Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
di maio conte salvini
L'introduzione della Var in Consiglio dei ministri potrebbe tornar utile al governo per rivedere in tempo reale le azioni incriminate ed evitare clamorose figuracce. Ma se la moviola fosse stata già operativa nella riunione sul decreto fiscale, Di Maio non avrebbe potuto dire ciò che poi ha detto, allungando l'ombra del sospetto sulla Lega e in particolare su Giorgetti.
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Le immagini mostrerebbero infatti il sottosegretario alla presidenza che abbandona il salone, mandando rumorosamente a farsi benedire Conte, Fraccaro e lo stesso Di Maio, siccome il premier e i ministri grillini gli avevano appena bocciato una norma a favore delle società sportive dilettantistiche, a cui voleva consentire una «pace fiscale» entro i trentamila euro.
Ora, com'è possibile che i Cinque Stelle si siano impuntati sugli spiccioli, e abbiano lasciato passare uno scudo milionario? Anche perché - come ha rivelato ieri il vice ministro leghista Garavaglia - dopo che Giorgetti se n'è andato «è stato Di Maio a verbalizzare la seduta». Un modo vendicativo per sottolineare che il capo di M5S non poteva non sapere.
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI
D'altronde persino Casaleggio sapeva, e fin dalla scorsa settimana, che il decreto fiscale stava per trasformarsi in un'insostenibile tassa politica, per di più alla vigilia della kermesse nazionale del Movimento. Non a caso, durante l'ultima riunione interna, Buffagni si era esposto, mettendo tutti sull'avviso: «Non aspetterò di farmi spiegare dai giornali che noi abbiamo approvato un condono».
Profetico, e senza dover ricorrere alla Var, il sottosegretario grillino aveva di fatto anticipato ciò che oggi è manifesto: e cioè che la quadratura del cerchio per Di Maio e Salvini è un problema irrisolvibile. Per quanto i loro rapporti personali siano ottimi, si trovano costretti a fronteggiare un nodo politico che ha aperto la prima vera faglia nell'asse giallo-verde.
salvini giorgetti
La prossima promette di essere ancor più insidiosa, ma a parti rovesciate. Perché la delegazione leghista al governo già freme in vista del reddito di cittadinanza: l'idea che il provvedimento possa essere esteso anche agli immigrati, è considerata «inaccettabile»: «Per noi - spiega un autorevole ministro del Carroccio - sarebbe impossibile votarlo».
E se oggi appare inimmaginabile una crisi sul condono, nonostante la regia mediatica preveda l'innalzamento della tensione nel governo fino alla convention dei Cinque Stelle nel fine settimana, resta da capire per quanto tempo i due vicepremier riusciranno a trovare un compromesso.
CONTE GIORGETTI
Su questo tema il leader della Lega è chiaro con il suo stato maggiore: «Bisogna tirare in lungo, anche perché non otterremmo le elezioni anticipate. Fuori noi, altri farebbero dell'altro». Salvini non deve dare un nome ai protagonisti della presunta manovra di Palazzo. Gli indizi raccolti dai leghisti conducono al presidente della Camera Fico, «che ci sta lavorando», e arrivano fino «al Quirinale e all' establishment europeo»: «Perché siamo noi a essere temuti a Roma come a Bruxelles, non i Cinque Stelle». La scorsa settimana i vertici della Lega hanno fatto un'analisi sullo stato di salute del governo, e l'attacco di Di Maio sul decreto fiscale ha avvalorato la tesi secondo cui il capo di M5S «non reggerà ancora per molto» e il Movimento sarà «destinato a spaccarsi».
MATTARELLA E FICO
Il sismografo della situazione è sempre Giorgetti, che ieri ha riservato più di un epiteto verso gli alleati e verso il premier, colpevole ai suoi occhi (tra le altre mille cose) di non averlo difeso dalle accuse grilline. Peraltro la sparata di Di Maio è parsa la «scopiazzatura» di una vecchia tattica già adottata dal Carroccio.
Nel '94, all' epoca del primo governo Berlusconi, Maroni si comportò più o meno allo stesso modo per mandare a picco il decreto Biondi sulla giustizia, appena approvato in Consiglio dei ministri: «Non avevo letto il testo», disse l'allora titolare dell'Interno per conto di Bossi. E il provvedimento, caro al Cavaliere, saltò. Di lì a qualche mese sarebbe saltato anche il governo.
casellati fico conte mattarella
Nonostante Salvini giuri che l'esecutivo «durerà cinque anni», l'importante è che duri quantomeno fino alle Europee. Deve essere ancora a Palazzo Chigi infatti per poter realizzare il suo disegno: superare i grillini nelle urne e poter così rivendicare il futuro commissario italiano a Bruxelles. L'ingresso nel sancta sanctorum dell' Unione avrebbe un forte impatto anche a livello nazionale. Perciò il governo non dovrà cadere fino ad allora: perché tutte le strade portano a Roma...
2 - COSA C’E’ DIETRO I COMPORTAMENTI DA BIBITARO FESSO DI LUIGINO DI MAIO? PERCHE’ ACCETTA DI FARE LA FIGURA DELL’ALLOCCO, MINACCIANDO DI ANDARE IN PROCURA, PER PRESUNTE MANIPOLAZIONI AL DECRETO FISCALE CHE IL QUIRINALE NON HA MAI RICEVUTO? - DIETRO TUTTO QUESTO C’E’ LO SCONTRO A DISTANZA (RAVVICINATA) CON MATTEO SALVINI - IL LEGHISTA HA UNA STRATEGIA PRECISA: NON TOCCARE LE QUESTIONI ECONOMICHE, LASCIARE CHE I GRILLINI SI SCHIANTINO SUI CONTI E SULLE PROMESSE IRREALIZZABILI - SE LA LEGA PRENDERÀ INTORNO AL 30% ALLE EUROPEE, IL PIANO DI SALVINI È GIÀ PRONTO…