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    CLAUDIO SANTAMARIA, ATTORE IMPEGNATO - ''QUANDO MI DEFINISCONO COSÌ, DICO: 'CERTO, SONO IMPEGNATO, DOMANI CIÒ DA FA'. PENSO ANCORA DI AVER SBAGLIATO MESTIERE. RIMPIANGO DI NON AVER DATO TUTTO IN 'ROMANZO CRIMINALE', LO RIGIREREI DOMANI'' - ''JEEG ROBOT È UN FILM CHE AIUTA LA SOCIETÀ, TI FA PENSARE CHE RISALIRE DAL FONDO È POSSIBILE''


     
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    Malcom Pagani per ''Vanity Fair''

     

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    Fino a 15 anni fa, dice Claudio Santamaria: «Agli attori italiani sputavano in faccia». Va da sé che in una mattina di ordinario caos romano, al tavolo di un bar a cui si presenta assonnato: «Ma che sia sveglio da 10 minuti è una calunnia» uno dei nostri interpreti più moderni reciti con orgoglio da ambasciatore del nuovo corso. Candidato al David di Donatello come miglior attore protagonista per Lo chiamavano Jeeg Robot, Santamaria ha vinto comunque. Non più asfittico cinema nazionale da camera e tinello quindi, ma solo buon cinema, aria in circolo, cambiamento: «Rialzarsi dal pregiudizio è stato difficile.

     

    Tra commedie tremende e film pseudo intellettuali che con la pretesa del messaggio risultavano ancor più ridicoli, i nostri registi erano screditati. Il primo che suonò la riscossa indifferente agli insulti fu Muccino con L’ultimo bacio. Mainetti arriva dopo, ma il suo è un film spartiacque che aiuta a far rialzare la testa, non solo al nostro microcosmo, ma anche a quel pezzo di società che nel riscatto non crede più da un pezzo».

     

    In che modo Jeeg Robot darebbe una mano alla società?

     

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    Chi lo vede si sente sollevato: «Ma allora- ti ripeti- risalire dal fondo è possibile». Siamo abituati a sentirci dire: «Siamo in Italia, non cambierà mai niente» ma io non ci credo. Non sopporto l’auto-rassegnazione. Arrendersi è sinonimo di complicità.

     

    40 Film, 41 anni, un solo David a disposizione.

     

    Vincerlo sarebbe un bel colpo, ma Luca Marinelli è stato straordinario. Vedremo.

     

    Molto british per un supereroe.

     

    La competizione tra attori c’è, è forte ed è sacrosanta. Quando ho visto Suburra ho avuto un po’ di sana invidia nei confronti di Favino, ma invece di covare rancori nell’ombra gli ho telefonato: “Picchio, mannaggia, è un gran film. Sei stato bravo”. Ero sincero.

     

    È in un momento in cui può permetterselo?

     

    Essere generosi quando le cose ti vanno bene è più facile. Adesso sono contento, ma se avessi perso la possibilità di fare Jeeg Robot mi sarei tagliato una mano.

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    Prego?

     

    Avevo sostenuto un provino con Mainetti, il regista, senza poi sapere più niente per settimane. Negli stessi giorni mi aveva cercato anche Olmi per Torneranno i prati e avevo accettato la proposta. A Olmi non si può dire di no.

     

    Quindi?

     

    Quindi all’improvviso telefona Mainetti, mi dice che mi ha scelto e dall’altra parte avverte il gelo: «Mi dispiace, ma ho detto sì a Olmi», «Ma non si era ritirato?» fa lui «non aveva promesso di non girare più un fotogramma?». Alla fine per fortuna Mainetti mi ha aspettato.

     

    Sarebbe stato presto per avere rimpianti.

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    E invece qualche rimpianto ce l’ho. Non aver dato tutto quel che potevo su Romanzo Criminale di Placido, ad esempio. Ho reso al minimo e ho perso la possibilità di lavorare in profondità su un personaggio interessante. Peccato. Lo rigirerei domani, ma tornare indietro non si può.

     

    Il suo Dandi non sembrava così male.

     

    Merito di Placido. Sa dirigere gli attori e salvò la situazione. Per stimolarmi diceva cose bastardissime: «Ieri Kim Rossi Stuart è stato eccezionale, oggi vediamo come te la cavi tu, sarai alla sua altezza? Ho i miei dubbi».

     

    Sul set discute spesso con i registi?

     

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    Con Roberto Faenza, ne Lo strano caso dell’infedele Klara, accadeva quasi tutti i giorni. Il film, tutto in inglese, non era una passeggiata. Dopo 48 ore in un appartamento tra una doccia, una scena d’amore e un’altra di passione con Laura Chiatti, ero stravolto. Il giorno dopo Faenza è nervoso: “Claudio, svegliati” urla. Poi grida stop: «Ma cos’è sta roba? Hai sempre quest’aria di sufficienza, sembra che vieni sul set e non te ne frega niente, guarda che io ti sostituisco, ti caccio!». Mi dissi che potevo fare due cose: incazzarmi e strappargli le orecchie oppure comprendere posta in palio,  processo creativo e tensione e moderarmi.

     

    Che opzione scelse?

     

    Mi avvicinai: «Roberto, ma sei matto? Non c’è bisogno di fare così, sono due giorni che ci facciamo il culo. Se non sei soddisfatto ti chiedo scusa, però calmiamoci». Diventò un altro. «Sei stanco? Allora ti chiedo scusa io». A quel punto, sull’onda, ci scherzai su: “E poi, con chi mi avresti sostituito? Ormai il film è iniziato”. “E che problema c’è. Avrei chiamato Accorsi”, “Accorsi?”, “Accorsi sì, mi piace” e io di getto: “E allora potevi prendere lui”. Abbiamo riso molto. Litigare non mi preoccupa, basta che il campo di battaglia sia un terreno comune.

     

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    Faenza le imputava una certa svagatezza?

     

    Ero molto svagato da ragazzo. Ero quello a cui si poteva rinunciare. Se giocavamo a calcio ed eravamo dispari, per dire, rimanevo a guardare sempre io.

     

    Era scarso?

     

    Scarso e con la testa tra le nuvole. Una volta, nell’intervallo di una partita, non mi accorsi neanche che bisognasse cambiare lato del campo. A un certo punto, dagli spalti, si sentì una voce: “Numero 3, guarda che te devi spostà, devi andà dall’altra parte”.

     

    Che ragazzo era?

     

    Uno che stava sempre per strada. Mi sono divertito e mi sono anche annoiato. Ma la noia è fondamentale per diventare migliori. Quando mia figlia dice che si annoia le rispondo: “Brava, annoiati un po’, ti fa bene. Rifletti, pensa e torna tra un’ora”.

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    I suoi genitori?

     

    Mamma casalinga, papà pittore edile. Estati a Senise, in Basilicata e odissee sulla Salerno- Reggio Calabria. Viaggiavamo in una 131. Nella foto di quelle vacanze io sono ‘Boccia’, quello incazzato con il cesto di capelli biondi sulla testa. Immobile sul sedile posteriore. Stretto tra i miei fratelli.

     

    È stato figlio, adesso è padre.

     

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    Ho una sola figlia, Emma, ma domani non escludo di averne altri. Li avrei fatti anche a vent’anni i figli, se solo avessi avuto idea di come mantenerli.

     

    Con Delfina Delettrez Fendi, la madre di Emma, non si è mai sposato.

     

    Eravamo giovani. Io e Delfina ci siamo lasciati da tanto tempo, ma ci vogliamo ancora bene. Fino a qualche anno fa non sapevo tenermi accanto una fidanzata per più di qualche mese. Vivevo male il conflitto e alla prima frizione rompevo.

     

    Adesso va meglio?

     

    A me sembra vada meglio, ma in effetti una ragazza adesso non ce l’ho.

     

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    Sciocchezza della vita?

     

    Avevo la chitarra sulle spalle e guidavo un motorino. Chiusi gli occhi per 10 secondi e naturalmente mi feci molto male. Mi lacerai il legamento. Ho ancora 17 punti sulla schiena.

     

    Perché?

     

    Venivo da un festa con più di 100 persone, ma se ti senti solo puoi avere intorno il mondo e sempre solo rimani. Feci una cazzata perché volevo proprio farmi del male. Ero perfettamente lucido e non avevo bevuto. Ma ero scisso. Una parte di me diceva: “Apri gli occhi, imbecille” e l’altra rispondeva: “Tienili chiusi”. Avevo lo stomaco stretto, stretto. Diedi retta all’impulso sbagliato. Finii con il motorino sul marciapiede e poi su una macchina in sosta. Un botto tremendo. Sono fortunato a poterlo raccontare.

     

     

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    È vero che non avrebbe voluto fare l’attore?

     

    Penso ancora di aver sbagliato mestiere. Volevo fare l’architetto. Sognavo case semplici in cui l’abitazione si confondesse con i materiali con cui era stata costruita. Case di legno, circondate dall’edera, oppure erette con la pietra di fiume.

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    Il legno brucia. Come si fa a non bruciare una carriera?

     

    Si prova a dire no. Un percorso si costruisce più sui no che sui sì. Dire ‘no’ è difficile. Ma è tanto liberatorio. Ora posso scegliere. Sono un privilegiato. Mi dispiace solamente che una donna come Graziella Bonacchi, un’agente che è stata fondamentale per farmi crescere come attore e come persona, non sia più. Questo è momento felice. Graziella se lo sarebbe goduto, ma se ne è andata troppo presto.

     

    Quante volte si è pentito di aver detto sì?

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    Tante. Un compromesso che proprio non avrei dovuto fare, non tanto per il film, ma per come  stavo a livello emotivo, fu Amarsi può darsi. Lavoravo in Patagonia e seppi che in Sicilia si era suicidato uno dei miei più cari amici, il fotografo Arturo Patten. Tornai con un barbone lungo da apostolo e invece di chiudermi in casa e soffrire in silenzio accettai il ruolo per senso del dovere e per rispetto nei confronti del regista. Non volevo metterlo nei guai, ma sbagliai. Sul set, durante i trasferimenti, piangevo a dirotto a fianco dell’autista. Lui non capiva. Io ero distrutto.

     

    Sui set italiani di solito si ride molto.

     

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    Anche troppo. L’armonia nel lavoro è fondamentale, ma armonia non significa cagnara. Con le troupe straniere non vola una cazzo di mosca. Sui set italiani, non so per quale strana eredità felliniana, c’è sempre casino. Lavorando con Campiotti non riuscivo a concentrarmi e ho protestato: “Scusate, vi voglio bene, ma non siamo in un pub. La fate finita? La birra la beviamo dopo».

     

    Quindi severo, non svagato.

     

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    Un conto è l’apparenza, un altro è la sostanza. Chi giudica senza sapere può fare male. Sa chi ferì davvero? Marco Risi. Giravamo L’ultimo capodanno ed ero ansioso di sapere se la mia interpretazione di Cristiano Carucci, non esattamente una cima, lo convinceva. Mi guardò con sufficienza: “È perfetta, tu sei esattamente così”. Non ero così. Rimasi di merda. Non gliel’ho mai detto.

     

    Se le chiedo una cosa promette di non darmi una risposta democristiana?

    ylenia pastorelli e claudio santamaria ylenia pastorelli e claudio santamaria

     

    Le ho dato risposte democristiane?

     

    Meglio un film da festival poco visto e malpagato o 10 milioni di spettatori su Rai uno e un ricco bonifico sul conto corrente?

     

    Meglio il cinema, perché il cinema rimane. Per anni ho detto no a priori alla tv, poi ho capito che avevo bisogno di leggerezza e di non essere più considerato soltanto un attore di nicchia. Adesso se mi capita una serie scritta bene non chiudo più la porta. I soldi sono importanti anche per questo. Ti permettono di mantenerti e accettare ingaggi modesti per realizzare imprese in cui credi. Ci sono colleghi che dicono: “Sotto quella cifra non scendo”. Io no. Se avessi ragionato così mi sarei perso un sacco di belle cose.

     

    Claudio Santamaria, attore impegnato.

     

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    Quando mi dicono attore impegnato rispondo sempre: “Certo, sono impegnato, domani ciò da fa”.

     

     

     

     

     

     

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    marco travaglio con francesco montanari claudia gentili e claudio santamaria marco travaglio con francesco montanari claudia gentili e claudio santamaria francesco montanari veronica gentili claudio santamaria e marco travaglio francesco montanari veronica gentili claudio santamaria e marco travaglio claudio santamaria claudio santamaria torneranno i prati santamaria torneranno i prati santamaria GAETANO SANTAMARIA AMATO PROCURATORE GENERALE GAETANO SANTAMARIA AMATO PROCURATORE GENERALE claudio santamaria claudio santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria Claudio Santamaria claudio santamaria isabella ferrari marco travaglio claudio santamaria isabella ferrari marco travaglio claudio santamaria il venditore di medicine claudio santamaria il venditore di medicine claudio santamaria claudio santamaria tre tocchi argentero santamaria giallini tre tocchi argentero santamaria giallini fabrizio salini (ad fox ch. ) claudio santamaria fabrizio salini (ad fox ch. ) claudio santamaria fabrizio salini, ad fox channels, e claudio santamaria fabrizio salini, ad fox channels, e claudio santamaria claudio santamaria. ben c claudio santamaria. ben c claudio santamaria claudio santamaria claudio santamaria alessandro sperduti claudio santamaria alessandro sperduti marco travaglio veronica gentili claudio santamaria francesco montanari marco travaglio veronica gentili claudio santamaria francesco montanari montanari gentili santamaria e travaglio leggono le intercettazioni di mafia capitale montanari gentili santamaria e travaglio leggono le intercettazioni di mafia capitale claudio santamaria claudio santamaria claudio santamaria 3 claudio santamaria 3

     

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