MARIO AJELLO per il Messaggero
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Chi lo conosceva molto bene, e lo stimava profondamente come amico e come politico, è Pier Luigi Castagnetti, un cattolico naturaliter mattarelliano proprio come Sassoli: «David ha combattuto la malattia a lungo e in silenzio. Parlandone il meno possibile e dimostrando una profonda forza di carattere».
Ecco, se c'è un esempio culturale di italiano senza lagna, con la fiducia negli occhi e lo sguardo rivolto sempre avanti, un po' da forever young, è Sassoli. Ora che non c'è più, gli amici tra le tante immagini ormai velate di lacrime ricordano quella davanti al Muro di Berlino, nell89.
David che, nella capitale tedesca da giornalista, prende a martellate la cortina di ferro, un gesto inusuale per un tipo pacato come lui. Ma quelli di Sassoli erano colpi che aprivano, che davano spazio a un mondo nuovo e fiato alla libertà. Non picconate ma prove di ricostruzione.
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I vecchi colleghi del Tg1 lo raccontano proprio così. Come uno che non sopportava le barriere e i paraocchi. Andavano da lui i giornalisti del tiggì ammiraglio, quando ne era il vicedirettore, e gli dicevano: «David, non credi che bisogna mordere di più contro Berlusconi e invece ci stiamo appiattendo?». E lui, che pure è stato un uomo di parte e la sua parte non sarebbe mai potuta essere la destra: «Si morde se c'è qualcosa su cui mettere in denti ma per principio, o per pregiudizio, non si morde mai».
«Era un cattolico democratico - spiega ancora Castagnetti - che aveva in La Pira, Dossetti e Moro i suoi punti di riferimento». Ed era capace di parlare di Moro anche nelle serate al ristorante a Bruxelles con i colleghi dell'Europarlamento, doveva aveva fatto tanta gavetta fino a diventare il presidente dell'assemblea, e una sera intrattenne i commensali con questo discorso tra una birra e l'altra: «Si tratta, come diceva Moro, di vivere il tempo che è stato dato con tutte le sue difficoltà. Si tratta però, anche, di essere coraggiosi e fiduciosi».
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Sassoli ha avuto fiducia, da politico europeo, da patriota, nel ruolo dell'Italia nel mondo. Il suo timbro tra Bruxelles e Strasburgo - dove dice ancora Castagnetti «ha resto l'Europarlamento un potere al pari della Commissione e del Consiglio europeo e quando queste hanno avuto difficoltà l'istituzione guidata da David ha fatto da supplenza» - è stato quello di un italiano in missione per umanizzare l'Europa. «Spesso - racconta Carlo Calenda, eurodeputato - ci siamo incontrati nel gabbiotto per fumatori al bar del Parlamento europeo. E ogni volta mi diceva: a Carle', e torna nel Pd...».
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I RAGAZZI DELLA PANCHINA Ma prima di essere uno del Pd, Sassoli che alla politica professionale è arrivato tardi (con la candidatura europea nel 2009 e ottenne oltre 400mila voti), è stato tante altre cose. Ieri la redazione del Tg1 era subissata di messaggi in ricordo di quando era il mezzobusto più famoso e più bello, occhi azzurri luminosi ma velati di malinconia, dell'edizione delle 20, e c'è chi ha scritto così: «Sono cresciuta con David Sassoli al tg delle sera. Quelli perbene entrano in casa senza spintoni».
E proprio al tg fu protagonista di questa gag con Fiorello. Che la ricorda così: «Con Baldini ci collegammo al Tg1 e dissi a Sassoli in diretta: voi rappresentate la sacralità istituzionale ma tu potresti uscire un attimo del tuo ruolo? Dai, fallo, sennò di do una capocciata. Chiedi a Sassoli di fare la ola insieme a noi. Poi comparve Mike e gridò: allegriaaaa...».
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Ed era stata allegra anche la scena che racconta, tra gli altri, il suo amicissimo Franceschini. David - una formazione scout, poi nella Rosa Bianca e nella Lega democratica - era tra i ragazzi che al congresso della Dc del 76, poi vinto dal candidato di Moro, Zaccagnini, dagli spalti del Palaeur gridava: «Zac Zac vincerà!». Fiorentino di origini, ma molto romano d'azione Sassoli.
Era uno dei ragazzi cristiani e di sinistra della panchina di via Monte Zebio a Prati, di fronte alla sede dell'Agesci e dietro al palazzo Rai di Viale Mazzini, e quella formazione - fatta di ammirazione e consuetudine lo storico Pietro Scoppola, con affinità personale e professionale con Paolo Giuntella e via così - gli è restata dentro fino alla fine, insieme alle canzoni di Guccini.
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Si candidò alle primarie del Pd nel 2013 per il Campidoglio, arrivò secondo dopo Marino e prima di Gentiloni e - assicura Castagnetti - sarebbe stato un sindaco di Roma molto popolare, un sindaco dell'ascolto e della frequentazione del rasoterra della città». Quella la sua indole spirituale. E a chi poi nel 2014, quando fu ricandidato in Europa sosteneva che la sua elezione era in bilico, dopo la vittoria con 205mila voti inviò una t-shirt con su scritto: «205mila volte in bilico». Ora David è andato oltre il bilico della morte, e lascia milioni di inconsolabili.
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