Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
giorgia meloni matteo salvini.
Non voleva accendere la miccia della piazza, né parlare troppo di manovra. E invece si ritrova con la Cgil sul piede di guerra e Giuseppe Conte a sostenere la battaglia, saldando un’alleanza sempre più solida. Giorgia Meloni non può sconfessare pubblicamente la linea dello scontro imposta da Matteo Salvini, perché i sindacati scioperano contro la sua legge di bilancio, perché la scelta è assai popolare nell’elettorato e perché ha avallato la mossa della precettazione.
Ma quello che pensa dei toni del leghista, della sua escalation che infiamma il conflitto sociale e attira l’attenzione su una legge di bilancio magrissima, ecco, la leader l’ha lasciato intendere ai (molti) ministri che le hanno chiesto nelle ultime ore come schierarsi: ricordiamo che la legge impone di richiamare ai loro doveri quei lavoratori — è la linea diffusa da Palazzo Chigi — ma senza usare concetti eccessivamente sprezzanti.
landini conte
In fondo, è la sintesi che a metà pomeriggio rende pubblica Giancarlo Giorgetti, con parole assai lontane dalla battaglia di Salvini contro i «week-end lunghi» di Maurizio Landini: «I sindacati hanno la totale legittimità a scioperare — sostiene il titolare del Tesoro — ma dire che questo è un governo che non ha a cura gli interessi dei lavoratori dipendenti, questa critica proprio no».
Succede molto, ma tutto o quasi sottotraccia. Succede ad esempio che Meloni lasci fare per giorni all’alleato, senza esporsi. Dopo lo schiaffo sull’Albania, la presidente del Consiglio concede massima libertà di azione al suo vice. E non commenta. Per non dare troppo peso a Salvini, sussurrano da Palazzo Chigi. Ma ben sapendo che quanto sta accadendo ha un effetto sulla piazza che l’esecutivo dovrà gestire nelle prossime settimane.
giorgia meloni e matteo salvini.
Landini, ad esempio, è furioso. Nel pomeriggio spiega ai suoi collaboratori perché non si recherà ai Trasporti, convocato da Salvini: pensa di essere stato insultato per giorni, spiega ai suoi, e non si presenterà al ministero per non cadere nel «trappolone» predisposto dal segretario leghista, che ha già deciso di precettare.
Ma succede anche altro. Per tutto il pomeriggio nella maggioranza si rincorre una voce: il Colle sarebbe intervenuto ufficiosamente per consigliare all’esecutivo di scegliere parole meno aggressive verso i sindacati, soprattutto se si discute di un tema delicato come il diritto allo sciopero. Non significa negare la legittimità della precettazione, semmai suggerire una de-scalation verbale. Dal Quirinale, a sera, negano questa ricostruzione. Certo è che nel corso della giornata arriva prima la dichiarazione di Giorgetti, poi quella dello stesso Salvini, che afferma: «Vogliamo trovare un equilibrio tra diritto allo sciopero e diritto al lavoro e alla mobilità». La sostanza resta la limitazione imposta dal ministero, la forma è lontana dalla teoria del «week-end lungo» dei giorni scorsi.
conte landini
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C’è infine un altro risultato politico dello scontro alimentato da Salvini: si parla meno di riforme, più di manovra. E si spinge al centro della scena Landini. Al leader sindacale viene affidato lo scettro dell’opposizione sociale all’esecutivo. La prima conseguenza è potenziare l’intesa tra la Cgil e il Movimento di Conte, che si muove in totale sintonia con il principale sindacato d’Italia. Non è una strategia cara a Meloni. La premier ha deciso da tempo di polarizzare lo scontro con Elly Schlein.
meloni salvini
È a lei che si rivolge spesso sui social, con lei vuole condurre lo scontro in vista delle Europee e, poi, del referendum. Anche Conte sa che Palazzo Chigi ha in mente questo schema. In ogni caso, sosterrà nelle prossime ore le ragioni di Landini, senza tentennamenti. E guiderà la battaglia contro la riforma costituzionale, preparandosi alla lotta: «È un pastrocchio. Manca completamente di contrappesi. Invotabile. Inemendabile». La saldatura tra piazza e opposizione si rafforza. Anche grazie a Salvini.
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