Ilario Lombardo per “la Stampa”
SIRI CONTE
Tutte le relazioni finiscono con un cellulare che suona a vuoto. Ministri e collaboratori di Lega e M5S hanno detto per mesi: «Finché reggerà il rapporto tra Matteo e Luigi reggerà anche il governo». E loro confermavano: «Ci sentiamo ogni giorno, più volte al giorno, sms, whatsapp, telefonate...». Matteo, che ovviamente è Salvini, e Luigi, che ovviamente è Di Maio, oggi a malapena si salutano. Le ultimissime cronache di governo raccontano di scene mute e di un dettaglio che più di altri immortala la frattura tra i due leader. Salvini non risponde più ai messaggi di Di Maio. Almeno così sussurrano nell' entourage del capo politico del M5S.
SALVINI AL TELEFONO
«L'ha presa sul personale - si è lamentato il grillino - Non ha capito però che ci sono delle responsabilità politiche alle quali non può sottrarsi». Come a dire, che qui non si parla di capricci d'amore ma ci sono impegni precisi che coinvolgono i due vicepremier e che impongono un dialogo costante tra i leader di M5S e Lega.
Coordinamento tra ministeri, scaletta delle proposte, nuove ragioni per andare avanti assieme: anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte auspica un confronto più sereno tra i due. Ma a oggi sembra un miraggio: «Sono sette giorni che chiedo alla Lega di sederci a un tavolo e avere un vertice di governo per parlare di flat tax e salario minimo, ma sono ancora offesi per il caso Siri» si limita a spiegare Di Maio, senza troppo svelare del gelo che è calato con il suo collega di go verno, raccolto anche dai fotografi le ultime (e poche) volte che sono stati visti seduti vicino.
LUIGI DI MAIO AL TELEFONO
C'è tanta campagna elettorale e difficilmente i due avranno occasione di chiarirsi prima del voto. I toni s'impennano ogni giorno di più: «Il 26 maggio non sono elezioni europee, è un referendum tra la vita e la morte, tra passato e futuro, tra Europa libera e stato islamico» arriva addirittura a dire Salvini.
«L’ultimo che ha parlato di referendum è stato Renzi e non gli è andata bene» ironizza Di Maio prima di replicare serio: «Gli italiani alle europee dovranno scegliere tra che si vuole tenere gli indagati per corruzione nelle istituzioni e chi no». Si tratterebbe di elezioni per rinnovare Parlamento e Commissione a Bruxelles, ma l' E uropa paradossalmente è la grande assente di questo dibattito.
Non passa giorno che i leader non macinino annunci di decreti. Dopo quello leghista sulla sicurezza, Di Maio promette un miliardo, risparmiato dal reddito di cittadinanza, da destinare alle famiglie: «Non è uno spot ma fondi da usare per le giovani famiglie e, concretamente, per sconti su pannolini, baby sitter e sgravi sulle rette degli asili nido».
Idee che ripropongono norme già avviate con il centrosinistra. Anche di questo il vicepremier grillino vorrebbe parlare a Salvini, ma il leghista continua a non farsi trovare. Le dimissioni del sottosegretario Armando Siri hanno lasciato una ferita che potrebbe non rimarginarsi più. I nervi ormai si spezzano facilmente.
GIORGETTI E SALVINI
I ministri grillini sono stati testimoni di ben due volte in cui Salvini ha urlato rivoltoalla ministra della Difesa Elisabetta Trenta. In un caso è dovuto intervenire il premier Conte per calmarlo. Inoltre, prima del Consiglio dei ministri in cui si è deciso il destino di Siri - raccontano fonti di Palazzo Chigi - tutti i ministri del Carroccio si sono riuniti nella stanza di Giancarlo Giorgetti in attesa che fosse Conte ad entrare prima di loro, mentre i colleghi del M5S erano già seduti ad aspettare. È finita che il premier ha detto che sarebbe arrivato solo dopo l' ingresso di Salvini e i suoi: «Non esiste che io stia lì ad aspettare loro ...».