Marco Ciriello per “il Messaggero”
MARCO CIRIELLO
Evoca Dino Buzzati e Beppe Fenoglio, forse per un istinto autolesionista, in Fedeltà (Einaudi), Marco Missiroli. Li usa come binari e snodi, per poi deragliare. Il suo è un romanzo di fedeltà di ogni tipo e crisi: le fedeltà dei suoi personaggi e la sua crisi di scrittore. Se davvero ha impiegato quattro anni per scrivere questa storiella che da un malinteso in bagno finisce in una riconciliazione cimiteriale c'è da preoccuparsi, e moltissimo, perché si vedono le righe della geometria narrativa tracciate e cancellate male, i corsivi baricchiani, e gli incastri mal smussati tra i personaggi.
MARCO MISSIROLI
Quelli principali sono: Carlo (che di cognome fa Pentecoste, come un bellissimo personaggio di un vero scrittore: Giuseppe Ferrandino) che insegna scrittura e perde la testa per una allieva, Sofia, ed è mal ricambiato, finendo a masturbarsi su una sua frase: perché mai; e Margherita sua moglie gelosa perché traditrice, una agenzia immobiliare, i libri di Irène Némirovsky in borsa come se fosse il rossetto, e le mani del suo fisioterapista tra le cosce poi insieme al resto Andrea che un po' massaggia e un po' alleva cani da combattimento.
I PERSONAGGI
Se state già ridendo perché vi sembra un film di Gabriele Muccino scritto male il regista a sua insaputa ha partorito dal cinema una generazione da ultimo bacio: isterica insicura e superficiale aspettate, perché c'è il resto: ci sono Anna, la madre di Margherita, che sognava San Pietroburgo e al giovedì ascolta Modugno col genero tracciando bilanci e apparecchiando ricordi, che si è tenuta il marito traditore che votava Berlusconi per via dei culi del Drive in: roba che nemmeno Andrea Camilleri lo scriverebbe che pure ha scritto delle orrende poesie sul povero Silvio; c'è il padre di Sofia che sembra il vecchio della canzone di Francesco Guccini, sì quello delle stoviglie color nostalgia;
MARCO MISSIROLI - FEDELTA
c'è la sorella di Carlo, sbarazzina che due volte a notte dorme con un africano; c'è una vecchia cartomante che al posto dei tarocchi usa le carte della scopa che poi è la cattiva lettura di Sola in casa un monologo teatrale che Buzzati scrisse nel 1958 per Paola Borboni e, soprattutto, ci sono tante camminate per Milano, tanto Google Maps per turisti, con indicazione di monumenti e locali per il Solvitur ambulando agostiniano, camminando si risolvono: problemi e forse pure personaggi; e poi c'è Rimini e dove c'è Rimini c'è Tondelli.
Insomma, Missiroli ha letto Un Amore e non l'ha capito, la sua pazza pazza idea era di sovrascrivere Buzzati e, invece, ne è finito travolto. È uno dei tanti romanzi italiani di questi anni, che sembrano mobili Ikea: stessi pezzi, viti, trame, telefonini, mestieri e tormenti, e persino scopate. È come se Missiroli avesse sempre un tempo in più, una scena in più, una pagina in più. È questa voglia di strafare da fermo, questa algidità venduta come controllo, insieme alla completa mancanza di istinto, che fa rimpiangere i puntini sospensivi.