ALLEGRI JUVE SCUDETTO
Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
È stato uno scudetto più difficile di quello che è sembrato. La Juve sempre in testa, ma per metà campionato ha perso spesso, alla 4ª giornata, alla 9ª, alla 14ª, alla 20ª. Troppe sconfitte ravvicinate, tante gare così si perdono in un anno intero. Dopo la quarta infatti Allegri ha cambiato tutto e dato il via alla fondazione di un calcio mai visto né in Italia né altrove.
Purtroppo il calcio si gioca sempre e dovunque, tanta cronaca non dà mai modo di pensare, ma non c' è mai stata nel calcio moderno una squadra come l' ultima Juve di Allegri, con solo due-tre giocatori adatti a difendere, gli altri con chiare propensioni offensive. Qualcosa di simile aveva fatto Conte con il suo 3-3-4 iniziale che era rimasto però abbastanza nelle intenzioni. Credo sia questo ribaltamento dei parametri classici quello che resterà nella storia dei campionati. Gli inventori di qualcosa nel calcio sono sempre più rari perché è stato ormai inventato tutto.
Allegri c' è riuscito, nel modo più estremo, ma ce l' ha fatta. È stato un campionato più difficile per la Juve anche perché nessun avversario ha mai mollato. Quattro punti di vantaggio sono niente, segnano una posizione ma non un dominio. E ancora non è finita. La Juve ha subìto inoltre il 30 per cento in più dei gol di un anno fa, mai così numerosi nei sei anni (26). E ha segnato 15 reti meno del Napoli, 13 meno della Roma. Higuain è andato bene ma non ha dominato, Dybala ha cambiato ruolo, è cresciuto molto tatticamente, ma sta chiudendo a soli 10 gol.
ALLEGRI JUVE SCUDETTO
Mandzukic è stato un eroe ma costringe a pensare se sia l' uomo migliore per il tipo di compiti affidatigli.
L' unico mai sostituito è stato Khedira, di solito il più sostituibile per necessità muscolari. In sostanza, non è una Juve senza domande. Abbiamo visto un' eccezione nei numeri, nell' idea di gioco, ma domani è già un' altra scommessa. Per questo mi sembra che sia lo scudetto di altri, meno dei giocatori e più di Allegri ed Agnelli. È stata decisiva la forza dura per tenere una direzione più che l' estro dei campioni. C' è stata la costanza di tutti, non l' affresco dei singoli. È questa continuità anche la vera chiave per Cardiff. Là, o tutti, o nessuno.
CHE COSA SEI
Gianni Mura per la Repubblica
JUVE SCUDETTO
La firma di Allegri su questo scudetto è più grande e, a nessuno spiaccia, luminosa. Tanto più se inserita in un contesto che può portare la Juve alla tripletta. Ma già il sesto scudetto consecutivo rappresenta un record, e tappa la bocca a chi ha valutato Allegri un buon tecnico, aziendalista la sua parte, ma non un grandissimo.
Alla Juve, come già al Milan, ha vinto lo scudetto nella stagione d' esordio. Il primo, per molti ancora figlio di Conte, arriva a quattro turni dalla fine: altro record, nei campionati dei 3 punti. Il secondo sembra perso, dopo un bruttissimo avvio, ma la Juve fa in tempo a riprendersi e vincere per distacco. Il terzo, appena arrivato, somiglia al primo.
Altra vittoria per distacco, non accusate le cessioni di Pogba e Morata, non automatici gli inserimenti di Pjanic e Higuain. Lavoro di lima e di diplomazia: le distanze tra la porta e Dybala, e tra Dybala e Higuain. La gregarizzazione di Mandzukic, che da prima o seconda punta che era adesso rincorre chiunque e fa il difensore aggiunto.
JUVE SCUDETTO
Aziendalista per Allegri non è una critica ma un complimento. Significa dover rendere conto a qualcuno. Non significa che qualcuno gli detti la formazione. Finché si parla si parla, ma alla fine decide lui. Non ha toccato la difesa a 3, marchio di fabbrica contiano insieme al tremendismo. Non che in panchina Allegri stia muto e impalato, anzi si muove parecchio, grida come un' aquila specie quando si sbagliano facili passaggi in disimpegno. È stato un centrocampista non eccelso, ma di buona tecnica, quindi non sopporta gli errori tecnici. Appena si è sentito sicuro del fatto suo, e anche della risposta della squadra, è passato al 4-2-3-1, che si potrebbe definire la disposizione che preferisce. Ma fino a un certo punto, perché a Monaco ha fatto saltare il banco tornando alla difesa a 3, che diventava a 5 in caso di necessità.
BUFFON JUVE SCUDETTO
A differenza di Sacchi e di Guardiola, abituati a muoversi su linee immutabili, quale fosse o sia l' avversario, Allegri sa cambiare. Prepara ogni partita cercando la chiave che impedirà agli altri di fare il loro gioco, e questo vale sia sui campi italiani sia su quelli europei. E funziona: arrivare in finalissima di Champions avendo incassato solo tre gol, uno in quattro partite con Barça e Monaco, non è dovuto solo all' abilità dei difensori e di Buffon ma anche alla difficoltà di trovare gli spazi. Attaccata, la Juve si difende, anche in dieci, ma appena può in tre passaggi piazza un contrattacco micidiale.
Con un cordiale saluto al possesso di palla, questo si chiama contropiede. Nel lessico, sotterrato dalla ripartenza, ma sul campo sempre utile. Non è più il catenaccio-contropiede del calcio all' italiana, ma una sua versione evoluta, più elastica, una specie di partita a scacchi in cui l' obiettivo è lo spazio: quello che si può concedere, quello che si vuole conquistare. Tutto questo fa della Juve una squadra atipica: grande ma senza le certezze o presunzioni di altre formazioni inglesi e spagnole.
Operaia nel senso della collaborazione reciproca, ma pronta a cambiare d' abito e infilarne uno da sera appena il pallone arriva a uno dei suoi solisti. Non è un caso se Allegri, anche nei momenti di gioia, riserva una strigliata a uno di costoro: «Pjanic mi fa arrabbiare, da lui pretendo di più». Giusto pretendere di più da un giocatore che ha la tecnica di Pjanic, in questo sì Allegri un po' ricorda il maestro Galeone che non si nascondeva dietro a un dito se c' era da rimproverare uno dei suoi.
Sono dettagli, ma importanti. Lo fa anche Mourinho e, a questo punto della carriera, perché Allegri non dovrebbe farlo? Lui sa bene che la Juve può ancora crescere e che il traguardo più importante sarà a Cardiff.
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