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    QUANDO L'ORCO E' IL CHIRURGO - SCANDALO IN FRANCIA DOVE UN CHIRURGO È ACCUSATO DI PEDOFILIA: LE POTENZIALI VITTIME SONO 250 - IL QUADERNO CHOC DEL MEDICO FRANCESE CON APPUNTI E NOMI DI BAMBINI ABUSATI: LA PIÙ PICCOLA AVEVA DUE ANNI - ALCUNI ERANO FAMILIARI, LE SUE NIPOTINE, MA QUASI SEMPRE ERANO I SUOI PICCOLI PAZIENTI - NE ABUSAVA DURANTE LE VISITE, O ALL'USCITA DELLA SALA OPERATORIA, QUANDO ERANO ANCORA…


     
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    Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”

     

    La prima a parlare è stata Sophie, 6 anni. Lo scorso maggio, tornando a casa dopo una passeggiata, ha detto al papà che il vicino, il dottore, le aveva mostrato il suo zizí. Poco dopo, in camera, alla mamma, ha raccontato che lui gli aveva fatto male, le aveva detto di non dire niente, perché sarebbe andata in prigione. Ma Sophie per fortuna ha parlato.

    Joel Le Scouarnec Joel Le Scouarnec

     

    E dopo di lei hanno parlato in tanti: circa duecento. Tutti vittime del dottor Joel Le Scouarnec, 68 anni, chirurgo digestivo. In trent'anni, avrebbe abusato di oltre duecento persone quasi tutti bambini, la più piccola aveva due anni, la più grande 21. Alcuni erano familiari, le sue nipotine, ma quasi sempre erano i suoi piccoli pazienti, negli ospedali in cui ha lavorato, a Vannes e Lorient, in Bretagna, a Loches, nell'indre et Loire, e alla fine a Jonzac, nella Charente Maritime.

     

    VITTIME SEMIADDORMENTATE

    Joel Le Scouarnec Joel Le Scouarnec

    Ne abusava durante le visite, o all'uscita della sala operatoria, quando erano ancora semi-addormentati. Per l'avvocata Francesca Satta, che rappresenterà la piccola Sophie e altre tre vittime tra cui due nipoti del medico - al primo processo che si terrà a marzo a Saintes, nella Charente Maritime, vicino alla Rochelle, potrebbe trattarsi del più grosso caso di pedofilia della storia di Francia. L'inchiesta infatti continua e si sposta in Bretagna, dove il chirurgo ha lavorato per anni, e dove fu già condannato una prima volta, nel 2005. Allora l'accusa fu detenzione di immagini pedo-pornografiche. Una condanna a quattro mesi con la condizionale, nessun obbligo di seguire un trattamento per la Giustizia. E anche l'ordine dei medici, che ne fu informato, ritenne che il chirurgo poteva continuare a lavorare.

     

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    E' a maggio, entrando in casa sua, una villetta anonima circondata da un giardino in semi abbandono, che i gendarmi hanno capito: dovunque bambole di gomma (alte non più di un metro, come bambine piccole), attrezzi per giochi sessuali, sotto il parquet parrucche, giornali e foto porno, nel computer oltre 300mila file di foto e video a carattere pedo-pornografico. E poi il quaderno.

     

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    Un diario in cui, dall'89, ha trascritto tutto, il giorno, i nomi, cosa aveva fatto, dividendo i maschi dalle femmine, mettendo a volte il loro numero di telefono, l'indirizzo. «Non si riesce a leggere, aprite e richiudete subito. E' un'abominevole perversione ha detto l'avvocata Satta Considera il bambino come un oggetto sessuale, ne parla come di un incontro a Pigalle. Non c'è nessuna presa di coscienza della persona che ha davanti, racconta solo cosa lo eccita».

     

    Joel Le Scouarnec Joel Le Scouarnec

    Lui ha ammesso la sua «perversione» - ma non gli stupri - cominciata «nell'85 86», quando i suoi tre figli erano nati e la relazione con la moglie, sposata nel '74 e da cui si è separato una decina di anni fa, entrò in crisi. Per il suo avvocato, Thibault Kurzawa, quello che c'è scritto in quel quaderno non è mai avvenuto, sono delle fantasie perverse. Ma quei nomi hanno cominciato a parlare. Molti si sono ricordati eventi che avevano occultato perché troppo piccoli, per poter andare avanti. Dei circa 250 nomi citati, 209 sono stati sentiti dalla polizia: in 184 hanno denunciato e si sono riuniti in un gruppo Facebook.

     

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    Uno di loro, oggi 30enne, aveva 11 anni quando finì in quel quaderno: «Capisco adesso i miei problemi, dei ricordi, come flash, stanno tornando». «La procedura sarà lunga, difficile e dolorosa ha detto Francesca Satta per molti ci sarà il problema della prescrizione. Tanti non riusciranno a ricordare». «Ma ci batteremo» dice una delle vittime, che ora si chiede: «Come ha potuto accadere dentro un ospedale? E per trent'anni?» Qualcuno dovrà rispondere di questo.

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