E.LA. per “la Repubblica” - Estratti
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Mancava solo Filippo Romeo, detto “Champagne”, a movimentare il viaggio periglioso di Matteo Salvini. E a dare un contorno persino surreale al dibattito interno alla Lega: «Fenomeno, basta col cinema: invece di pensare al Ponte sullo Stretto fai la Como-Chiasso», dice l’influencer che è poi il fratello di Massimiliano Romeo, capogruppo del Carroccio al Senato. Per carità, un corto circuito familiare, e non è che un Romeo debba rispondere del pensiero (o dello show) di un altro.
Ma la curiosità giunge nel giorno in cui anche i big del partito manifestano ad alta voce le perplessità sulla linea politica e sulle candidature che il segretario si appresta a vidimare. A cominciare da quella del generale Roberto Vannacci.
Il primo affondo è di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera. Che sceglie Libero, giornale di ispirazione di centrodestra, per lanciare un paio di messaggi chiari: «Salvini non è in discussione», premette. «Ma - aggiunge - prima delle Europee dobbiamo chiarirci bene sulla linea politica da spiegare alla gente. Noi dobbiamo avere un posizionamento politico chiaro
ZAIA - GIORGETTI - FONTANA - CALDEROLI - SALVINI - FEDRIGA
(...) Affermazioni non troppo distanti dall’uscita di Luca Zaia, governatore del Veneto mai troppo amato da Salvini (e viceversa) che qualche giorno fa ha detto pubblicamente di preferire la vecchia Lega Nord all’attuale.
Molinari, va rimarcato, non ha mai nascosto la sua posizione, sia nei direttivi federali che nei congressi. E non è d’accordo neppure con la linea schiacciata sull’ultradestra europea. Il nodo, secondo lui, prima o poi sarà affrontato. A pensarla in modo diverso, nella Lega, è ad esempio il presidente della Camera Lorenzo Fontana.
La Lega rischia di implodere. E le tensioni sulle liste non aiutano. Il fatto è che i maggiorenti del partito ora fanno pressing su un Salvini reso più debole dai non brillanti risultati elettorali per contare di più nella partita delle candidature. Non vanno giù le scelte “esterne” del segretario: da quella del generale Roberto Vannacci, che probabilmente sarà annunciata nel corso della convention del 23 marzo a Roma, a quella dell’ex forzista Aldo Patriciello. Più altre che si profilano al Sud, a seguito dell’alleanza con forze autonomiste come l’Mpa di Raffaele Lombardo.
toni da re matteo salvini luca zaia
Un malessere silente che adesso emerge nelle parole dell’ex ministro Gian Marco Centinaio: «Vannacci? Io voterò chi ha una storia dentro il partito. Da leghista, in un momento come questo, credo sia giusto premiare i colleghi che si son presi insulti a destra e sinistra facendosi il mazzo in Europa». Un altro fendente verso il numero uno di via Bellerio.
Che materializza l’idea di una fronda. Paolo Grimoldi, uno dei coordinatori del comitato del Nord di Umberto Bossi, lo dice senza mezzi termini: «Vannacci nella Lega non lo vota nessuno». Saranno giorni particolarmente faticosi per Matteo Salvini, che ieri non ha commentato i 68 rilievi scientifici sul progetto del Ponte che ne rallenteranno i tempi di costruzione e che oggi sarà a Padova per proseguire la sua campagna da ministro e capopartito con un altro appuntamento dell’«Italia del sì».
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zaia salvini
TUTTI GIU’ DAL CARRO DEL CAPITANO
Francesco Moscatelli per "la Repubblica"
La solitudine di Matteo Salvini. Non c'è solo la grana Istat. Prendete ieri: nel centrodestra è riemerso anche un fronte trasversale che vuole rinviare la votazione sull'Autonomia, mettendogli l'ennesimo bastone fra le ruote in vista delle Europee. Ma è soprattutto dentro la Lega che molti gli stanno voltando le spalle. Le motivazioni sono varie. C'è la questione ormai sclerotizzata del cattivo rapporto con i "territori".
«Vedete nostri gazebo in giro? Se ne vedete uno andate a controllare: sotto se va bene ci troverete il segretario di sezione con lo zio» sintetizza con amarezza un esponente di primo piano della Liga veneta. La sua mappa sbiadita dell'Italia leghista è pure peggio: «Il Veneto è una polveriera, in Lombardia stanno più attenti a nascondere la polvere sotto il tappeto ma la sostanza è la stessa. E cosa dobbiamo dire della Toscana o dell'Emilia-Romagna? Non cresce più un filo d'erba. Quanto al Sud, ormai si sarà accorto pure Salvini che lì dirigenti e voti vanno e vengono a seconda del vento».
matteo salvini e massimiliano fedriga
Ma c'è pure il tema, che non è più un tabù nemmeno fra i 95 parlamentari che sono il nocciolo duro del salvinismo, del posizionamento a destra in Europa e delle candidature per Strasburgo. Con l'avvicinarsi del voto di giugno, infatti, aumentano i dubbi sia sull'alleanza con Marine Le Pen e i tedeschi dell'Afd, sia sulla scelta "disperata" di provare a raggranellare voti schierando il generale Roberto Vannacci o accordandosi con l'Udc di Lorenzo Cesa, l'Mpa di Raffaele Lombardo o "Italia del Meridione" di Orlandino Greco.
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MATTEO SALVINI RICCARDO MOLINARI
Poi c'è chi critica Salvini a parole e chi, invece, lo indebolisce stando in silenzio. Martedì a Verona, ad esempio, non è sfuggita a nessuno la distanza, anche fisica, che separa ormai Salvini dal governatore veneto Luca Zaia. Raccontano che il segretario gli abbia chiesto un faccia a faccia di cinque minuti e che il Doge abbia provato in tutti i modi a svicolare. Discorso simile per il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, che da tempo si limita a una difesa d'ufficio del segretario. Molti, poi, sono rimasti colpiti dall'intervista rilasciata ieri a Libero dal capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. Titolo: «Matteo non si discute. Alla nostra Lega serve una linea più chiara».
MATTEO SALVINI RICCARDO MOLINARI
Sommario: «Dobbiamo parlare agli elettori di Nord, autonomia e imprese». I toni sono soft, il perimetro delle critiche è circoscritto, ma basta leggere tra le righe per cogliere perplessità e timori. E che pensare invece delle esternazioni via Instagram di Filippo Champagne, al secolo Filippo Romeo, fratello del capogruppo del Carroccio al Senato Massimiliano Romeo? In un video l'influencer si rivolge al Salvini ministro dei Trasporti con queste parole: «Facciamo il Ponte, facciamo le autostrade. Fai sempre il cinema. Dove sei, fenomeno? Sono 20 anni che sulla Como-Chiasso fanno i lavori e la galleria è chiusa quasi tutte le sere».
MASSIMILIANO ROMEO
Indizi, con pesi politici diversi, che però portano tutti nella stessa direzione: nell'ultimo partito leninista italiano è iniziato l'assedio al segretario federale, in vista di una sua sostituzione qualora le Europee dovessero confermare la fine di un ciclo. I risultati infelici delle regionali in Sardegna e in Abruzzo (3,7 e 8,4%) sono stati un catalizzatore. Si è tornati a parlare di triumvirati (con il partito affidato ai tre governatori Attilio Fontana, Massimiliano Fedriga e Luca Zaia), gestioni collegiali e traghettatori super partes (il ministro Roberto Calderoli). «Chi si aspetta una sfida congressuale, però, ha sbagliato film, anche perché da quel punto di vista Matteo è blindato - ragiona un deputato -. Qui piuttosto lo stanno lavorando ai fianchi, e andranno avanti finché non sarà lui a mollare il colpo».
A inaugurare la guerra di logoramento sono stati i bossiani. Il Senatur ha rilasciato una delle sue ormai rare interviste a Malpensa24.it dicendo di voler «rimettere a posto la Lega».
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Paolo Grimoldi, coordinatore del Comitato Nord lanciato dallo stesso Bossi, ha chiesto al segretario «un passo di lato» e gli ha suggerito di togliere il suo nome dal simbolo per evitare ulteriori crolli. Ma non è finita. Ci sono l'ex ministro Roberto Castelli pronto ad allearsi con "Sud chiama Nord" di Cateno De Luca e l'ex capogruppo Marco Reguzzoni che pensa di candidarsi da indipendente nelle liste di Forza Italia. Ovvero con gli alleati-rivali che ora sognano di superare il Carroccio anche in Lombardia e di fare campagna acquisti pure fra i consiglieri leghisti del Pirellone e di palazzo Marino. Provando a lasciare Salvini un po' più solo anche nella sua Milano.
bossi salvini filippo champagne fratello di massimiliano romeo 4 LUCA ZAIA UMBERTO BOSSI MATTEO SALVINI umberto bossi e matteo salvini