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    AGENTI PICCHIATORI – VIDEO CHOC: LA POLIZIA PENITENZIARIA PESTA BRUTALMENTE UN DETENUTO DI SAN VITTORE – NELLE IMMAGINI SI VEDONO TRE AGENTI CHE LO TENGONO FERMO, UNA QUARTA PRENDE LA RINCORSA E GLI TIRA UN PUGNO, POI… – SOVRAFFOLLAMENTO, EDIFICI VECCHI E ADESSO PURE IL CORONAVIRUS: LE PRIGIONI ITALIANE SONO UNA POLVERIERA PRONTA A ESPLODERE


     
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    Luigi Ferrarella per www.corriere.it

     

    Tre persone che lo tengono fermo, e una quarta che prende la rincorsa per tirargli un pugno e poi colpirlo altre quattro volte: è una scena che non sorprenderebbe in una rissa per strada, invece è l’oggetto di un processo iniziato ieri a Milano su un fatto avvenuto in carcere.

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    Perché la persona colpita (per fortuna senza che si sia fatta molto male) è un detenuto, mentre gli imputati sono 8 agenti di polizia penitenziaria ora a giudizio per «lesioni personali».

     

    L’episodio non è sinora mai stato conosciuto dai mezzi di informazione benché risalga al 6 giugno 2019, ma non per effetto di manovre insabbiatorie: anzi, al contrario, dagli atti del dibattimento iniziato lunedì davanti alla II sezione del Tribunale risulta che è stata proprio la direzione del carcere a segnalare l’accaduto all’autorità giudiziaria.

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    Se i penitenziari italiani alle prese con l’endemico sovraffollamento dei detenuti nelle celle non esplodono è solo perché — e non lo si riconoscerà mai abbastanza — a fare da custodi ma anche da assistenti di fatto, ammortizzatori delle tensioni, e persino «psicologi» quotidiani, sono gli uomini e le donne della polizia penitenziaria.

     

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    Tanto più in un carcere di vecchia costruzione come San Vittore, che quindi moltiplica le difficoltà di gestione. E ancor più in periodo di emergenza Covid (di cui San Vittore è uno degli «hub» regionali), che impone di fare miracoli per assicurare percorsi e aree e trattamenti differenziati per detenuti e agenti che siano positivi, o in quarantena, o in attesa di tampone.

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    E ad aggravare il tutto, sempre più negli ultimi anni, è l’elevata incidenza nella popolazione carceraria non soltanto della tossicodipendenza ma anche del disagio psichico, due fenomeni che complicano moltissimo la quotidianità della vita in carcere affidata, nel suo delicato equilibrio interno, proprio alla professionalità e sensibilità degli agenti di custodia.

     

    Ciò non toglie però che non possa essere una modalità di gestione di detenuti «difficili» quella che il capo d’imputazione del pm Paolo Filippini ora descrive sulla base dei filmati di videosorveglianza interni alle ore 13 del 6 giugno 2019.

     

    RIVOLTA AL CARCERE DI SAN VITTORE - DETENUTI SUL TETTO RIVOLTA AL CARCERE DI SAN VITTORE - DETENUTI SUL TETTO

    «Dopo una discussione» con un giovane detenuto della Guinea Bissau, che sembra reagire verbalmente ma non appare mai fisicamente aggressivo, questi «veniva trattenuto con forza» da tre agenti «che bloccavano i suoi movimenti», mentre un assistente capo, «calzati i guanti, gli sferrava plurimi pugni al volto»: un altro agente «lo colpiva con un pugno al volto», e altri tre agenti, in aggiunta ai tre che lo tenevano fermo, «lo spingevano a terra ove veniva percosso, immobilizzato, sollevato da terra e trasportato per gli arti all’interno della struttura».

     

    il carcere di san vittore in fiamme il carcere di san vittore in fiamme

    Visitato alle 13.13, il detenuto — in passato a volte turbolento sino all’incendio della cella — alle 15.36 accusava un collasso in cella, e veniva visitato di nuovo alle 19.02, per poi essere portato per scrupolo in ambulanza al Niguarda.

     

    Per fortuna i pugni erano stati in qualche modo o parati o mezzi schivati, come si ricava dalla diagnosi di «trauma facciale» con tre giorni di prognosi nell’ex centro clinico del carcere. Gli 8 agenti sono ora imputati di «lesioni personali» con due aggravanti: aver agito in più di 5 e nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, e aver approfittato di circostanze di tempo e luogo (in carcere, ai danni di un detenuto) «tali da ostacolare la pubblica o provata difesa. Il processo finirà in primavera 2021, mentre una tappa intermedia a fine anno si è resa ieri necessaria perché il detenuto, nel frattempo contagiato dal Covid, non ha perciò potuto firmare la procura speciale al proprio avvocato per la richiesta di costituirsi parte civile.

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