A.Gen. per “il Messaggero”
ROCCO CASALINO GIUSEPPE CONTE
«La task force si farà, ma su come sarà composta e su come opererà ancora non è stato deciso nulla. Al momento una sola cosa è certa: a guidarla sarà Conte. Dopo «il grande successo europeo», il premier non lascerà ad altri la gestione dei 209 miliardi del Recovery Fund». A palazzo Chigi, nella partita per «garantire la ripartenza dell'Italia e cambiare volto al Paese», non ci sono né ma, né se. Il ragionamento che si fa nell'entourage del premier è semplice: Conte ha ottenuto, dopo 92 ore di «trattativa al coltello molte più risorse di quante erano state proposte dalla Commissione europea e ora sarà lui a tenere il timone della ricostruzione e del rilancio del Paese. E' una questione di buonsenso e di gerarchia».
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
LE PERPLESSITÀ
Un approccio muscolare, fondato sul fatto che il premier si sente «più forte» e proiettato «al 2023, alla fine della legislatura, e oltre...», che lascia perplessi il segretario del Pd Nicola Zingaretti, i 5Stelle vicini a Luigi Di Maio che non intendono lasciare il palcoscenico a un pericoloso competitor per la guida del Movimento e incontra la contrarietà di Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva ha annusato il rischio di essere tagliato fuori dalla gestione del tesoro europeo, non avendo ministri con competenza economica specifica sui capitoli di spesa previsti dal Recovery Fund, e dunque mostra il disco rosso.
RENZI CONTE
Lo fa intervenendo in Senato dopo il discorso di Conte: «Presidente, sorprenda il Parlamento e il Paese, anziché una task force ci regali ad agosto un dibattito parlamentare, in cui la forza della maggioranza dovrà essere quella di sfidare le opposizioni, non sulla base di un generico programma di riforme, ma di un concreto business plan che dica come vogliamo spendere questi soldi».
STEFANO PATUANELLI
Un appello, sommato alle perplessità di Pd e 5Stelle, che non scalfisce la determinazione di Conte. Anzi. Uscendo dal Senato, ai cronisti che gli chiedono se ci sarà la task force, il premier risponde secco: «Certo». E la ragione, si diceva, è semplice: vuole essere lui a condurre le danze e a dire l'ultima parola su scelte, cronoprogramma, investimenti e obiettivi del Recovery plan che dovrà essere presentato a Bruxelles entro il 15 ottobre. «Anche perché», spiegano a palazzo Chigi, «è stato lui a mettere la faccia sull'accordo europeo e a offrire garanzie che questa volta l'Italia farà le riforme strutturali attese da almeno trent' anni e dunque ha una responsabilità diretta».
paola de micheli 3
Anche se nulla è deciso, chi segue la pratica-task force comincia a delineare il modello che sarà seguito. Non verrà replicata la formula della task force esterna, come quella guidata da Vittorio Colao durante il lockdown, ma sarà adottato lo schema di Strategia Italia: la cabina di regia costituita a palazzo Chigi a inizio del 2019 per accelerare gli investimenti pubblici.
Dunque una task force politica sotto la guida e il coordinamento di Conte, con un ruolo determinante del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e aperta a Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) Paola de Micheli (Infrastrutture e trasporti), Beppe Provenzano (Sud) e Paola Pisano (Innovazione), Enzo Amendola (Europa), Francesco Boccia (Regioni). Sarà questo drappello di ministri a decidere quali settori privilegiare (del resto già indicati da Bruxelles), come innovazione, digitalizzazione, giustizia, lotta all'evasione fiscale con l'utilizzo dei meccanismi cashlegg (carte di credito e bancomat), green economy, riconversione ecologica. La redazione dei progetti e la loro attuazione verrà invece affidata a una task force di secondo livelli di natura tecnico-amministrativa.