1.MONTECCHIO, IL KILLER HA RUBATO IL TELEFONO: ERA TUTTO FINITO MA VOLEVA I SUOI SEGRETI
Benedetta Centin per “www.corrieredelveneto.corriere.it”
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Una discussione, accesa dalla gelosia e poi il colpo di pistola, come una sorta di esecuzione. La ragazza era seduta su un angolo del letto e l’arma è stata puntata sulla sua guancia: con ogni probabilità aveva deciso che quell’amicizia doveva finire lì.
L’intimidazione e lo sparo
Così sarebbe morta Alessandra Zorzin, la 21enne di Montecchio Maggiore vittima del padovano Marco Turrin che mercoledì le ha tolto la vita. Era arrivato a casa sua, nella contrada di Valdimolino, all’ora di pranzo. L’ultima di una serie di visite che non erano passate inosservate ai vicini di casa. Avrebbe appoggiato la canna della pistola alla guancia della vittima, a contatto con la pelle.
marco turrin, l'assassino di alessandra zorzin
Alessandra ha avuto paura di non poter più riabbracciare la sua amata bimba di due anni e mezzo. Forse «Ale», come la chiamavano i più, aveva sperato fosse solo un’intimidazione da parte della guardia giurata con cui aveva legato da alcuni mesi. Una terribile minaccia. Ma il 38enne di Vigodarzere ha aperto il fuoco sulla giovane donna di cui era evidentemente ossessionato, al punto da rubarle il telefono prima di inforcare la porta dell’appartamento e uscire in strada.
Lo smartphone passato al setaccio
In fuga dal luogo dell’omicidio, Turrin, che si è tolto la vita in serata, braccato da carabinieri e polizia, deve aver passato al setaccio messaggi e foto dello smartphone della 21enne. Per capire con chi si sentiva. Per sondare ogni aspetto della sua vita privata di cui lui voleva a tutti i costi farne parte ed avere evidentemente un ruolo privilegiato. Ma quel telefono che anche per gli investigatori potrebbe contenere elementi preziosi per le indagini non si trova.
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L’omicida deve essersene disfatto durante la fuga, così come avrebbe fatto con il suo cellulare, forse temendo che i militari che gli stavano dando la caccia potessero individuare la sua posizione con la geolocalizzazione. Il 38enne ha passato ore a scappare per non finire in trappola, anche oltre la provincia di Vicenza. I dispositivi elettronici installati lungo le strade hanno individuato la targa della sua utilitaria scura anche sul Garda e a Modena. Quindi, in serata, è rientrato in provincia di Vicenza.
La stessa pistola
Intercettato a Creazzo, una volta a Vicenza Ovest, in prossimità del casello dell’autostrada A4, vistosi braccato dalle pattuglie, ha fermato la corsae ha rivolto verso se stesso la pistola usata per freddare la ventunenne. Una semiautomatica Glock. Il bossolo 9x21 trovato nella camera da letto corrisponde a quello rinvenuto nell’abitacolo. In ogni caso erano due le armi che deteneva Turrin, una personale, che ha usato mercoledì e che ora si trova sotto sequestro, e una seconda per lavoro, una Beretta.
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I sigilli sono scattati anche per l’appartamento in cui si è consumata la tragedia, quello che i militari della scientifica hanno passato al setaccio. Nelle stanze era tutto in ordine. E anche l’assenza di segni evidenti di colluttazione sul corpo della giovane fa ipotizzare che tra i due ci sia stata solo una discussione, dai toni accesi, come udito anche dai vicini.
«Non ti preoccupare, è solo un amico»
La certezza che la vittima non sia stata anche aggredita si avrà però solo con l’autopsia già disposta dalla procura che ha aperto un’inchiesta per fare luce sul delitto. Il compagno della vittima, Marco Ghiotto, tornitore di 28 anni, non riesce a darsi pace. Lui che l’assassino lo aveva incontrato solo pochi mesi prima, all’esterno di casa, non riesce a capacitarsi di quanto accaduto. Allora la mamma di sua figlia, conosciuta alcuni anni fa sui social, gli aveva detto: «Non ti preoccupare, è solo un amico».
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2.OMICIDIO ALESSANDRA ZORZIN, IL PADRE DEL PRESUNTO OMICIDA: «SAPEVO CHE SI FREQUENTAVANO»
Sono le 21.57 di una serata che stravolge per sempre la vita della famiglia Turrin. Al civico 18 di via don Lorenzo Milani di Vigodarzere (Padova) il parcheggio buio viene illuminato all’improvviso da un lampeggiante blu. È la macchina da cui scendono tre carabinieri per comunicare al signor Adriano quello che un padre non dovrebbe e vorrebbe mai sentirsi dire. La morte del figlio. Marco Turrin, guardia giurata di 39 anni, è morto suicida dopo aver ammazzato con un colpo di pistola la mamma ventunenne Alessandra Zorzin, 21 anni, madre di una bimba di 2, a Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Tre militari scendono, mascherina e sguardo cupo, per poi suonare il campanello. «Carabinieri, dovremmo entrare». Ad attenderli c’è un anziano padre in lacrime, sconvolto, che ha già capito tutto. A lui devono dare formalmente la notizia del decesso di Marco e a lui dovranno chiedere cosa può essere scattato nella testa del figlio. Saranno trentacinque minuti lunghissimi, mentre nel cortile del condominio un gruppetto di vicini si raduna senza bisogno di parlare. Testa bassa, cagnolini al guinzaglio e tante domande senza risposta.
"CHIEDO PERDONO"
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«Siamo distrutti e chiedo perdono anche all'altra famiglia - ha detto Adriano Turrin - Mio figlio era un ragazzo tranquillo, lavorava alla Civis e al mattino era uscito come sempre di casa lavato e profumato. Non aveva dato segni di nervosismo. Frequentava questa ragazza da diversi mesi, almeno sei o sette. Lo sapevamo e non era un mistero. Non era venuta qui a casa a Vigodarzere ma sapevamo bene dell'esistenza di questa ragazza e quando ho letto su internet della tragedia ho fatto subito il collegamento con mio figlio».
I VICINI
Il silenzio si è impadronito del quartiere di Vigodarzere già alle otto di sera, quando la notizia della tragedia di Montecchio Maggiore rimbalza ormai su tutti i siti web e i telegiornali. Nel grande condominio di via don Milani, dove Turrin abita con il papà Adriano e la sorella, i vicini non si danno pace ed escono di casa per condividere lo sgomento.
Al citofono si fa forza di rispondere un’amica della famiglia Turrin. È lei a proteggere un padre stravolto dal dolore. «Non è il momento, non è il momento» ripete senza voler aggiungere altro davanti a un fatto così terribile e improvviso.
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Poche parole, ma colme di angoscia, le tira fuori invece un uomo di mezza età che alle dieci di sera porta a spasso il cane. «Marco l’ho visto crescere fin da quando era bambino, è sempre stato una persona gentile e tranquilla. Era tornato a vivere qui dopo un po’ di anni fuori, è un dolore enorme anche per noi».
«Sapevo che Marco era una guardia giurata - racconta un ex carabiniere, abbracciando la compagna per tranquillizzarla - Amava il suo lavoro e con noi era sempre tranquillo e gentile. Vedo sempre anche suo padre con il cagnolino, non ci sono davvero parole».
L’EPILOGO
Verso le 20.30 Marco Turrin si è tolto la vita, sparandosi con la pistola che aveva utilizzato per commettere il delitto. Sull’uomo si era da subito concentrata l’attenzione dei carabinieri, che sin dalle prime battute avevano acquisito nei suoi confronti numerosi indizi.
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Immediatamente erano scattate le ricerche del sospettato, che nel frattempo aveva fatto perdere le sue tracce. Nel corso della giornata era stato più volte individuato il suo passaggio in auto in provincia di Vicenza, ma anche nel Veronese e in Emilia Romagna, senza però che le numerose pattuglie riuscissero ad intercettarlo.
In serata, l’auto è stata rilevata nella zona di Creazzo, nel Vicentino. Di lì a breve la vettura è stata intercettata nella zona di Vicenza Ovest da carabinieri e polizia. A quel punto Turrin è crollato, vedendo e pattuglie, sentendosi ormai in trappola, si è sparato. Immediatamente soccorso, nonostante i tentativi di rianimazione del personale sanitario, è morto poco dopo. Questa è la cronaca, ora restano tante domande. Già nella notte i carabinieri hanno iniziato a cercare le risposte.
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