Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
giorgia meloni e matteo salvini alla camera
Raccontano che ancora ieri Giorgia Meloni abbia chiesto ai suoi fidati consiglieri: «Ma davvero Salvini va con loro?». Loro sono l’ungherese Viktor Orban, il ceco Andrej Babis e il leader dell’Fpo austriaco Herbert Kickl. Tre filoputiniani di ferro. Un gruppo di amici di Mosca.
Con loro intende legarsi anche Matteo Salvini, sotto le insegne dei nuovi “patrioti”.
Ha fatto sapere che è disponibile a farlo anche se Marine Le Pen dovesse invece tentennare (la tesi dei meloniani è che comunque non tentennerà, e alla fine dirà sì anche lei alla fusione con la pattuglia di Visegrad). Ma perché a Palazzo Chigi questa svolta della galassia sovranista allarma?
mateusz morawiecki viktor orban matteo salvini
Perché oltre a spingere verso il centro dello scacchiere dell’Europarlamento i Fratelli d’Italia e l’Ecr – come fosse destra annacquata, all’opposizione ma non troppo di Ursula von der Leyen, meno nazionalista degli ultranazionalisti – certificherebbe che un vicepremier del governo italiano è perno del contenitore più vicino a Vladimir Putin.
Un problema enorme, per una premier che ha speso i primi venti mesi di potere investendo sul posizionamento atlantico. Una circostanza imbarazzante, per un Paese del G7 e tradizionalmente vicino a Washington.
giorgia meloni e matteo salvini alla camera
Per questo, Meloni ha chiesto spiegazioni. Considerando la scelta una sfida aperta, se non addirittura un atto politico di guerriglia al suo esecutivo e alla sua leadership.
Come detto, la metterebbe in difficoltà innanzitutto in sede continentale, proprio mentre va delineandosi una maggioranza atlantista ed europeista, vicinissima a Kiev.
E delegittimerebbe la posizione del governo italiano anche in sede Nato. Per intenderci: anche Orban è giudicato ormai da anni ingestibile a Bruxelles e troppo vicino a Putin (e Trump) per potersi considerare affidabile.
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matteo salvini giorgia meloni
Un atto di aperta ostilità, dunque: ecco come Meloni vive le recenti mosse di Salvini. A cui va aggiunto un altro dettaglio cruciale: sia Orban che Babis godono di un filo diretto con Trump.
E Salvini, attraverso la mediazione di Elon Musk, sta provando a costruire un rapporto con il candidato repubblicano (che culminerà in una missione negli Usa).
E dunque, anche su questo terreno la premier rischia di pagare il ruolo istituzionale – e il rapporto costruito con Biden – rispetto al suo vicepremier, in caso di vittoria del tycoon.
E non è finita qui. Oggi il gruppo dei Conservatori europei si riunisce nel siracusano, a Brucoli, per provare a mettere pace tra Fratelli d’Italia e il Pis polacco. L’ex premier Mateusz Morawiecki ha fatto sapere che c’è un 50% di possibilità di passare con Orban.
Ciò che lo frena è proprio la vicinanza a Mosca del nuovo gruppo, perché l’estrema destra polacca si è schierata fin dall’inizio con Kiev. E però, negli ultimi mesi questo approccio è diventato via via meno rigido. Se il Pis dovesse mollare Meloni – e Le Pen fondersi con la pattuglia di Visegrad - Ecr si ritroverebbe con poco più della metà dei seggi dei Patrioti putiniani.
viktor orban incontra matteo salvini a roma
Sono condizioni che non aiuterebbero la trattativa tra Meloni e von der Leyen (si fa fatica a definirla tale, visto lo stato dei rapporti personali dopo l’ultimo Consiglio europeo).
La speranza della presidente del Consiglio è che una vittoria dei lepenisti complichi la nomina già decisa – e annunciata da Emmanuel Macron - di Thierry Breton come vicepresidente esecutivo e commissario a Concorrenza e mercato interno.
viktor orban herbert kickl andrej babis
È proprio il mercato interno che sogna Meloni. Difficile che la ottenga, più probabile che le venga assegnato il Bilancio e Pnrr. Di certo, Ursula non potrà garantirle il riconoscimento politico sperato: le concederà un buon portafoglio e non le chiederà ufficialmente niente in cambio, perché altrimenti si rivolterebbero liberali e socialisti. Meloni risponderà al massimo con una dichiarazione d’astensione.
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