RENZI MERKEL
Carlo Bertini e Ugo Magri per “la Stampa”
Davanti alla catastrofe di Schengen, con le frontiere di mezza Europa che stanno per chiudersi e noi ultima spiaggia per i migranti, Renzi sta maturando un piano.
Ancora in fase embrionale, ma chiaro nell' obiettivo: evitare che la Penisola si trasformi in un immenso campo profughi senza valvole di sfogo. Come?
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Prendendo atto che è inutile puntare sulla ricollocazione dei migranti verso i Paesi del Nord, altra promessa mancata degli euro-burocrati. Sollecitando invece un aiuto fattivo dei partner Ue (incominciando dalla Germania) per rispedire nelle patrie d' origine i tanti che non hanno titolo all' asilo.
Conclave bipartisan
Del suo piano Renzi, a sorpresa, ne ha messo a parte pure gli avversari politici. Ha colto la palla al balzo dall' incontro, il primo dopo gli attentati a Parigi, del cosiddetto «Tavolo per la sicurezza»: ne fanno parte, oltre al premier, al ministro Alfano e al sottosegretario Minniti, tutti i capigruppo di Camera e Senato.
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Dunque anche Cinque Stelle, Lega, Forza Italia e «compagni» di Sel. Questo «tavolo» nacque su impulso di Mattarella per creare condivisione sulle risposte alle minacce esterne: dalla Siria, dalla Libia, dal Libano, dall' Iraq. Ed è in questo spirito bipartisan che
Renzi si è espresso senza remore nella biblioteca al quarto piano di Palazzo Chigi. Di solito, la qualità del dibattito è inversamente proporzionale al numero dei presenti, ben 25. Ma stavolta le uniche intemperanze sono venute dai grillini, aggressivi sul «caso Carrai», e da Brunetta (ha rivendicato una poltrona nel Copasir, l' organo che sorveglia gli 007).
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Toni nell' insieme all' altezza dei tempi. Perfino un esponente dell' opposizione, in camera caritatis, ammette che Renzi è parso ben preparato in vista del duello di venerdì a Berlino con la Merkel.
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Un simbolo irrinunciabile Il premier ha esordito con una battuta delle sue: «State per votarmi la sfiducia in Senato, e dunque non siamo qui per cogestire i problemi». Alfano ha relazionato sull' impatto di Schengen, che anche per Renzi è un simbolo: «Ha cambiato quanto l' euro la vita dei cittadini».
Non è un caso che, per rilanciare sulla libera circolazione, Rosato e Amendola (Pd) abbiano convocato per il 7-8 febbraio a Roma un summit di tutti i capigruppo socialisti democratici dei parlamenti nazionali Ue.
Ai loro occhi la partita non è ancora del tutto perduta e Renzi (lo confermerà oggi nel suo discorso a Palazzo Madama sulla mozione di sfiducia) non intende mollare di un' unghia. Ma la preoccupazione è tanta. Proprio come la disillusione sulle trattative intavolate dal presidente della Commissione Juncker per ripartire i migranti tra i 28 Paesi Ue.
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«Finora poca roba, numeri da condominio», ha chiosato il ministro dell' Interno, «l' idea sarebbe giusta ma non procede». Per cui s' impone il cambio di strategia. Quando sarà faccia a faccia con la Merkel, Renzi la prenderà in parola su quanto la Cancelliera ripete pubblicamente:
l'Europa deve impegnarsi a fondo sui rimpatri degli irregolari, cioè quelli (più numerosi) che non fuggono da una guerra, ma sbarcano per cercare una vita migliore. Insomma, l' Unione Europea deve garantire mezzi e risorse economiche per i ponti aerei e navali necessari. Una base equa per un difficile compromesso.
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Il caso turco
Con Frau Angela c' è tanto altro in sospeso, incominciando dal dissidio sugli aiuti alla Turchia.
Anche qui il premier ha scoperto le carte. Spiegando alle opposizioni che va bene dare 3 miliardi ad Ankara, ma perché solo 1,8 miliardi di aiuti all' intera Africa dove l' Italia tra l' altro ha enormi interessi?
A un certo punto della discussione (due ore) è entrato in scena perfino il mancato terrorista della stazione Termini, quello del fucile giocattolo. «Uno stress test fallito di quello che potrebbe accadere», ha fatto pesare allarmato Scotto, rappresentante di Sel. Sorrisi misti a preoccupazione.
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