Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera
sangalli
Il direttore generale licenziato. Tre vicepresidenti che mandano una lettera al presidente invitandolo a dimettersi immediatamente. Il presidente che resiste. Nella Confcommercio è l' ora delle accuse e dei sospetti. Una storia lunga e complicata. Dove si intrecciano poteri, relazioni, minacce, querele e investigatori privati. Un terremoto che vede protagonista Carlo Sangalli, l' incontrastato presidente della potente associazione di categoria: viene attaccato e contrattacca. Sullo sfondo, tra cose dette e non dette, i rapporti con una ex segretaria.
Tutto comincia il 7 giugno scorso a Roma dopo l' assemblea generale di Confcommercio, la federazione che raccoglie più di 700 mila imprese commerciali.
sangalli
Dopo la kermesse della mattina, che ha visto la presenza dei vice premier Luigi Di Maio e Matteo Salvini freschi di nomina, Carlo Sangalli riceve una lettera riservata. Il contenuto guasta irrimediabilmente l' umore dell' 81enne presidente che dal 2006 è sulla tolda di comando di Confcommercio dopo essere stato parlamentare della Dc dal 1968 al 1994, oltre a essere uno dei vicepresidenti della Fondazione Cariplo di Milano. A firmarla sono tre dei sette vicepresidenti - Maria Luisa Coppa, Renato Borghi e Paolo Uggé - che lo accusano, senza mezzi termini, di non poter più restare in carica, facendo riferimento a «ragioni-etico-morali» che lo renderebbero «totalmente incompatibile» con la poltrona.
Lo invitano a rassegnare subito le dimissioni. Ma cosa è successo?
«Quanto accaduto e il numero di persone che ne sono a conoscenza costituiscono un grave, incombente e temibile pericolo per la reputazione della Confederazione (basta scorrere la rassegna stampa quotidiana che mette in risalto in tutto il mondo analoghe circostanze)».
carlo sangalli
Non lo si dice esplicitamente, ma secondo più fonti chi scrive si riferiva ai casi di molestie di produttori e registi che da settimane riempivano le pagine dei giornali. Nella lettera si dice anche di aver preso questa iniziativa «a tutela della Confederazione, di noi stessi che non vogliamo assumere un atteggiamento omertoso, ma anche di te che ostinatamente trascuri il rischio, se la questione divenisse pubblica, di dover lasciare non solo l' incarico nazionale». Uno dei vicepresidenti parla a Sangalli ad aprile, preoccupatissimo per le conseguenze sulla Confcommercio.
Nessuno dei firmatari ha voluto rilasciare dichiarazioni al Corriere della Sera.
Di fronte a un tentativo di delegittimazione così pesante, Sangalli non reagisce subito, come forse ci si sarebbe aspettato, non si scaglia pubblicamente contro i suoi accusatori per dimostrare la sua estraneità a ogni violazione dell' etica e della morale che, a norma del codice etico dell' associazione, gli imporrebbero di lasciare la poltrona.
carlo sangalli
Dopo 12 giorni risponde di non avere neppure una pallida idea di cosa si stesse parlando, chiede di avere spiegazioni e accusa lo scritto di essere «quasi minatorio», spiega di non aver alcun motivo o ragione per dimettersi e accusa i vice di fare una «campagna denigratoria». Ora dichiara di aver affrontato subito due dei vicepresidenti di persona e che, dopo la lettera, aveva incaricato un avvocato penalista e a gennaio si era rivolto anche a un investigatore privato. Per lui, solo parlare di un caso di molestie è già una «condanna definitiva e senza possibilità di appello o difesa». E protesta: «Escludo categoricamente di aver mai molestato chicchessia, né nel 2011 né mai! Non ho mai mancato di rispetto a nessuno dei miei collaboratori, anzi tutt' altro».
La questione riguarda i rapporti tra Sangalli e la sua ex segretaria. A primavera 2018 i tre vicepresidenti erano anche venuti a sapere dell' esistenza di un atto firmato a gennaio 2018, davanti a un notaio di Roma, con il quale Sangalli aveva donato alla signora, che aveva lasciato il suo ufficio anni prima, 216 mila euro (200 mila più l' 8% di tasse che la donataria deve versare al Fisco). I contraenti non specificano la motivazione e la signora, contattata dal Corriere, ha preferito non parlare.
Sangalli Carlo
Davanti al notaio è seduto come testimone anche Francesco Rivolta, allora direttore generale di Confcommercio, che assiste all' operazione. Potrebbe trattarsi di un risarcimento? Sangalli spiega che ha «pagato perché costretto da una vera e propria violenza psicologica», fatta di pressioni e di richieste di dimissioni, di messaggi e lettere anonime. Insomma: sostiene di aver voluto salvaguardare «la Confederazione e la serenità della mia famiglia». Ma scelse di non denunciare.
L' ultimo atto arriva il 5 ottobre scorso, quattro mesi dopo la famosa lettera dei vicepresidenti, quando Sangalli firma il licenziamento in tronco di Francesco Rivolta, giustificandolo nell' ambito di una ristrutturazione organizzativa.
Sangalli Squinzi e Mogli
La raccomandata viene recapitata a Rivolta il 25 ottobre e lui risponde per iscritto il 29, accusando Sangalli di non avere il potere per mandarlo via, di aver violato lo statuto e annunciando che ricorrerà alle vie legali. In una lettera al Consiglio federale Rivolta esprime tutta la sua «preoccupazione per le conseguenze» dei comportamenti del presidente «fuori e contro gli organismi preposti». E aggiunge: «Non mi si può chiedere di gestire, per il tempo necessario e con la massima cautela, problematiche personali che chiamano direttamente in causa il presidente e poi sottrarsi a quanto concordato e sottoscritto, mettendo così a rischio la tenuta delle intese, l' immagine e il ruolo pubblico del vertice della nostra Confederazione». Un mese fa Sangalli ha presentato querela «per diffamazione aggravata ed estorsione». Lo ha fatto «all' inizio di ottobre contro Rivolta e tutti coloro che la magistratura riterrà responsabili». La stessa ex segretaria nel 2012 è andata a lavorare nell' ufficio di Francesco Rivolta. Particolare che Sangalli ritiene significativo. I prossimi capitoli sono ancora da scrivere.
CAMUSSO, MONTI E SANGALLI A CERNOBBIO SANGALLI SANGALLI