Alessandra Retico per la Repubblica - Estratti
michael schumacher
Dieci anni di solitudine. Senza Michael, o almeno senza quello Schumacher delle domeniche felici, delle macchine soprattutto rosse, del sogno di una generazione. «Purtroppo il destino lo ha colpito, non è più il Michael di prima, quello che conoscevamo. È diverso, la sua vita è diversa. Ma Michael c’è, quindi non mi manca. È magnificamente guidato dalla moglie e dai figli che lo proteggono. Ho il privilegio di poter condividere momenti con lui. Questo è tutto quello che c’è da dire».
Schumacher e l’incidente sugli sci di Meribel
Jean Todt è tra i pochi che possono entrare in quello spazio interrotto dal 29 dicembre 2013. Il giorno che segna un prima e un dopo: del campione, dell’uomo, di una famiglia intera. Ma anche di uno sport e di un’epoca.
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(...) Le lancette si fermano alle 11.07 del mattino a Meribel, in Francia. Il pilota tedesco sciando cade e sbatte la testa su una pietra nascosta dalla neve fresca in un breve fuoripista. Non ci sono segnalazioni di pericolo in quel tratto. E non basta il casco, sul quale è montata una piccola telecamera, per proteggerlo dall’urto. Non va neanche veloce, forse 50 kmh. Un’andatura più che adeguata per lui, abituato a premere sull’acceleratore. In più, è tutt’altro che uno sciatore improvvisato.
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Rimane solo letteratura. Una ricerca del tempo perduto. L’emittente tedesca Ard rivela che il momento chiave è stato quello dei soccorsi, arrivati subito dopo la caduta di Michael, alle 11.15. Il giornalista Jens Gideon ha parlato con uno dei maestri di sci di Meribel, il quale sostiene che nessuno si rese conto della gravità delle condizioni di Schumacher, ingannati forse dal fatto che il pilota era cosciente. Da qui la decisione di trasportarlo con l’elicottero nel piccolo ospedale di Moutiers e solo più tardi a Grenoble. Minuti sprecati, per il testimone, che al tedesco rimprovera l’errore di aver sciato in una giornata dove «era palese non ci fosse abbastanza neve».
I fatti raccontano: trauma cranico, emorragia cerebrale, due interventi chirurgici, il coma di quattro settimane, il trasferimento a giugno 2014 in un centro di Losanna, infine il ritorno a casa, a Gland. Con un muro per proteggere la privacy con tutti gli strumenti, anche legali, e le forze di una comunità ferita.
todt schumi montezemolo
A intermittenza, presunte rivelazioni e falsi scoop, segnalazioni di cure sperimentali, persino un’intervista fatta dall’intelligenza artificiale in un giornale (il tedesco Die Aktuelle, caporedattore dimesso e scuse). Il reale stato salute di Michael, che compie 55 anni il prossimo 3 gennaio, non lo conosce nessuno. Tranne la moglie Corinna, il figlio pilota Mick, che quel giorno era a Meribel con lui, Gina Maria, campionessa di equitazione, il fratello Ralf e pochi altri, l’assistente di sempre Sabine Kehm e Todt. Un paio di anni fa proprio la moglie, in un documentario per Netflix, disse: «Michael c’è, è diverso ma c’è. Non ho mai incolpato Dio. È
schumi e la moglie
stata solo sfortuna, poteva capitare a chiunque. Certo, mi manca ogni giorno. Ma non sono l’unica a cui manca. I bambini, la famiglia, suo padre, tutti intorno a lui. Michael manca a tutti. Ma Michael c’è. E questo ci dà forza, credo».
corinna schumacher MICK E MICHAEL SCHUMACHER MASSA SCHUMI
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