Alberto Giannini per il Giornale
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«Matteo premier? Non gli manca niente. Difetti? Forse dovrebbe essere un po' più diplomatico. Lo dico con amicizia, perché poi lo attaccano e ci soffre. Ma lui filtri non ne ha. È sempre stato così». Maria Luisa Godino, oggi avvocato, compagna di liceo di Matteo Salvini, pochi giorni fa ha rivisto un po' per caso quello che nel frattempo è diventato ministro dell' Interno. Li ha fatti incontrare un consigliere leghista alla «Berghem fest» di Alzano Lombardo. E Maria Luisa giura che, a 30 anni di distanza, Matteo Salvini non è cambiato per niente.
Avvocato, come è andata?
«Matteo è stato un mio compagno di scuola al Manzoni di Milano dal 1989 al '92. Ne è passata di acqua sotto i ponti. Pochi giorni fa un amico comune, Gianluca Boari, mi ha portato alla festa della Lega. E stavolta mi ha chiamato per nome, a scuola usava chiamarsi per cognome».
E com' era questo Salvini?
«Spiritoso, intelligente, scherzoso. all' epoca avevo riccioli lunghi e mi tirava le palline di carta nei capelli. Comunque si percepiva che era una persona fuori dal comune con carisma particolare».
Ma a scuola era bravo?
«Bravo senza essere un secchione. Brillante senza dare l' idea di essere uno che studiava. Faceva il suo, con nonchalance. Peccato che non abbia fatto l' università!».
Qualche soddisfazione se l' è tolta. Era il tipo che andava bene col minimo sforzo?
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«Non si sbatteva più di tanto, ma non aveva alcun problema con le materie: 7 in greco, o in filosofia o in matematica. Unico neo il 7 in condotta. Perché è uno che non le manda a dire, e spesso aveva da ridire con le insegnanti. Alcune se lo legavano al dito».
Faceva confusione in classe?
«No, non faceva caciara. Parlava con tutti, aveva i suoi amici, pochi ma buoni. Una volta mi prese in giro per il vangelo. A religione avevo riciclato un vangelo del catechismo. E da piccola ci avevo attaccato un adesivo della Barbie. Lui se n' era accorto e trovai il mio vangelo sopra la lavagna, con una freccia e una scritta sua che diceva: Il vangelo secondo Barbie. Scherzava ma capiva. E mi regalava le cassette di De Andrè. È schietto, quello che pensa lo dice. Non ha paura di niente. Alcuni insegnanti erano comunisti. E lui diceva: autori meno rossi no?».
Ma era «di destra»?
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«Leghista, era leghista. Aveva un entusiasmo contagioso per la Lega. Gli rubai il diario: non aveva foto di modelle ma di Bossi. Del Milan e della Lega, cui era affezionato come un figlio. Per questo soffre la storia del sequestro».
Per i detrattori è xenofobo o peggio. Che ne dice?
«Io sono terrona, vivevo in periferia, ero figlia di un impiegato postale. E mi faceva regali. Eppure c' era gente che aveva l' autista. No, non era classista o razzista. Chi dà etichette è in malafede».
Piaceva alle ragazze?
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«Suppongo di sì: bell' aspetto, curato, educato. Ma era molto riservato. Se gli piaceva qualcuna era in un' altra classe. Litigava con quelli che picchettavano. Aveva le sue idee e tirava dritto».
È stupita della sua carriera? E se diventasse premier?
«Assolutamente non lo sono. Ha dedicato la sua vita alla politica. È giusto. Premier? Non gli manca niente. Ma è come Berlusconi, che ha subito ingiustizie allucinanti.
Forse Matteo dovrebbe essere un po' più diplomatico. Ma è così, maschere non ne ha».
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