1 - LE STELLE BRILLANO IN ESCLUSIVA
Ilaria Ravarino per “il Messaggero - MoltoFuturo”
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Un contratto totale, ambito, dal sapore vagamente faustiano: l'anima creativa dell'artista in cambio della vetrina globale della piattaforma da milioni di iscritti. Se offrire denaro in cambio di contenuti esclusivi non è una novità, la formula dell'overall deal, il contratto d'esclusiva che dallo scorso giugno lega Achille Lauro ad Amazon, introduce nello scambio un dettaglio importante.
Con l'overall deal (traducibile con accordo a lungo termine) l'azienda, invece di comprare il contenuto prodotto da un determinato artista, fa un passo in avanti e compra direttamente l'artista. Mettendo sotto contratto Lauro, Amazon Prime si garantisce per due anni il controllo di ciò che l'eclettico cantante realizzerà durante la loro collaborazione: camei da attore (nel film Anni da cane), partecipazioni a programmi televisivi (Celebrity Hunted 2), canzoni (per la serie tv Prisma), documentari, libri e tutta la vasta gamma di contenuti che gravita intorno all'universo del cantante di Rolls Royce.
«Ho firmato uno dei più importanti overall deal d'Europa» scriveva Achille Lauro sul suo profilo Instagram all'indomani dell'accordo. Un entusiasmo comprensibile, perché dal punto di vista di un artista ottenere un overall significa unire alla piena libertà creativa un compenso economico consistente, per cui non si viene più pagati progetto per progetto, ma con una somma complessiva adeguata all'esclusività dell'operazione.
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Per avere un'idea delle cifre: lo sceneggiatore Sam Esmail (Mr.Robot, Homecoming), uno dei primi artisti a firmare un overall deal nel 2015, ha rinnovato nel 2019 l'accordo a quattro anni con Universal per 20-25 milioni di dollari l'anno. Ma l'overall deal ha anche un lato oscuro: la proprietà intellettuale del contenuto creato nei termini dell'accordo resta nelle mani della company che lo ha stipulato. L'idea di una serie tv, per esempio, resta di proprietà della compagnia anche se non viene realizzata.
E non può essere venduta ad altri. L'overall deal, inoltre, non è per tutti. Per essere messo sotto contratto a lungo termine da una piattaforma non basta produrre contenuti: quello che fa davvero la differenza è essere un brand - produrre cioè, sotto l'ombrello del proprio nome, la più ampia varietà di prodotti - e disporre di una forte community o fan base. Ovvero un consistente numero di affezionati tifosi disposti a sottoscrivere un abbonamento alla piattaforma pur di ottenere contenuti esclusivi sul proprio beniamino.
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LA LOTTA
Dal punto di vista delle media company, l'overall deal è la gallina dalle uova d'oro, specialmente in un momento storico in cui la competizione rende la lotta per i contenuti, e per la proprietà intellettuale, sempre più serrata. Negli ultimi mesi Amazon Studios, sotto la guida di Jennifer Salke, si è assicurata un buon numero di overall deal importanti, come quello con il calciatore Paul Pogba, tra gli atleti più seguiti del pianeta, con più di 43 milioni di follower sui social media.
Pogba sarà protagonista nel 2022 della docuserie Amazon Original francese The Pogmentary, che racconterà le sue passioni e le sue origini «svelando aspetti del calciatore ancora inediti per i fan», spiega Amazon. Storicamente gli overall deal sono contratti destinati soprattutto al mercato televisivo, e offerti agli showrunner degli universi tv.
Anche in questo caso la ricchezza del deal è direttamente proporzionale all'ampiezza del mondo dell'autore di riferimento. Ecco allora il contratto di esclusiva offerto da HBO a George Martin, creatore de Il trono di spade, o quello rinnovato da Netflix alla prolifica Shonda Rhimes, che, oltre alla terza stagione della serie Bridgestone e alla serie limitata Inventing Anna, attesa nel 2022, lavorerà anche a lungometraggi e a progetti di videogiochi.
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«Quando abbiamo rotto il modello di business tradizionale per trasferire Shondaland su Netflix - ha detto l'autrice, pioniera dell'overall deal - abbiano fatto un salto nell'ignoto. Oggi siamo una risorsa creativamente in ascesa, e coinvolgiamo il pubblico di tutto il mondo».
HOLLYWOOD Overall deal con Amazon anche per la creatrice e produttrice di The Marvelous Mrs. Maisel Amy Sherman-Palladino, per i creativi Robert and Michelle King di The Good Fight (deal con CBS Studios), e per Misha Green - autrice di Underground presto alla regia di Tomb Rider 2 con Alicia Vikander - strappata da Apple tv a HBO dopo la cancellazione della sua Lovecraft Country. Ed era inevitabile che anche le star di Hollywood entrassero nel gioco dell'overall deal: da Donald Glover, passato lo scorso febbraio da Disney a Amazon Prime Video, a Ryan Murphy (che con Netflix ha firmato un contratto da 300 milioni) a Idris Elba fino a Leonardo DiCaprio, che dopo aver collaborato a lungo con Paramount ha firmato un deal con Apple tv con la sua casa di produzione Appian Way.
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Il contratto per ora è un first look (una sorta di cessione di diritto di prelazione sui progetti) ma potrebbe trasformarsi molto presto, secondo gli analisti, in un overall deal. Impossibile non citare, tra gli accordi più pesanti, quello stipulato nel 2018 per un miliardo tra Oprah Winfrey (produttrice di serie, film e show, libi di cucina e giornali) e Apple tv. «Winfrey e Apple creeranno programmi originali - annunciava la casa di Cupertino - mettendo insieme la loro capacità di entrare in connessione con il pubblico di tutto il mondo». Convincendolo a fare ciò su cui le media company si giocano il futuro: sottoscrivere l'abbonamento.
2 - «NON È MARKETING, SVILUPPIAMO IDEE E CREATIVITÀ»
Mattia Marzi per “il Messaggero - MoltoFuturo”
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Dalle palazzine del Nuovo Salario agli uffici delle multinazionali nei grattacieli di Milano. Dai primi dischi autoprodotti, registrati con pochi mezzi negli scantinati della periferia romana, alla firma del «più importante contratto discografico degli ultimi 10 anni della musica in Italia» (le parole sono le sue). La cifra si aggirerebbe intorno ai 7 milioni: lui tiene la bocca cucita.
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E lo stesso fa quando gli chiedi la cifra del contratto overall deal che ha firmato con Amazon Prime, «uno dei più importanti d'Europa». E mica per fargli i conti in tasca, ma per capire quanto può valere una forma contrattuale del genere che vincola un artista a 360 gradi: nel suo caso, per due anni ogni forma di espressione, dalla musica al cinema, potrà essere sfruttata da Amazon. Con la sua comunicazione spericolata, Achille Lauro sa come attirare l'attenzione. Due anni dopo il Sanremo di Rolls Royce la figura del poeta maledetto della trap degli esordi ha lasciato il posto a quella di un imprenditore estroso.
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Che sa bene come vendere quello che fa. E sé stesso. Dalla criptoarte (la società MK3, nata da un'idea di Lauro stesso e il suo manager Angelo Calculli, ha appena firmato un contratto con Gian Luca Comandini, autorità in materia di Blockchain e NFT) alla collaborazione con Gucci: il 31enne artista romano racconta cosa c'è dietro le sue scelte.
Lauro, qual è il suo modus operandi?
«Quello delle aziende di successo, le stesse che vedono in noi artisti un brand con un'identità forte e ben definita».
Sta dicendo di essere un marchio?
«Achille Lauro in effetti è un progetto dietro a cui lavorano tante persone, dove nulla è lasciato al caso. Io ho seguito e seguo ogni passo curandone ogni dettaglio».
L'esperienza da imprenditore come se l'è guadagnata?
«Penso non servano necessariamente università o master per lavorare in questo mondo».
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Cosa serve, allora?
«Formarsi costantemente. Non si può andare alla cieca: bisogna essere preparati e circondarsi di gente altrettanto preparata».
E lei come lo fa?
«Stando attendo quello che succede. Ora, ad esempio, è il momento degli NFT...».
La criptoarte, volume d'affari di 2,47 miliardi nel primo semestre del 2021.
«Secondo me siamo di fronte ad una rivoluzione. Abbiamo visto crollare il mondo della musica e dei giusti compensi a chi lavora alla composizione di brani. Abbiamo seguito la tecnologia che ha rotto tutte le catene di retribuzione precedenti. Penso sempre però che tutto abbia un senso».
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Cosa c'è in ballo?
«Introdurremo nel mercato musicale nuove e innovative forme di business in favore degli artisti che spesso basano le proprie economie solo sulla discografia. Gli NFT potrebbero essere una chiave di volta impressionante. Ci credo molto».
La comunicazione oggi è più importante di ciò che si comunica?
«No, ma è importante allo stesso modo».
Operazioni come l'accordo con Amazon Prime sono più operazioni di marketing o più operazioni artistiche?
«Non è un progetto basato sul marketing, ma sulle idee e sulla creatività».
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Un accordo del genere, che la vincola per due anni ad un colosso come Amazon, non limita la sua creatività?
«Preferisco non rispondere».
Ci dica allora cosa prevede questo contratto.
«La produzione di contenuti d'intrattenimento, filmografia, serie, documentari e format streaming. Ho cominciato questa collaborazione con la produzione di colonne sonore, inediti e la partecipazione al film Anni da Cane».
Canta, sfila, scrive, recita: ma insomma, che lavoro fa esattamente Achille Lauro?
«Non mi piace definirmi in ruoli precisi».
I dischi, l'attività di Dogma95, la società dedicata al mercato degli showcase e degli eventi privati, Amazon, la collaborazione con Gucci: quale tra queste quattro rappresenta la sua principale fonte di guadagno?
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«Anche su questo preferirei non rispondere».
Cosa vedono i brand in lei?
«Dovremmo chiederlo a loro. Penso apprezzino il mio gusto e il mio modo di fare musica. Ho una personalità chiara quando mi esprimo».
È pronto per fare un passo nella moda con una linea tutta sua?
«In questi anni ho affinato molto il mio occhio sul mondo dell'high fashion».
Parla dell'alta moda?
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«Sì. Ho fatto molta ricerca. È un passo che mi interessa fare, ma lascio parlare il tempo».
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