MARIO SCONCERTI per il Corriere della Sera
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Rinunciare a una buona idea è sempre molto faticoso. Rangnick lo era e non sapremo mai se Pioli sia un'idea migliore. Quando si è così forti con se stessi fino a rinnegarsi, vuol dire di solito che si è sulla buona strada. Rangnick per Gazidis era molto più di un progetto, era la sua chance di portare il Milan dalla sua parte senza che dovesse essere lui ad abituarsi troppo alla cultura del Milan, a quella italiana in genere, che male capisce e forse poco stima.
Rinunciare a Rangnick significa certamente per lui rinunciare a una parte di sé. Però l'ha fatto, è stato quindi molto bravo. Sarebbe interessante sapere quanto ha fatto da solo e quanto è stato spinto da Elliott, ma questi sono particolari estremi. Credo che a rovesciare la rotta sia stata la paura di sbagliare, un errore troppo grande da gestire come una semplice questione interna al calcio. Avrebbe coinvolto inevitabilmente anche Gazidis e avrebbe portato la mareggiata fino sulle scrivanie di Londra.
gazidis maldini
Un fondo d'investimento deve scegliere i risultati, non le speranze. Gestisce soldi di altri, deve stare ai fatti. Rangnick era l'uomo di fine novembre quando il mondo e la borsa erano altre. Ora la stabilità di Pioli porta più frutti delle svolte tattiche tedesche. Salvando Pioli, Elliott e Rangnick hanno salvato l'intero presente del Milan come oggetto di calcio e di finanza. Il loro spazio si era ridotto a un capello. Ora tocca a Pioli. Non è molto cambiato, ma è maturato, ha preso coscienza di sé. Il Milan recupera palloni adesso nella metà campo degli altri. Ha uno scopo di assalto ragionato ma rapido.
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Gli uomini sono stati mescolati e portati in ruoli e spazi dove prima non fluivano. Pioli ha fatto insomma un salto di qualità evidente. Questo dovrebbe rassicurare anche per il futuro, ma significa poco in realtà. Il calcio dipende dai propri cambiamenti ma più ancora dai cambiamenti degli altri. E quelli non li conosciamo. Costanza e coerenza, dovunque, sono poi utopie giovanili. Però è un ottimo momento per ricominciare davvero a essere il Milan. Manca solo Boban.
LA SCELTA DEL MILAN
CARLOS PASSERINI per il Corriere della Sera
«Lo abbiamo scelto perché è la persona giusta per allenare il Milan che abbiamo in mente noi. Quindi non solo per gli ultimi risultati o perché da qui alla prossima stagione manca davvero poco tempo. Ma per come ha fatto giocare la squadra, in maniera divertente, verticale, moderna. E per la sua serietà, la sua professionalità.
RALF RANGNICK
Non ha mai messo se stesso davanti alla squadra e al progetto. Così fa un vero manager. Ecco perché lo abbiamo scelto». Fin qui in inglese. Poi, in italiano, ecco lo slogan: «L'abbiamo scelto perché, oltre a essere un grande allenatore, Stefano Pioli è un grande uomo».
Così l'a.d. rossonero Ivan Gazidis ha voluto spiegare ieri a Milanello i perché della clamorosa svolta del Diavolo. Ribadendo fin da subito un concetto base: puntare su Pioli è stata una scelta precisa, non subita. A subirla, semmai, è stato Ralf Rangnick. «Per un manager è doveroso analizzare tutte le possibilità» ha spiegato Gazidis. Dopo mesi di trattative, incontri, di budget e profili analizzati, l'a.d. ha però scelto con convinzione di cambiare strada. Restando su quella vecchia, prolungando il contratto del tecnico di Parma fino al 2022, per una cifra attorno ai 2 milioni annui.
RALF RANGNICK
Ed evitare così l'errore commesso un anno fa con Gattuso. Il nuovo Diavolo inizia oggi. Nel segno della continuità. E chissà che questo non significhi proseguire anche con Ibrahimovic e Maldini. A sentire Gazidis, le due questioni sono però parecchio differenti. «Non so se dire se ora Ibra abbia più possibilità di restare. Ci ha dato una grande mano, da quando è arrivato.
Ci ha messo passione, istinto, talento. Ha aiutato i più giovani. Un giocatore fenomenale. Decideremo insieme». Trovare un'intesa non sarà facile. Ibra non è ancora convinto del tutto di chiudere in Svezia all'Hammarby. Resterebbe a Milano, ma vuole 6 milioni di euro netti all'anno. Uno stipendio da superstar, quale lo svedese è stato ed è tutt' ora. Per ora però il club non ha fatto proposte.
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C'è anche stata una scenetta, proprio mentre Gazidis iniziava a parlare in una delle salette del centro sportivo di Carnago. Fuori dalla finestra, qualcuno ha piazzato un paio di sgasate con una Ferrari. «Chi è?» ha chiesto il dirigente. «È Zlatan, chi sennò?» la risposta divertita di un membro dello staff. E giù tutti a ridere.
A conferma che l'atmosfera, a Milanello, è completamente cambiata. «Questo è il Milan che vogliamo, che vinca e ci faccia divertire» ha sorriso il presidente Paolo Scaroni, presente insieme a Gazidis. Filtra invece maggiore ottimismo sul futuro di Maldini. Un'apertura netta, quella di Gazidis: «Ha due anni di contratto e mi aspetto che rimanga, ci sentiamo tutti i giorni, il suo apporto è importantissimo» ha spiegato l'a.d., lasciando intendere che non è previsto al momento l'ingresso di altre figure dirigenziali.
ibrahimovic pioli
Fosse sbarcato Rangnick, sul quale Maldini si era espresso in maniera inequivocabile definendolo «non da Milan», il destino dell'ex capitano sarebbe stato chiaramente altrove. La svolta lo rimette invece in pista. Quello di Gazidis somiglia molto a un assist. Paolo, che ieri ha incontrato l'agente di Rebic e Jovic, si prenderà ora qualche giorno per decidere cosa fare. Ma c'è fiducia. Pochi dubbi sul d.s. Massara, che resterà. Rinnovo vicino infine per Gigio Donnarumma. «Una bandiera, un simbolo, incredibile abbia solo 21 anni, spero che le nostre strade continuino insieme», ha detto Gazidis. È quello che succederà. Il Diavolo, dopo molto, troppo tempo, rialza la testa.
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