Estratto dell'articolo di Masolino D’Amico per “La Stampa”

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Quando sotto Paolo VI San Gennaro fu declassato a santo locale i napoletani non si dispiacquero; anzi, furono contenti di averne così sancita l'esclusiva. E anche il santo apprezzò. Il gregge su cui era chiamato a vegliare era comunque vastissimo, quello originario e inalienabile essendo stato aumentato, dalla seconda metà dell'ottocento in poi, di almeno trenta milioni di unità.

Tanti sono infatti i nostri connazionali emigrati nel periodo; e San Gennaro, oltre che dei napoletani veraci, è anche il santo di tutti gli italiani che hanno dovuto cambiare paese, da qualunque regione provengano. Il centro del suo culto è, naturalmente, New York, dove le sue celebrazioni annuali durano undici giorni. Così insegna Sanghenapule - vita straordinaria di San Gennaro, la conferenza-spettacolo nata qualche anno fa e ora riproposta a inaugurazione della stagione del Teatro Bellini di Napoli, con strepitoso successo (sempre tutto esaurito).

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Considerazioni sulla persona leggendaria del santo e sul suo significato nei secoli si alternano con intermezzi poetici, le prime comunicate con garbo pensoso dall'autore Roberto Saviano in nero con un libro in mano, i secondi detti con strepitosa energia dal coautore Mimmo Borrelli in vari abbigliamenti, ma prevalentemente in tenuta caravaggesca, fronte stempiata e grande barba bianca da popolano scelto per rappresentare un profeta.

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