENI RISALENTI ALL'UOMO DI NEANDERTHAL NELLA DIFFUSIONE DEL COVID IN VAL SERIANA – “ABBIAMO RACCOLTO IL DNA DI 10 MILA PERSONE E SCOPERTO CHE UNA SOLA ‘REGIONE GENOMICA’ SU TUTTE AIUTA A CAPIRE PERCHÉ CI SI AMMALA GRAVEMENTE. ED È ARRIVATA QUI DOPO ESSERE PASSATO ATTRAVERSO DUEMILA GENERAZIONI

Estratto dell'articolo di Giuseppe Remuzzi per www.corriere.it

 

giuseppe remuzzi presenta lo studio su covid e geni di neanderthal

«The Lost Days That Made Bergamo a Coronavirus Tragedy». Insomma, i giorni persi che hanno fatto di Bergamo una tragedia del Coronavirus, un titolo del New York Times che non riuscirò a dimenticare. Bergamo – o meglio Nembro, Alzano, Albino – da dove parte la valle del Serio, diventa il centro del dramma del Coronavirus, più che qualunque altra parte del nostro mondo.

 

Medici e infermieri che vanno e vengono, giorno e notte, senza sapere bene cosa fare, genitori separati dai bambini, anziani lasciati soli; per necessità, si capisce. Il New York Times racconta di un camionista, febbre alta, fiato corto. Arriva in ospedale. «Il tampone? Lei è stato in Cina?» (I protocolli dell’Oms lo prevedevano solo per chi veniva da là). Per lui risponde la moglie: «Giovanni la Cina non sa nemmeno dov’è». Solo a Nembro e solo a marzo i morti aumentano dell’850 per cento , fra il frastuono delle ambulanze e il silenzio delle campane.

 

La ricerca

covid e geni di neanderthal

I ricercatori del Mario Negri fanno quello che possono, fra ricerca di anticorpi, cicli di amplificazione dell’Rna — serve per capire se un tampone positivo, è positivo davvero — e poi collaboriamo con i medici di famiglia e con quelli dell’Ospedale. Si fa quello che si può, per provare a arginare qualcuna di quelle falle che se ne chiudi una se ne apre un’altra.

 

Poi, le cose pian piano migliorano e allora si comincia a ragionare: «Perché la maggior parte delle persone infettate da Coronavirus ha soltanto sintomi lievi, può starsene a casa con un po’ di Aulin o qualcosa del genere e dopo qualche giorno guarisce, e perché altri hanno disturbi più importanti tanto da finire in ospedale, qualcuno in rianimazione e qualcuno muore?».

 

Per cominciare ci si accorge che chi aveva un Covid severo, polmonite interstiziale e necessità di ricovero in rianimazione, aveva più spesso genitori o fratelli morti di Covid. Così si fa strada l’idea che ci potrebbe essere qualcosa di genetico.

 

giuseppe remuzzi attilio fontana – studio su covid e geni di neanderthal

Niente di nuovo, si capisce, a questo ci avevano pensato in tanti; sono state trovate, solo per fare un esempio, due regioni nel genoma umano che aumenterebbero il rischio di ammalarsi di Covid, una ha a che fare con i gruppi sanguigni: quelli di gruppo 0 avrebbero meno rischi rispetto al gruppo A e AB, forse gli anticorpi naturali li proteggono.

 

Mettendo insieme tutti i dati viene fuori che il gruppo sanguigno potrebbe avere un certo ruolo, ma se c’è è marginale. […]

 

L’intera comunità

Con lo Studio Origin si vorrebbe fare un passo avanti e provare a capire se quello che è successo a Bergamo ha per avventura qualche base genetica. Si coinvolge l’intera comunità — dai sindaci, alle scuole, alle associazioni di volontariato, ai medici, ai farmacisti, alla diocesi, e poi fondazioni e privati cittadini — e ancor prima la Regione Lombardia.

giuseppe remuzzi

 

Si arriva a raccogliere dati clinici e storia famigliare di quasi 10 mila persone, da qui se ne possono selezionare 1.200 per tre gruppi assolutamente identici per caratteristiche cliniche e fattori di rischio: 400 avevano avuto una forma grave di malattia, 400 una forma lieve e 400 non si erano infettati.

 

 Il Dna di tutte queste persone ci consente di studiare centinaia di migliaia di polimorfismi (sono siti di variazioni genetiche) e ci concentriamo sui 130 mila che governano l’ingresso del virus nelle cellule, i 24 mila della risposta immune e i 16 mila che hanno a che vedere con la severità della malattia e le sue complicanze. In tutto si studiano quasi 9 milioni di variazioni per ciascun individuo.

 

covid e geni di neanderthal

Il risultato di tutto questo, che iScience pubblica in questi giorni, colpisce anche noi: una sola regione genomica risulta essere più importante di tutte le altre per capire perché ci si ammala gravemente. È un «aplotipo di rischio», dicono i medici: «aplotipo» definisce un certo numero di variazioni di geni vicini l’uno all’altro che si ereditano tutti insieme. Questo aplotipo si trova sul cromosoma 3, comprende geni che contribuiscono alla sintesi di mediatori della risposta immune e altri che presiedono alla funzione di certe cellule degli alveoli polmonari.

 

Fin qui niente di speciale, se non fosse che questo aplotipo arriva a Nembro, Alzano e Albino direttamente dai... Neanderthal, dopo essere passato attraverso duemila generazioni almeno. Com’è possibile? È perché tra 70 mila e 50 mila anni fa l’Homo Sapiens lascia l’Africa, arriva in Europa, si incrocia con i Neanderthal che abitavano quelle aree, e altre dell’Asia già da molto tempo, ed è proprio grazie a quell’incontro che una piccola parte di quei geni arriva fino a noi. Proprio così, ciascuno di noi ha nel suo Dna dall’1 al 4 per cento dei geni di Neanderthal.

 

UOMO DI NEANDERTHAL

[...]

 

I risultati

Lo studio dei ricercatori del Mario Negri ha stabilito che chi è portatore dei geni di Neanderthal aveva un rischio più del doppio di sviluppare Covid grave, e più di tre volte di avere bisogno di terapia intensiva e di ventilazione meccanica rispetto a chi non ha questo aplotipo.

 

C’è dell’altro in questo studio: sono state identificate 17 nuove regioni genomiche (loci), di cui 10 potenzialmente associate a malattia severa e sette al rischio di contrarre infezione, questo non è mai stato visto in precedenza, in particolare il locus 2q14.3 è di un certo interesse perché comprende un gene associato a una proteina che aumenta soltanto nei casi di Covid severo; questo potrebbe diventare lo spunto per trovare nuove terapie.

 

ondata di covid ad alzano lombardo

Ma che ci facevano quelle variazioni genetiche nei Neanderthal? Una volta forse li proteggevano dalle infezioni ma adesso che ci troviamo di fronte a un virus forse nuovo (o forse no) l’eccesso di risposta immune non solo non ci protegge ma ci espone a una malattia più severa.

 

Qualcuno di voi a questo punto si chiederà quante saranno state presumibilmente le vittime dell’aplotipo di Neanderthal in tutto il mondo. Svante Pääbo in un primo momento aveva calcolato che potessero essere 100 mila, ma poi ha rifatto i conti e ha annunciato in un congresso di pochi giorni fa che l’aplotipo di Neanderthal ha fatto probabilmente un milione di vittime. Forse sono quei morti per cui non si trova una giustificazione: non veramente anziani, senza malattie associate, senza compromissione del sistema immune.

 

Esercito a Nembro marzo 2020 4

Di tutto questo c’è una cosa che fa una certa impressione: i nostri antenati fanno all’amore con i Neanderthal 50 mila anni fa e questo può far morire noi adesso.

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