FRANCESCO MOSCATELLI,FRANCESCO OLIVO per la Stampa
MATTEO SALVINI
I giorni amari del Quirinale pesano ancora, il segretario della Lega riunisce il Consiglio federale per serrare le fila, accennare alla strategia dei prossimi mesi e soprattutto per tentare di mettere a tacere ogni possibile focolaio di dissenso. Matteo Salvini apre ai governatori che avevano chiesto un maggiore coinvolgimento, ma al tempo stesso manda un messaggio: niente controcanto e «metteteci la faccia».
Il principale organo del partito, ormai da alcuni anni, non è il luogo del vero confronto interno, e anche stavolta nessuno osa criticare il capo che, al contrario, riceve il mandato per lavorare alla federazione che dovrebbe rifondare il centrodestra e incalzare il governo su energia, tasse e immigrazione, in vista del suo prossimo incontro con Mario Draghi.
Ma Salvini sa che nei momenti di debolezza, e i giorni scorsi sono stati durissimi, emergono voci sparse consegnate ai giornali, così parte all'attacco: «Chi ha qualcosa da dirmi, lo faccia nelle sedi opportune» e nessuno pare averlo fatto.
Parole dure invece per quei parlamentari che avrebbero alluso, secondo un articolo del Riformista, a un suo uso di droghe: «Se li scopro li caccio», ha detto Salvini, aggiungendo che ha donato il sangue.
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI
Il leader leghista fa la voce grossa anche perché ritiene di essere andato incontro alle richieste dei presidenti delle Regioni del Nord, Fedriga e Zaia, e dell'ala "governista". Nella fase più drammatica delle trattative per eleggere il presidente della Repubblica, tra Giorgia Meloni e Mario Draghi ha scelto quest' ultimo, rompendo di fatto la coalizione di centrodestra per restare nella maggioranza. Salvini quindi crede sia arrivato il momento di mettere un freno alle critiche, a cominciare da quelle di Giorgetti, «Giancarlo non ha obiettato nulla - spiegano i fedelissimi del segretario - anzi ha condiviso gli obiettivi di Salvini».
Il ministro dello Sviluppo economico non avrebbe accennato alle dimissioni dal governo, ventilate sabato scorso, mentre si votava per l'elezione del presidente della Repubblica. Giorgetti è tornato però sul punto che più lo preoccupa, la tenuta del governo, il ministro è pessimista e ritiene sia difficile arrivare fino al 2023. Salvini si presenta alle 15.20. È a piedi e sembra quasi rincuorato nel vedere che ad attenderlo c'è un muro di obiettivi e microfoni come in via Bellerio non se ne vedevano da anni. C'è da lanciare il nuovo Partito Repubblicano e anche la scenografia vuole la sua parte. Lo storico quartier generale del Carroccio, tra Affori e Niguarda, è immerso in un déjà vu: sarà il citofono che ha ancora sopra la scritta Radio Padania (da venti giorni si chiamerebbe Radio Libertà), saranno i residenti che scrutano la strada incerti per capire se è davvero il caso di portare a spasso il cane fra i cavalletti delle telecamere, sarà lo stesso Salvini che alle 18.10 se la svigna dal "portone di Bossi" dopo aver fatto aprire il cancello principale proprio come faceva negli anni d'oro il Senatùr. Fuori da qui Salvini è in mezzo a un fuoco incrociato.
MATTEO SALVINI
Da una parte Giorgia Meloni lo accusa senza pietà, dall'altra Forza Italia pronta a federarsi con quei partiti centristi che la Lega accusa di aver tradito i patti (parole durissime contro Toti). Per tentare di rimettere insieme i cocci della coalizione la Lega ha chiaramente scelto gli azzurri. Silvio Berlusconi ha ricevuto il leader della Lega ad Arcore, la visita è stata gradita, ma non è servita ad accelerare la nascita della federazione con il Carroccio. Prima di parlare di Partito Repubblicano («una mia vecchia idea», ha detto il Cavaliere), Forza Italia vuole rafforzarsi al centro alleandosi con le formazioni di Giovanni Toti, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi. Solo a quel punto si può intraprendere un cammino comune con il Carroccio, «da pari a pari».
meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi
La federazione quindi, secondo i piani di Arcore, potrà in caso nascere solo a ridosso delle elezioni politiche. Qualche dubbio su questo progetto emerge anche nella "vecchia Lega": «Si inizia a parlare di un contenitore senza sapere davvero quale dev' essere il contenuto - dice l'ex ministro Roberto Castelli - Una questione come quella dell'autonomia che posto avrà? Se queste istanze verranno dimenticate dentro la Lega qualcosa succederà».
Salvini ha deciso di non rispondere agli strali di Fratelli d'Italia, «non sarà la Lega a voler strappare, nessuno è un traditore», un modo per non chiudere la porta a un'alleanza che con questa legge elettorale resta quasi obbligata.
MATTEO SALVINI DONA IL SANGUE
Poi se Meloni non cambierà atteggiamento, si ragiona in via Bellerio, si condannerà all'isolamento. Quel che conta per Salvini ora è aver serrato le fila, ma il partito non è monolitico come un tempo: «Nella Lega oggi ci sono tre componenti - sintetizza Castelli - i salviniani di ferro, che occupano tutti i ruoli chiave ; gli sconcertati, quelli che non capiscono più da che parte sta andando il partito. E poi c'è il terzo gruppo: quelli inccome puma». Ma le rivolte sono sedate sul nascere. Per ora.
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