Paolo Giordano per www.ilgiornale.it
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Il pop italiano in questi anni ha tante voci ma solo tre nomi: Dario Faini, Dardust e DRD. Che poi sono i tre volti dello stesso artista che in pochissimo tempo ha cambiato i connotati delle classifiche scrivendo i pezzi più «strimmati» dal pubblico e più ricercati dagli interpreti.
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Tanto per capirci, l'ultimo Festival di Sanremo, considerato quello dell'apertura al futuro, aveva in gara cinque pezzi firmati da lui (per Irama, Madame, La Rappresentante di Lista, Noemi e Renga), quattro dei quali sono andati benissimo anche in radio. Due erano di Dario Faini e tre di Dardust. «Uso il primo se lavoro con una canzone pop tradizionale, Dardust quando ci sono dei brani che hanno un carattere di rottura, contemporanei, innovativi, mentre DRD è legato all'urban pop» ha spiegato a Tu Style.
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Di certo, la cifra comune dell'artista dai tre nomi è l'eleganza riservata, mai trash, e la capacità di sposare la tecnologia (anzi, le tecnologie) con un istinto neoclassico. E poi, diciamolo, Dario Faini/Dardust/Drd è una persona gentile, umile, non è afflitta dalla solita overdose di megalomania che immancabilmente colpisce il 90 per cento di chi ha avuto anche solo un microsuccesso da qualche giorno in classifica. Non esagera, ecco.
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Ha studiato pianoforte. E ha fatto la gavetta, che ormai è come una laurea ad Harvard, ce l'hanno in pochi. E mica era facile per lui, nato ad Ascoli Piceno nel 1976 e iscritto a nove anni all'Istituto Musicale. Insomma, da quando ha debuttato nel 2000 come Dario Dust, si è costruito piano piano, senza discese ardite e risalite faticose, mantenendo il mirino puntato sulla qualità.
Sì, l'avete capito: il contrario di quasi tutti in questa epoca frenetica di istantanee esplosioni commerciali e poi di rimozione pressoché definitiva. Lui no. È arrivato senza fanfara e oggi resta, almeno a giudicare dai fatti. Dario Faini ha una lista impressionante di brani di successo.
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Soldi di Mahmood, che ha vinto il Festival di Sanremo nel 2019, è sua, come sua è l'intuizione di sfruttare l'hand clap, il suono delle mani che battono, una delle chiavi vincenti per la sua riconoscibilità in tutto il mondo.
E così hanno la firma di Dardust/Dario Faini Nero Bali di Elodie, Michele Bravi e Guè Pequeno, Rivoluzione di Marco Mengoni, Calipso con Sfera Ebbasta e Fabri Fibra, Nuova era con Jovanotti, Andromeda ancora con Elodie, Defuera con Ghali, Madame e Marracash (firmato come DRD), Barrio con Mahmood e via elencando con Emma, Alessandra Amoroso, Noemi, Irama, Tommaso Paradiso e molti altri.
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Un nuovo pop che allarga i confini dal rap alla trap all'elettronica senza diventare ripetitivo o, peggio, ossessivo e, soprattutto, rispettando i canoni fondamentali della musica, come dimostra anche nei suoi dischi da solista.
Ad esempio l'ultimo S.A.D. Storm and Drugs che è rimasto in letargo di fama per colpa della pandemia (è uscito praticamente a ridosso), ma che è un piccolo gioiello di intuizioni e malinconia. Forse per questo qualcuno lo chiama il Re Mida del nuovo pop.
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E dire che lui fa di tutto per lasciare il biglietto da visita solo alle sue canzoni. Uso intelligente dei social. Pochissime chiacchiere gossipare. Niente comparsate un tanto al chilo. E, soprattutto, molta modestia.
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Ad esempio, lo sapete che Dario Faini ha musicato il Superbowl 2018, l'Nba All Star Game 2019 e nel 2020 la Apple ha scelto un suo brano per lanciare i nuovi prodotti? Probabilmente no. Perché il vero artista si fa conoscere con la musica, non con i post.
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