4 marzo 2019.
“Non esiste modica quantità: ti becco a spacciare, vai in carcere” pic.twitter.com/iXbXzJCspH
— Edoardo Buffoni (@EdoardoBuffoni) September 28, 2021
matteo salvini al citofono in cerca di spacciatori
1 - MORISI: SALVINI, NON MI PENTO DELLA CITOFONATA DI BOLOGNA
(ANSA) Matteo Salvini non si è pentito della citofonata fatta ad un presunto spacciatore al quartiere Pilastro di Bologna nel 2020, quando chiese "Scusi lei spaccia?". A margine di un sopralluogo all'ex Macello di Milano, infatti, il leader del Carroccio, a chi gli chiedeva se, alla luce degli sviluppo della recente vicenda Morisi, si fosse pentito di quella citofonata, ha risposto: "No, perché hanno arrestato degli spacciatori. Lì c'erano degli spacciatori che sono stati arrestati. Non andiamo a caso. Diciamo che sono stato ministro dell'Interno e qualche contatto con le forze dell'ordine ce l'ho".
2 - «MA LUCA, COM'È POSSIBILE?», IL LEADER LEGHISTA SPIAZZATO, IL TENTATIVO DI LIMITARE I DANNI
Cesare Zapperi per il "Corriere della Sera"
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La prima reazione è stata di stizzita incredulità. «Ma Luca, com'è possibile?». Poi è subentrato un sentimento misto di rispetto per il dramma dell'uomo e di riconoscenza per quanto il lavoro di quello stesso uomo ora in ginocchio ha pesato nella crescita della leadership.
E ha vinto la scelta di far prevalere il sentimento sulla ragione. «Quando un amico sbaglia e commette un errore che non ti aspetti, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a rialzarsi».
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Di certo, tutto poteva aspettarsi Matteo Salvini tranne che uno dei suoi più stretti collaboratori scivolasse su una questione di droga, per quanto dai contorni ancora poco definiti.
Un tema tante volte agitato e usato come arma propagandistica improvvisamente è diventato un punto debole. La classica nemesi che ora tutti gli mettono sotto il naso, ma di cui il segretario leghista non viene messo a parte subito.
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Morisi rassegna le dimissioni da tutti gli incarichi a inizio settembre. Ma solo una decina di giorni dopo racconta a Salvini della perquisizione subita a casa e dell'inchiesta che lo coinvolge.
È in quel momento che il segretario capisce che i problemi personali, un mix di stress da superlavoro più carattere chiuso ed introverso e lockdown, sono diventati una matassa più ingarbugliata che rendono ancor più fragile quello che fino a quel momento era da tutti considerato un genio, un superuomo esente dalle turbative dei comuni mortali.
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«Io non ti mollo» dice Salvini a Morisi. «Ma adesso devi pensare a stare bene». Non ne parlano con nessuno. Forse illudendosi che una vicenda su cui sta indagando la magistratura possa passare inosservata. Poi, venerdì scorso il guru della comunicazione annuncia ufficialmente l'addio a tutti i suoi incarichi nella Lega motivandolo con generiche «ragioni personali».
Con il senno di poi è forse un ultimo, un po' maldestro, tentativo di uscire di scena cercando di non sollevare troppa polvere. Salvini non commenta. Anche lui probabilmente spera di superare indenne l'ostacolo. Solo che Morisi non è una pedina qualsiasi dello scacchiere leghista.
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Tutti lo conoscono per la «Bestia», la spettacolare macchina social che ha costruito e rafforzato l'immagine del leader. Ma negli ultimi sette anni per Salvini è stato molto di più: consigliere, ideologo, stratega, ispiratore. Il rapporto è tra due persone che più diverse non potrebbero essere.
Il segretario estroverso, facile alla battuta, amante delle compagnie allargate e capace di trovate estemporanee. Morisi è, al contrario, la persona molto intelligente ma chiusa, il secchione tutto libri e studi e poca brigata.
luca morisi
Salvini vorrebbe «proteggerlo», anche dai nemici interni che non vedono l'ora di liberarsi di quella macchina della propaganda che ai leghisti della prima ora non piace per nulla, ma la notizia dell'inchiesta esce.
LA CASA DI VILLEGGIATURA DI LUCA MORISI
È una bufera annunciata. Morisi non può più usare formule generiche, deve ammettere di vivere un «momento doloroso» che «rivela fragilità esistenziali irrisolte». E Salvini può solo ricorrere alla mozione degli affetti («Ti voglio bene amico mio, su di me potrai contare. Sempre») per cercare di arginare l'onda di ritorno degli avversari politici che gli rinfacciano il giustizialismo sempre applicato agli altri e risparmiato all'amico. Ma per il leader ormai sottrarsi alla nemesi non è più possibile.