Stefano Folli per “la repubblica”
giancarlo giorgetti matteo salvini
Nello sforzo di Matteo Salvini, desideroso di riaggiustare come può l'immagine della Lega anche e soprattutto rispetto all'Europa, colpiscono due aspetti. Il primo è il realismo alquanto tardivo: il leader del Carroccio, noto per la sua rapidità tattica, stavolta ha atteso davvero troppo. Si è fatto anticipare da Giorgetti e in fondo anche da Zaia, entrambi esponenti dell'anima settentrionale della Lega, l'unica che dà senso al partito, come è evidente dopo lo scarso successo dei tentativi di scendere al Sud in cerca di un profilo nazionale.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Quel che è peggio per lui, Salvini si è fatto scavalcare da Giorgia Meloni nella ricerca di un nuovo rapporto con l'Europa. Gli intransigenti salviniani a questo punto sostengono che i maggiori giornali coccolano la presidente di Fratelli d'Italia così da poterla usare come un ariete contro il Carroccio per poi disfarsene tacciandola di "neofascismo". In realtà la Meloni è piuttosto accorta, attenta a non farsi usare, a non ricalcare le orme di Fini e a non incrinare l'alleanza con il Carroccio.
GIORGIA MELONI LUCA ZAIA MATTEO SALVINI
La rivalità, certo, è inevitabile, ma è pur vero che FdI per ora raccoglie i suoi consensi dove i leghisti sono più deboli; e viceversa. Il punto è che sul tema Europa la giovane alleata di Salvini si è mossa prima e meglio dell'ex ministro, costringendo quest' ultimo a una rincorsa un po' incoerente. È ovvio e inevitabile che i giornali lo segnalino. Il secondo aspetto riguarda le mosse del leader leghista - tuttora accreditato, va detto, della maggioranza relativa nei sondaggi. Sono sconcertanti.
matteo salvini con vladimir putin
Egli - noto ammiratore di Putin - si aggrappa a uno slogan che non gli è mai appartenuto, oltretutto preso in prestito da altri: la «rivoluzione liberale», ossia il programma sbandierato a suo tempo da Berlusconi e mai realizzato. Che lo riprenda Salvini nel 2020, senza aver mai dato l'impressione di avere qualcosa in comune con quella cultura, è davvero singolare. Tanto più che cita quale interlocutore e forse modello da imitare l'ungherese Orbán, non proprio un esempio di liberalismo.
MATTEO SALVINI CON MARINE LE PEN A PARIGI
Il quale, come uomo della destra del Ppe ha invece da tempo un canale privilegiato con Giorgia Meloni. Anche qui è arrivata prima lei. In definitiva Salvini ha capito di dover abbandonare non solo l'estremismo anti-euro, ma in particolare le sue relazioni con i tedeschi di AfD, nemici giurati di Angela Merkel, e con Marine Le Pen, esponente di una destra destinata alla disfatta perenne.
Tuttavia la marcia di avvicinamento al Ppe come simbolo della svolta moderata, se di questo si tratta, è ancora poco convinta e piena di contraddizioni, vissuta quasi come una sconfitta personale. Eppure è difficile non vedere che qualcosa si muove a destra. I conservatori oggi guidati dalla Meloni sono, sì, all'opposizione nel Parlamento europeo, ma costituiscono un gruppo che comunque conta e ancor più potrebbe contare negli equilibri dell'Unione. Salvini deve temere non tanto l'isolamento, quanto una sostanziale emarginazione.
DONALD TRUMP E MATTEO SALVINI
A maggior ragione se Trump, come si prevede, dovesse perdere la Casa Bianca tra meno di un mese. Il "sovranismo" ha radici antiche, ma è stato accreditato in questi anni dalla Brexit e soprattutto dalla presidenza Trump. L'uscita di scena del presidente Usa cambia il quadro e impone ai nazionalisti europei di ripensare se stessi. In un certo senso le manovre europee in corso nella destra italiana sono una conseguenza diretta della fine del "trumpismo".