antonio conte
1 - QUEI RAPPORTI PERICOLOSI DI ANTONIO CON I SUOI CLUB
Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
Antonio Conte è un uomo con una sensibilità particolare. Questo è un suo diritto e anche un suo vantaggio, trasformarla in energia serve spesso a creare una differenza. Quando coinvolge tante persone e addirittura un'azienda, la sua diversità nervosa può però battere con quella degli altri. Questo succede in ogni posto di lavoro. Più grande è l'importanza del ruolo e più probabili sono gli attriti con gli altri che occupano ruoli simili.
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O si capisce questo o si usurpa qualcosa di quel ruolo. Gli psicologi del lavoro dicono che normalizzare, perdonare, ascoltarsi meno, non è un modo di retrocedere nelle gerarchie, è il vero modo di comandare. Ma c'è qualcosa che brucia sempre dentro Conte. Questo è il problema. Sei anni fa chiese alla Juve di andarsene al secondo giorno di ritiro. Agnelli disse di essersi trovato davanti un uomo sfinito dallo stress e accettò. Al Chelsea ha chiuso facendo causa al club. All'Inter siamo di nuovo a un epilogo vintage.
antonio conte foto mezzelani gmt
Si può dunque ammettere che c'è spesso qualcosa di strano anche nei suoi comportamenti verso le sue società. Se l'Inter ha davvero commesso errori gravi, e può capitare, se Conte comunque è offeso irrimediabilmente, il rapporto è per forza finito. A cosa serve parlare con Zhang? A trattare una buona uscita? All'idea di una causa contro l'Inter per salvare l'ingaggio? Può farlo, ma di sicuro potrebbe difendersi bene anche l'Inter ricordando le volte che Conte ha messo in imbarazzo la società. Se invece le offese che Conte lamenta sono gravi ma risolvibili, cosa chiederebbe?
antonio conte
La liquidazione di altri tesserati? Questa non sarebbe giustizia, sarebbe vendetta. Nelle sue infinite risorse Conte deve capire che c'è anche una verità piccola piccola, semplice ma diretta: ha un contratto di altre due stagioni con l'Inter di cui è un dipendente. Se vuole andarsene deve romperlo e stare molto attento a come lo fa. Oppure torna in campo. Ma non basterebbe nemmeno rimanere. Dovrebbe garantire di essere stavolta disposto a cambiare. La stessa cosa che chiede alla società.
antonio conte foto mezzelani gmt01
2 - LE CONTROINDICAZIONI DI UN UOMO CHE VINCE MA SA ESSERE PERICOLOSO
Gianfranco Teotino per “il Messaggero”
Non disse esattamente vado a comprare le sigarette per poi sparire per sempre, ma fece qualcosa che gli assomigliava abbastanza. Antonio Conte se ne andò dalla Juve, nell'estate 2014, quando il ritiro pre-campionato era già cominciato, all'indomani del raduno. Sì, qualche avvisaglia c'era stata, con il famoso discorso sull'impossibilità di andare in un ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca, ma un epilogo così improvviso, a nuova stagione già cominciata, colse di sorpresa un po' tutti, a partire dalla stessa dirigenza bianconera.
Eppure, gli era già successo e sarebbe successo ancora. Conte è fatto così, prendere o lasciare. Si sa che scegliendolo ci si affida a uno dei migliori allenatori su piazza, ma si portano in casa parecchi potenziali problemi. Una pentola in perenne ebollizione e sempre pronta a fare saltare il coperchio.
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RISCHI PREVISTI
Marotta non poteva non sapere che prima o poi sarebbe successo anche all'Inter. Magari non così presto e per motivi che restano difficili da capire: gravi secondo Conte, labili se visti da fuori. In fondo la sua prima stagione nerazzurra è stata tutto sommato positiva: progressi di gioco e titolo europeo sfiorato. Non ha litigato, a quanto si sa, con nessun giocatore, cosa che pure gli succede di sovente.
Al Chelsea, il secondo anno, fu lotta continua: con Fabregas, Willian, con Diego Costa soprattutto, che una volta durante una partita pretese di essere sostituito perché non ne poteva più dei rimproveri e delle urla incessanti dell'allenatore. Ma pure all'Atalanta entrò subito in rotta di collisione con Doni, idolo degli ultrà: risse non solo sfiorate in spogliatoio, società condizionata dagli umori della tifoseria e dimissioni irrevocabili dopo solo 13 partite.
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Di sfoghi e litigi con bersagli disparati dai giornalisti, al Palazzo, a colleghi scomodi come Mourinho Conte si è reso protagonista ovunque sia stato, da Siena ad Arezzo, da Bari alla stessa Nazionale, lasciata all'improvviso con l'apologo dell'incudine e del martello.
I SUCCESSI
Finché c'è stato però, a Bari come a Siena, alla Juventus come in Nazionale, al Chelsea come finora all'Inter, i risultati sul campo sono stati eccellenti. Ha saputo vincere in Italia e in Inghilterra con squadre dalla fisionomia molto ben definita, praticando un calcio collettivo moderno ed efficace. Fuori campo poi si trasforma fino a diventare talvolta insopportabile. Un prezzo che vale la pena pagare? Chissà. Fare i conti con Conte è difficile per noi che lo conosciamo bene. Figuriamoci per una proprietà cinese.
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