MARCELLO SORGI per la Stampa
mario draghi e sergio mattarella all altare della patria
Anche ieri Salvini ha ribadito che sulla riforma fiscale non esistono margini di trattativa: la Lega pensa a uno stralcio e a un rinvio alla prossima legislatura. E se Draghi, che ha convocato una serie di incontri con i leader della maggioranza per la prossima settimana, dovesse insistere, fino a porre la questione di fiducia, dal punto di vista del leader del Carroccio si assumerebbe la responsabilità di portare la situazione alle estreme conseguenze.
salvini meloni
Ma c'è un altro aspetto della strana semicrisi, trascinata in giornate come queste, che vedono il Paese impegnato, come gli altri partner europei, sullo scenario nevralgico della guerra in Ucraina e del rischio di un improvviso capovolgimento delle forniture energetiche (l'Italia è dipendente dalla Russia per il 43 per cento del suo fabbisogno di gas e petrolio). Ed è una novità che potrebbe avere effetti imprevisti nei prossimi giorni.
Tutti i leader che finora hanno preso le distanze dal premier, infatti, si sono rivolti al Quirinale. Lo ha fatto per primo Conte, che ha ottenuto di essere ricevuto da Mattarella, al quale ha garantito che non punta a una crisi, ma ha chiesto di sollecitare Draghi a una maggiore attenzione ai problemi economici delle famiglie (caro bollette, crescita dei prezzi anche delle materie prime).
sergio mattarella e mario draghi
Poi è stato Salvini a telefonare al Colle, spiegando che su temi come catasto e concorrenza la Lega non vede spazi di mediazione e che in una legislatura giunta praticamente al termine la cosa migliore sarebbe rinviare tutto al prossimo anno. Che poi l'Europa si aspetti chiarezza su riforme fondamentali come quelle di giustizia, fisco e concorrenza, il Capitano leghista non vuol sapere. Infine anche Meloni ha pubblicamente sollecitato il Capo dello Stato a intervenire sulla riforma fiscale che la leader di FdI considera «incostituzionale».
Se il punto è la Costituzione, tuttavia, ci sarebbe da obiettare che ciò che viene chiesto al presidente della Repubblica in questi giorni non rientra esattamente nei suoi compiti, che non prevedono di sovrintendere all'indirizzo politico dei governi. Se i tre leader vogliono spingere Mattarella, in quanto lo ha scelto, a prendere sotto tutela Draghi, per convincerlo a cedere sulle riforme, Conte, Salvini e Meloni potrebbero restare delusi.
giuseppe conte in diretta facebook
DRAGHI PRONTO A FARE SENZA LA LEGA
Ilario Lombardo e Francesco Olivo per la Stampa
Cosa vuol dire Matteo Salvini quando ripete «andremo fino in fondo»? Il tono e l'insistenza iniziano a far venire il dubbio che gli ultimatum non siano solo retorica. Anche Mario Draghi se lo sta chiedendo. Prima di decidere se porre la fiducia sulla delega fiscale, il premier vuole capire fino a che punto si spingerà il centrodestra.
Martedì Salvini e Antonio Tajani andranno a Palazzo Chigi per un incontro che rischia di certificare il muro contro muro. Qualche margine di mediazione esiste. Se si tratterà di fare una riformulazione soft del testo, per permettere ai due partiti di centrodestra di sventolare le bandiere contro l'innalzamento - inesistente per il premier - delle tasse, Draghi concederà anche qualcosa. Non sul cuore del provvedimento, però: «La parte sul catasto non si tocca» dicono a Palazzo Chigi.
MATTARELLA DRAGHI
«La parte sul catasto deve essere stralciata» insistono, invece, Lega e Forza Italia.
L'ex banchiere vuole stanare Salvini. E vuole farlo non solo per far emergere quella che considera «pura strumentalizzazione politica» sul tema delle tasse e della casa, ma anche per mettere il segretario del Carroccio di fronte a una scelta. Restare o meno nel governo e in maggioranza.
Da fonti vicine al premier, infatti, appare chiaro un aspetto: l'invasione dell'Ucraina ha stravolto gli scenari interni e rimescolato le priorità. La parola d'ordine che Draghi affida quotidianamente ai collaboratori e ai ministri è «pragmatismo». La guerra in corso e una delle peggiori crisi energetiche della storia non rendono più così semplice smobilitare il governo gravato dai veti dei partiti: «Dobbiamo raggiungere gli obiettivi delle riforme e dobbiamo farlo con pragmatismo» ripete il premier.
salvini meloni
Tradotto da chi lo frequenta ogni giorno vuole dire che quegli obiettivi vanno raggiunti con chi ci sta. La fiducia potrebbe porre Draghi di fronte a un bivio: andare o meno avanti se uno o entrambi i soci di centrodestra della coalizione di governo dovessero votare no. In queste ore la risposta è sempre la stessa: in caso di crisi, con il no alla fiducia di Lega e Fi, Draghi salirebbe al Quirinale, con la disponibilità ad andare avanti, con la maggioranza che a quel punto resterebbe in piedi, più che sufficiente da un punto di vista numerico.
«Se Draghi è rigido, Salvini lo è ancora di più», dice uno dei massimi dirigenti del Carroccio. Stavolta, infatti, non sembra uno dei tanti strappi di cui la Lega è stata protagonista nell'ultimo anno. Il segretario non andrà all'incontro di Palazzo Chigi per dire «esco dal governo», ma questo non significa che gli scenari più estremi non vengano presi in considerazione in queste ore. Durante le ultime riunioni del consiglio federale il messaggio trasmesso è stato chiaro: questa volta non si può uscire dalla battaglia con un compromesso a ribasso, come su Quota 100 il provvedimento bandiera del Carroccio, di fatto cancellato dal governo Draghi, con l'assenso della Lega.
MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI
La battaglia della casa è troppo importante per Salvini, per un fatto identitario, per rinsaldare l'alleanza con Forza Italia (anche se i ministri azzurri ieri hanno frenato) e anche per cercare di uscire dagli imbarazzi provocati dalle posizioni sulla guerra in Ucraina. Sul catasto il partito è unito, quello su cui ci si divide è la conseguenza di tanta durezza: l'ala dura non ha paura a immaginare un'uscita dall'esecutivo, «se ci buttano fuori perché abbiamo detto «no» alle tasse sulla casa, il centrodestra prende l'80%», dice un dirigente del Carroccio. Intorno a Salvini c'è però chi suggerisce prudenza, in vista del confronto con Draghi. La speranza è che il premier eviti di mettere la fiducia oppure che alla fine si trovi un compromesso «mettendo nero su bianco quello che il governo ripete a parole: non ci saranno mai nuove tasse sulla casa». Questione di fiducia, che oggi manca.
sergio mattarella e mario draghi