Estratto dell'articolo di Fabrizio Goria per "la Stampa"
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Più di ottanta grammi al giorno a testa, 566 grammi ogni settimana. È la quantità di cibo che nel 2024 sarà sprecato dagli italiani. Per un controvalore di 290 euro all'anno per singolo nucleo familiare, ovvero 7 miliardi a carico delle famiglie e oltre 13 per la filiera agroalimentare. L'ultimo rapporto dell'Osservatorio Waste Watcher International sull'Italia restituisce una fotografia in cui lo spreco di cibo sarà in aumento dell'8% rispetto al 2023.
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A gettare più alimenti sono le fasce deboli della popolazione, con un aumento su base annua del 17%. Pesano le ragioni economiche: si comprano più prodotti vicino alla data di scadenza, specie nel Mezzogiorno. […]
Dopo anni passati a ridurre gli sprechi, torna a salire l'incidenza del rifiuto alimentare in Italia. A tal punto che, secondo Waste Watcher, si deve parlare di «allarme sociale», in quanto oltre 5,7 milioni di italiani, il 10% della popolazione, sono da considerare nell'ambito sociologico della «insicurezza alimentare». L'inflazione continua a mordere […]
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Inoltre, «scende il consumo biologico». La discrepanza territoriale, sia su base macro sia sul piano micro, è marcata. L'evidenza è che si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+8%) e meno nei piccoli centri, sprecano di più le famiglie senza figli (+3%) e molto di più i consumatori a basso potere d'acquisto (+17%). Si getta la quantità maggiore di alimenti nel Mezzogiorno (+4% rispetto alla media nazionale) e meno nel Settentrione (-6% rispetto alla media). La frutta fresca svetta fra gli alimenti più gettati nell'ultima settimana media dei consumatori (25,4 grammi), seguono cipolle, aglio e tuberi ma anche il pane fresco (20,1 grammi), le insalate (13,8 grammi) e le verdure (13,2 grammi).
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La situazione del Mezzogiorno è emblematica per gli sprechi rispetto alla base nazionale. Si butta il 25% in più di insalate, il 24% in più di salse e sughi, il +24% di pizza e il +21% di pasta cruda nella parte più fragile della popolazione. […] Allo stesso tempo, i ceti medio-bassi e popolari hanno ridotto di circa il 30% l'acquisto di cibo in gastronomia, di piatti d'asporto, così come colazioni fuori casa e pranzi al ristorante. Un declino anno su anno che vale sia per chi ha prole sia per chi non ne ha.
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La conseguenza di lungo periodo può incidere sulla salute pubblica. Secondo il direttore scientifico Waste Watcher, Andrea Segrè, «scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare». Con implicazioni dirette su ambiente, più rifiuti, e conti pubblici, maggiore spesa sanitaria.